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 2014  novembre 01 Sabato calendario

BANCHE ANTI-STRESS

La prima settimana in borsa dopo i risultati di Asset quality review (Aqr) e stress test è stata all’insegna della volatilità per le banche. All’inizio sono stati colpiti tutti i titoli di Piazza Affari, non solo quelli di Mps e Carige, i due istituti che non hanno superato gli stress test. Anche Intesa e Unicredit, nonostante il surplus di capitale rilevato per una decina di miliardi ciascuna, hanno perso terreno in prima battuta in scia alle preoccupazioni sul sistema italiano nel complesso. Ma alla fine della settimana di contrattazioni, e in particolare a partire dal pomeriggio di giovedì 31 ottobre (dopo il chiarimento dell’Eba sulle parole del presidente Enria, che in precedenza aveva avvertito le banche in regola di non sentirsi troppo al sicuro), il mercato ha iniziato a differenziare tra banche, guardando anche alle notizie positive emerse per il settore italiano.
Quale bilancio si può trarre allora alla fine di una settimana sull’ottovolante in borsa? Gli andamenti dei titoli si possono dividere in tre categorie. La prima categoria è composta da Montepaschi (-39%) e Carige (-28%), che, com’era prevedibile, hanno pagato l’effetto diluitivo dei futuri rafforzamenti richiesti dagli esiti degli esami Bce. Il secondo gruppo è rappresentato da banche popolari che hanno mostrato cali complessivi tra il 5 e il 7%: Popolare di Sondrio, Bper, Bpm, Banco Popolare, Creval e Credem. Infine c’è il gruppo di chi ha chiuso la settimana a Piazza Affari in linea con i valori precedenti gli esiti dell’esame (e in linea anche con le grandi banche francesi tedesche e spagnole): Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca e Mediobanca. Si è realizzato quanto previsto giovedì 30 ottobre dal ceo di Unicredit Federico Ghizzoni: «Sul mercato c’è volatilità da comportamento irrazionale, non solo in Italia. Il mercato deve ancora capire esattamente i numeri. Il rapporto della Banca Centrale Europea su Asset quality review e stress test è di 500 pagine, ci vuole tempo. Gradualmente il mercato comincerà a differenziare tra banche solide e non». Nel complesso l’indice di settore di Piazza Affari ha perso il 4% nell’ultima settimana (-1,5% la media europea), anche se ha recuperato più del 3% nella seduta di venerdì 31 ottobre, quando il Ftse Mib si è riportato sopra i livelli di sette giorni prima.
Da un punto sistemico il sistema italiano si è dimostrato in grado di resistere a nuove crisi, come ha rilevato anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in occasione della Giornata del Risparmio: «I risultati mostrano una solidità complessiva dei bilanci delle banche oggetto dell’esercizio». Visco, facendo un implicito riferimento ad alcune semplificazioni della stampa internazionale, ha aggiunto: «Molti commentatori hanno stilato graduatorie su scala europea, sottolineando, invece, che il risultato complessivamente positivo, il numero di banche che mostravano carenze sulla base dei bilanci di fine 2013». Le incomprensioni sono nate da confronti internazionali di dati non aggiornati: le banche italiane (tranne Montepaschi e Banca Carige) in realtà hanno già colmato con le misure patrimoniali del 2014 i deficit emersi anche dagli stress test. Inoltre all’estero non si è guardato alle condizioni della prova di resistenza, particolarmente gravose per l’Italia per via delle previsioni sull’andamento del prodotto interno lordo (-12% nel 2016 rispetto al 2007, contro il -2,5% della media Ue) e del Btp (con tassi decennali vicino al 6% nel prossimo triennio, ossia 350 punti base più di adesso, che hanno pesato sul capitale delle banche per 4 miliardi di euro complessivi). La severità degli scenari avversi ha poi esercitato un impatto sui bilanci delle banche. «Al di là di innegabili ritardi da noi più volte sottolineati», ha ricordato ancora Visco, «sulla posizione di partenza delle banche italiane ha inciso un’economia che nei passati due decenni, e in particolare negli ultimi sei anni di crisi, ha avuto uno fra i peggiori andamenti in Europa».
Nelle analisi di fine settimana gli operatori di borsa hanno posto maggiore attenzione al fatto che tutti i gruppi creditizi italiani, inclusi Montepaschi e Carige, hanno superato l’Asset quality review, ossia l’esame basato sulla verifica dei bilanci e non fondato su previsioni ipotetiche negative come quelle degli stress test: l’eccedenza complessiva per l’Aqr è risultata di 28,5 miliardi di euro. Anche dopo le revisioni imposte dai supervisori per l’Asset quality review (che comunque non hanno valore contabile e non cambiano i bilanci), tutte le banche italiane hanno chiuso l’esame Bce oltre la soglia minima di capitale dell’8%, più elevata dei requisiti minimi patrimoniali. In termini assoluti, Intesa Sanpaolo ha chiuso l’Aqr con un capitale in eccesso di 12,3 miliardi, Unicredit di 7,7 miliardi, Ubi di 2,5 miliardi, Banco Popolare di 1,7 miliardi, Montepaschi di 1,3 miliardi. Anche Banca Carige ha superato l’Aqr, anche se di soli 69 milioni di euro. Guardando gli stessi valori in termini di indici di capitale post-Aqr, Intesa è arrivata al 12,3%, seguita da Ubi Banca (11,9%), Banco Popolare (11,3%), Credem (10,9%), Iccrea (10,6%), Banca Popolare Emilia-Romagna (10,1%) e Unicredit (9,9%). Montepaschi è risultata al 9,5%, Carige all’8,3% (per le altre banche si veda la tabella pubblicata in pagina). I dati includono gli aumenti di capitale effettuati nel corso del 2014 e riportati anche dalla Bce, ma non le ulteriori misure patrimoniali riconosciute dalla Banca d’Italia: queste ultime sono state significative soprattutto per Unicredit (per 1,9 miliardi), Bpm (879 milioni), Mediobanca (560 milioni) e Intesa Sanpaolo (417 milioni di euro).
Le banche italiane uscite vincenti da Aqr e stress test sono Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm e Credem, secondo un’analisi dell’agenzia MF DowJones, che ha raccolto i giudizi delle banche d’affari post-esame. I risultati del comprehensive assessment sono «migliori delle attese per gli istituti europei» per Kepler Cheuvreux, secondo cui Intesa Sanpaolo «ne è uscita forte e può tranquillamente portare avanti la sua generosa politica di dividendi. Unicredit ha il minor impatto da Aqr, seppure il common equity ratio sotto scenario avverso scenda al 7,5%». Gli analisti si sono detti «rassicurati dall’Aqr su Ubi Banca, mentre i fallimenti di Montepaschi e Banca Carige erano attesi - seppur non di queste dimensioni - e confermano come le due banche siano candidate per un takeover. Le banche popolari non sembrano in urgenza per operazioni di M&A, considerando i buffer patrimoniali ragionevoli, ma la bassa redditività suggerisce che dovrebbero».
Mediobanca Securities ha invece evidenziato i risultati positivi di Intesa Sanpaolo e Credem. Secondo gli analisti esistono due modi per stabilire i vincitori dell’Aqr: da un lato le banche che hanno mostrato un impatto dell’Aqr inferiore a 50 punti base (Credem, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Bpm), dall’altro gli istituti che hanno evidenziato un capitale Cet1 superiore al 10,5% dopo l’Aqr (Intesa Sanpaolo, Ubi Banca, Banco Popolare, Credem). In generale, gli analisti hanno sottolineato che i criteri dell’esame sono stati «duri» per le banche italiane, alla luce delle «ipotesi penalizzanti in termini di calo del pil, di filtri sul rischio sovrano e di un’eventuale crisi sovrana nello scenario avverso».
Per Equita sim sono invece emersi in modo positivo da Aqr e stress test Bpm, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Per Bpm l’impatto dell’Aqr è stato migliore delle attese e il common equity tier 1 (con i modelli Airb) è al top del settore. Unicredit invece ha mostrato l’impatto più basso dagli Aqr. Intesa Sanpaolo, infine, è stata giudicata «rock solid» e ha aumentato la visibilità sulla politica dei dividendi.
Ig ha osservato che nel medio-lungo periodo il comprehensive assessment della Bce avrà un impatto positivo sul comparto, portando a una serie di cambiamenti. «Nel 2015 partirà una stagione di M&A nel settore bancario italiano. Visto il forte calo dei margini di profitto, molte banche saranno spinte soprattutto dalle pressioni di Banca d’Italia e della Bce a fondersi e a introdurre importanti piani di cessione di attività non-core e di pacchetti di non performing loans. A essere coinvolte in questo processo di consolidamento saranno soprattutto le banche popolari medio-piccole», secondo gli analisti.
«Sebbene la carenza di fondi non sia elevata, per alcune delle 13 banche coinvolte ci sarà soltanto un limitato numero di opzioni strategiche a disposizione; esse potranno vendere alcuni asset, essere oggetto di acquisizione da parte di competitor più forti oppure potrebbero ricorrere ad aiuti statali», ha detto Garrett Walsh, responsabile della ricerca europea sul credito di Pioneer Investments. «Un esercizio di tale portata contribuirà a ripristinare una maggiore fiducia. Gli investitori sono probabilmente più tranquilli se sanno che non ci sono scheletri nascosti nei portafogli delle banche più deboli. Inoltre, concluso questo processo di valutazione, ci aspettiamo che la propensione delle banche europee a concedere prestiti possa aumentare». Tra le banche europee che hanno mostrato risultati migliori delle attese, secondo Citi, ci sono Bank of Ireland, Bpi, Commerzbank, Eurobank, Sabadell e Unicredit. Sul versante opposto Lloyds e Mps. Anche Credit Suisse è stata colpita in negativo dalle britanniche Lloyds e Rbs, ma in positivo da Banco Popular, Banco Sabadell, Commerzbank e Ing.
Francesco Ninfole, MilanoFinanza 1/11/2014