Andrea Di Biase e Andrea Montanari, MilanoFinanza 1/11/2014, 1 novembre 2014
ASPETTANDO LA NUOVA CIR
Dalla riunione del consiglio di amministrazione di Cir dello scorso 27 ottobre il mercato si aspettava di avere qualche indicazione sulle strategie future della holding presieduta da Rodolfo De Benedetti e guidata dall’ad Monica Mondardini, alla luce dell’uscita del perimetro del gruppo di Sorgenia e dell’elevata disponibilità di cassa derivante dal risarcimento pagato da Fininvest al termine della vertenza sul Lodo Mondadori. Un tesoretto che al 30 settembre ammontava a 391,3 milioni e che, secondo stime attendibili, dovrebbe essersi ridotto a poco più di 370 milioni a conclusione dell’operazione di riacquisto da parte di Cir del bond al 2024 e che consentirà alla holding di risparmiare circa 100 milioni di interessi che sarebbero stati pagati agli obbligazionisti da qui alla scadenza del prestito.
Ma nonostante l’aspettativa del mercato, le indicazioni arrivate a conclusione del cda non sono servite a dare una risposta agli interrogativi che ancora avvolgono il futuro del gruppo De Benedetti. Chi si aspettava un’ampia disclosure sull’utilizzo futuro della cassa, che dopo l’azzeramento del debito grazie al rimborso anticipato del bond corrisponde alla posizione finanziaria netta, si è dovuto accontentare dell’annuncio di un buy-back su un ammontare massimo di 30 milioni di azioni proprie (circa il 3,8% del capitale) con un esborso massimo di 50 milioni. Una mossa che non ha sorpreso il mercato, essendo, come sottolineato dagli analisti di Equita, «la maniera più facile e accrescitiva di valore di utilizzo della cassa a disposizione». D’altra parte il titolo Cir, che dall’inizio dell’anno ha perso circa il 30% a fronte di un rialzo del 6% del Ftse Mib, è considerato dagli analisti ampiamente sottovalutato. Basti considerare che ai prezzi dell’ultima settimana le azioni della holding controllata dalla famiglia De Benedetti trattavano (si veda la tabella in pagina) con uno sconto superiore al 40% rispetto al valore netto degli asset (Nav). Uno sconto giudicato eccessivo dagli analisti, secondo i quali, anche alla luce della struttura patrimoniale del gruppo, con la cassa che pesa più del 35% del Nav, sarebbe più adeguato un sconto del 25-30%.
È lecito dunque attendersi per i prossimi mesi una riduzione dello sconto e un recupero del valore del titolo? Sicuramente il buy-back annunciato il 27 ottobre potrà aiutare, ma molto dipenderà anche dall’andamento operativo dell’Espresso (editoria) e di Sogefi (componentistica per l’automotive), che assieme alle cliniche di Kos rappresentano i core asset di Cir dopo l’uscita dal gruppo di Sorgenia.
Da questo punto di vista i risultati dei nove mesi, riclassificati per tenere conto dell’uscita di Sorgenia dal perimetro del gruppo, hanno offerto segnali contrastanti. Nonostante il margine operativo lordo (ebitda) sia cresciuto del 9,5% rispetto al 30 settembre 2013 a 154,1 milioni, pur a fronte di una flessione dei ricavi dell’1,5%, l’utile netto si è dimezzato, passando da 10,7 milioni a 5,4 milioni. Ma ciò che più preme al mercato sono le prospettive per l’intero 2014, che almeno a giudizio degli analisti di Kepler Cheuvreux, non sembrano essere particolarmente brillanti. «Il 2014», si legge in una nota emessa dal broker lo scorso 28 ottobre, «sarà probabilmente influenzato negativamente dalle incertezze nel settore dei media e dalla debole performance in America Latina del settore della componentistica automotive». Sul risultato netto dell’intero esercizio dovrebbero inoltre pesare circa 16,5 milioni di oneri non ricorrenti legati al riacquisto del bond al 2024. Anche per queste ragioni Kepler Cheuvreux, pur continuando a considerare eccessivo lo sconto sul Nav applicato dal mercato al titolo Cir, e confermando pertanto il giudizio buy, ha ridotto il prezzo obiettivo portandolo da 1,17 euro a 1,05 euro per riflettere le nuove valutazioni attribuite a Espresso e Sogefi, riviste dopo i risultati trimestrali delle due società. Ma l’attenzione del mercato, come ribadito dagli analisti di Equita, che dopo i conti hanno tagliato del 13% a 0,98 euro il target price, ribadendo il rating hold, continua a essere focalizzata sull’utilizzo della liquidità. «Lo sconto sul Nav resta oltre il 30% anche per la recente debole performance degli asset quotati (L’Espresso e Sogefi)», sottolineano gli esperti della sim milanese, secondo i quali «una riduzione dello sconto richiede maggior visibilità sull’utilizzo della cassa». Una visibilità che tuttora manca, visto che, a detta degli stessi analisti, «Cir non ha mai fornito indicazioni ufficiali al riguardo e quale sia la struttura finanziaria ottimale». Tutto lascia pensare che se ne parlerà solo nel 2015, una volta chiusa la fase di transizione legata alla vicenda Sorgenia (a breve ci sarà la firma del concordato con le banche cui seguirà l’omologa da parte tribunale). Tuttavia già da ora sembra possibile ipotizzare alcune delle mosse strategiche che l’ad Mondardini, in accordo con l’azionista di riferimento e in particolare con il presidente Rodolfo De Benedetti, potrebbe attuare.
In primo luogo, visto il suo profilo e le sue esperienze, Mondardini dovrebbe dare alla nuova Cir un’impronta molto più industriale e molto meno da fondo di private equity. Dunque, chiusa la fase dei piccoli investimenti e concentrazione sui tre core business: automotive, media e sanità. Si può pertanto ipotizzare che prima ancora di esplorare investimenti in eventuali nuovi settori Cir possa studiare per qualche tempo se effettuare nuove iniziative nelle attività che ha già in portafoglio. Gli occhi sono puntati in particolare su Sogefi dopo l’uscita in parte inattesa dell’ex amministratore delegato, Guglielmo Fiocchi, che ha pagato dazio per risultati non all’altezza delle aspettative e soprattutto per la mancanza di una vera strategia di sviluppo. Per Sogefi Mondardini, che è già al lavoro sulla società, potrebbe decidere di elaborare con il nuovo amministratore delegato un piano molto più incisivo. Del resto, la società ha il profilo ideale per poter crescere bene nel lungo periodo: testa in Italia ma non dipendente nel mercato italiano (il 95% delle vendite sono all’estero), forte in Paesi chiave come Francia, Usa e Germania e con una crescente presenza in mercati molto promettenti come Sudamerica (nonostante il difficile 2014), Cina, Messico e India, buona capacità di innovazione.
Qualche piccolo segnale in questa direzione c’è già stato nei giorni scorsi. Dal 22 al 27 ottobre, in concomitanza con la debolezza del titolo Sogefi a seguito di risultati del terzo trimestre inferiori alle aspettative e all’annuncio dell’uscita di Fiocchi, Cir ha acquistato sul mercato lo 0,5% circa della controllata con un esborso complessivo di oltre 1,3 milioni. «Non escludiamo che possa comprare altri titoli», osserva ancora Equita, «ma riteniamo che la priorità per l’utilizzo del cash a disposizione resti la diversificazione del portafoglio». Uno scenario, quest’ultimo, che ancora la scorsa estate gli analisti di Banca Akros consideravano altamente probabile tra le opzioni strategiche sul tavolo dei vertici di Cir, ma che avrebbe perso di consistenza alla luce della decisione della holding di impiegare anche solo un piccola parte della cassa ricevuta da Fininvest nel riacquisto del bond e nel buy-back sulle azioni proprie. Secondo gli analisti gli scenari possibili si sarebbero pertanto ridotti a due: a) l’impiego di risorse per sostenere l’espansione internazionale di Sogefi; b) una semplificazione della catena di controllo attraverso la fusione con Cofide, che consenta la distribuzione della cassa custodita in Cir direttamente agli azionisti di controllo. Un’ipotesi che è stata sempre smentita, anche perché i De Benedetti si diluirebbero al 25% nella holding post merger, ma che potrebbe diventare d’attualità se Cir decidesse di introdurre nel proprio statuto le loyalty shares, le azioni a voto plurimo da poco introdotte nell’ordinamento italiano, che potrebbero consentire alla Fratelli De Benedetti sapa di avere un peso in termini di diritti di voto doppio rispetto al suo peso azionario.
Andrea Di Biase e Andrea Montanari, MilanoFinanza 1/11/2014