Luciano Mondellini, MilanoFinanza 1/11/2014, 1 novembre 2014
YAKI TUTTO SUL LUSSO
La rivoluzione in casa Fiat Chrysler annunciata in settimana (la separazione di Ferrari da Fca, la quotazione del 10% del Cavallino e il convertendo da 2,5 miliardi di dollari in titoli Fca) ha un chiaro vincitore: la famiglia Agnelli, Elkann e la Exor, la holding cassaforte della dinastia industriale piemontese. Questa vittoria, tuttavia, non sarà senza conseguenze per i parenti e i discendenti dell’avvocato Agnelli che approvando questa operazione di scorporo hanno tracciato un importante solco per il futuro: pur di non perdere il controllo del gioiello Ferrari, la società con il brand di maggior valore nel mondo, la dinastia sembra disposta a contare meno nel prossimo round del processo di consolidamento in corso nel settore automotive. Sino anche a correre il rischio di diventare soci non più di maggioranza in una futura aggregazione su scala internazionale
Il riassetto varato in settimana, infatti, ha una tempistica chiara e siccome la gran parte del valore risiede laddove c’è Ferrari, il vero gioiello di casa Fiat, occorre avere ben in mente la scansione dei passaggi temporali per capire non solo come investire se si è un risparmiatore ma anche il significato storico di quanto annunciato il 29 ottobre. L’operazione prevede che Fca, che detiene il 90% di Ferrari (l’altro 10% è di Piero Ferrari, il figlio del fondatore della scuderia di Maranello), venda il 10% della Rossa nel giugno 2015 con una ipo a Wall Street e in un’altra borsa europea (probabilmente alla fine sarà Milano). Oltre a questo, il piano prevede che il restante 80% in mano a Fca sarà distribuiti ai soci del Lingotto pro quota. Ciò significa pertanto che Fca si libererà della partecipazione in Ferrari mentre la controllante Exor, che controlla Fca con il 30% del capitale e circa il 46% dei diritti di voto per via della norma sul voto plurimo consentita dalla legge olandese, diventerà come mostra il grafico a pag. 23, il nuovo maggior socio di Ferrari con il 24% circa. La holding degli Agnelli, infatti, ha immediatamente aderito pro quota al convertendo da 2,5 miliardi di dollari annunciato in contemporanea al riassetto. Quindi, sottoscrivendo completamente la propria parte, Exor non solo manterrà il 30% in Fiat Chrysler ma soprattutto conserverà intonsi i propri diritti nel momento della distribuzione dei titoli Ferrari.
Detto questo, non è nemmeno escluso che nelle prossime settimane Exor utilizzi alcune opzioni per blindare ulteriormente il controllo sulla Rossa. Una risiede nel sottoscrivere un patto di sindacato con Piero Ferrari, socio storico del Lingotto nel Cavallino, che porterebbe questo blocco di soci a detenere il 34%. La seconda è stata sfiorata da Marchionne, nella conference call dopo l’annuncio dell’operazione. Il manager infatti non ha escluso l’ipotesi che anche Ferrari adotti la norma sul voto plurimo che già caratterizza lo statuto di Fca. Nei fatti, quindi, John Elkann, presidente di Exor oltre che di Fca, realizzerà l’ambizione sempre covata sottotraccia di entrare da primattore nel settore del lusso. Non solo, ma nello stesso tempo con questa manovra riporterà sotto il controllo stretto della famiglia Elkann la Ferrari, che sotto la guida di Luca Cordero di Montezemolo, nonostante avesse raggiunto risultati record sia dal punto di vista sportivo che da quello finanziario, a Torino era stata vissuta negli ultimi anno come una sorta di vicereame indipendente.
A riprova di questa maggiore stretta della famiglia su Ferrari, nell’ambiente circolano già le prime indiscrezioni secondo le quali, una volta che Marchionne lascerà i suoi incarichi nel gruppo (egli stesso ha indicato il 2018 come termine ultimo) uno dei candidati a raccoglierne l’eredità a Maranello sarebbe Lapo Elkann, fratello minore di John. Va detto in questo senso che negli anni scorsi, in più occasioni era trapelato che Lapo mirasse alla Ferrari con la benedizione del fratello John e che erano stati fatti timidi approcci in questo senso in seno alla famiglia. Approcci che però non sono mai andati a buon fine visti gli ottimi risultati della gestione Montezemolo e la scarsa esperienza manageriale del rampollo. Tra quattro anni, tuttavia, visto anche il buon andamento di Italia Independent (la società di eyewear di lusso fondata da Lapo) la sua candidatura potrebbe riproporsi considerando inoltre che di qui al 2018 sarà in grado di vantare una esperienza notevole nel settore luxury
In virtù di queste ragioni, sino a che non ci sarà la distribuzione dei titoli Ferrari ai soci Fca, conviene puntare su quest’ultimo titolo che incorpora in sé la gran parte del valore insito nella Rossa. Di qui la raffica di buy su Fca piovuti da quasi tutte le banche di investimento dopo l’annuncio del riassetto. Nel lungo periodo, invece, è evidente che sarà Exor a beneficiare dello spostamento di Ferrari. Il saldo netto dell’intera operazione per la holding sarà infatti positivo sia sotto l’aspetto contabile sia sotto quello strategico.
Negli ambienti finanziari non c’è dubbio infatti che una Ferrari stand alone abbia più valore di quanto la stessa scuderia ne abbia in pancia a Fca. Il Cavallino, una volta scorporato, si libererà dell’effetto holding che sempre penalizza le società inserite in un contesto conglomerato. In questo senso potrà liberare tutto il suo valore inespresso sul libero mercato borsistico.
Si ricordi infatti (come si legge nell’articolo in pag. 23) che Ferrari è stato giudicato il marchio di maggior valore al mondo secondo l’agenzia specializzata Brand Finance. Tanto che le banche di investimento, nei report pubblicati dopo l’annuncio del riassetto, hanno valutato la Ferrari, una volta scorporata, tra 4 e 10 miliardi, con il risultato susseguente che l’eventuale 24% di Fca varrebbe tra 960 milioni e 2,4 miliardi. Una valutazione che non sembra bastare a Marchionne, che in conference call ha sfidato i mercati spiegando che «internamente abbiamo una nostra stima di Ferrari e penso che saremo positivamente sorpresi», intendendo che la sua stima è superiore. Quale sarà questa valutazione, certamente si tratterà di un contributo molto significativo per la holding, visto che a oggi l’intera Exor, con Ferrari inglobata in Fca e quindi non valorizzata per intero, capitalizza circa 8,5 miliardi. Non solo, ma negli ambienti finanziari, non sono in pochi a ritenere che sarà proprio il titolo Ferrari, una volta quotato il vero driver che guiderà le quotazioni di Exor in borsa.
L’operazione, quindi, non presenta punti deboli? Non è del tutto vero. È evidente, infatti, che senza Ferrari, Fca, proprio per le ragioni elencate in precedenza, avrà un valore inferiore una volta che il Cavallino sarà scorporato. Una riduzione che avrà il suo peso nel momento in cui il Lingotto si dovrà sedere al tavolo delle negoziazioni per cercare un’alleanza con un altra società del settore. Si badi bene che questa eventualità di m&a non è un’opzione ma una necessità, vista la dinamica del comparto. In particolare, nel caso del Lingotto, l’esigenza è trovare un partner sui mercati orientali in modo da formare un gruppo che sia veramente globale. In questo scenario Fca senza Ferrari avrà meno voce in capitolo per la scelta degli assetti della nuova società e quindi in sostanza sugli equilibri di potere che si creeranno al suo interno. Anche questa ricostruzione, tuttavia, si presta a una duplice interpretazione. Se da un lato è evidente il calo di peso nelle trattative, dall’altro c’è da far notare che con lo scorporo di Ferrari la famiglia Agnelli Elkann si siederà al tavolo delle trattative senza il rischio di dover condividere il gioiello Ferrari, che preventivamente è stato messo al sicuro nella cassaforte Exor. In questo senso sembra di capire che nella famiglia torinese sia stata fatta una scelta ben precisa: pur di non perdere il controllo delle gemma Ferrari, la famiglia accetterà un peso minore all’interno di una nuova fusione su scala globale. Non escludendo in questo senso neppure l’ipotesi di diventare un azionista di minoranza in una società che abbia un respiro di natura mondiale
Poco importano le parole di Elkann e Marchionne di qualche settimana fa in cui sia il nipote dell’avvocato Agnelli sia il manager avevano spiegato che era intendimento della nuova Fca recitare un ruolo di primo attore nel consolidamento in atto nel settore automotive. Le parole sono labili in questo caso, visto che in più di un’occasione sino a qualche settimana fa sia Elkann che Marchionne avevano assicurato che Ferrari non sarebbe stata né scorporata né quotata in borsa. I fatti indicano invece che la strada intrapresa è un percorso per cui si potrà scarificare il controllo di Fca ma non quello di Ferrari. Perché la famiglia Agnelli vuole essere al centro del luxury internazionale
Luciano Mondellini, MilanoFinanza 1/11/2014