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 2014  novembre 01 Sabato calendario

ECCO I PRIMI DUE ORDINI DI BERLINO ALLA COMMISSIONE UE INTRODURRE LA GOOGLE TAX E DEPOTENZIARE IL TRATTATO TTIP

La nuova Commissione Ue, presieduta da Jean-Claude Juncker, si insedierà ufficialmente lunedì. Ma Berlino, senza perdere tempo, ha già inviato i primi due ordini a Bruxelles: con il primo, a sorpresa, vuole che l’Europa introduca la Google tax, mentre, con il secondo, mira a depotenziare in chiave anti-americana il trattato commerciale Ttip, togliendo alle multinazionali Usa l’arma dell’arbitrato contro i singoli Stati. Se mai ce ne fosse bisogno, è la conferma dell’egemonia tedesca sull’Europa.
Cominciamo dalla Google tax. La proposta di introdurla è stata avanzata da Gunther Oettinger, che nei prossimi cinque anni sarà il commissario Ue preposto al settore digitale, dopo essere stato responsabile di quello dell’energia con Barroso. Circa un mese fa, quando seppe del suo nuovo incarico, Oettinger non nascose un certo stupore: era convinto di diventare commissario Ue per il commercio (come richiesto dal governo di Berlino), invece scoprì che si sarebbe dovuto occupare di una materia, l’economia digitale, di cui confessò di sapere ben poco. Bisogna ammettere che, per aggiornarsi, non ha perso tempo. Così, alla vigilia della presa di possesso del nuovo incarico, ha rilasciato un’intervista bomba al principale quotidiano economico tedesco, Handesblatt, in cui annuncia di essere favorevole alla Google tax, di cui in Europa si discute inutilmente da anni. Ha detto: «Se Google si appropria di una proprietà intellettuale generata in Europa e ne fa uso, l’Unione europea può proteggere questa proprietà e chiedere a Google di pagare un prezzo per l’uso che ne fa per attirare traffico e generare profitti».
Questa sortita ha stupito non poco la precedente commissaria Ue al digitale, Neelie Kroes, che ha incaricato il proprio portavoce di ribadire la sua posizione contraria alla Google tax, condivisa peraltro dalla precedente commissione Barroso. Ma ora l’aria è cambiata: lo conferma il fatto che in Germania l’idea di Oettinger, esponente di spicco del partito di Angela Merkel, è stata immediatamente accolta dagli applausi. Anche il vicecancelliere socialdemocratico, Sigmar Gabriel, che è pure ministro dell’Economia, si è schierato al suo fianco. E altrettanto hanno fatto i maggiori gruppi editoriali tedeschi, in testa Axel Springer , che da tempo hanno avviato un’azione legale contro Google, motore di ricerca accusato di non pagare nulla quando fa uso delle news e dei contenuti dei loro prodotti editoriali.
Nell’intervista, Oettinger ha spiegato che l’Europa dovrà definire le nuove regole sul copyright e sulla proprietà intellettuale, assumendo come modello la legge tedesca in materia, che definisce i diritti degli autori, compreso quello di un compenso per l’uso sui siti web delle loro creazioni intellettuali e artistiche. Il capo di Google, Eric Schmidt, si è sempre detto contrario a una simile prospettiva, ed è riuscito a bloccare qualsiasi tentativo dei singoli Paesi Ue di introdurre una Google tax. In Italia, subito dopo la nomina a segretario del Pd, Matteo Renzi bloccò l’iniziativa di Francesco Boccia, deputato del suo partito e presidente della commissione Bilancio, che aveva già portato in parlamento una bozza di legge per introdurre la Google tax. «È un problema da risolvere in Europa», obiettò Renzi. Ma nel suo semestre di guida europea non se n’è mai occupato. E il boccino, come al solito, è finito in mano ai tedeschi.
Lo stesso vale per il trattato commerciale Usa-Ue, noto come Ttip. Pochi giorni fa ho segnalato che il vicecancelliere Sigmar Gabriel ha chiesto ufficialmente agli Stati Uniti di togliere dal tavolo delle trattative la possibilità per le multinazionali di ricorrere a un unico arbitrato internazionale contro gli Stati che, a loro avviso, ostacolino la concorrenza. Si tratta della clausola Isds (Investor State dispute settlement), su cui le multinazionali Usa contavano molto per conquistare il ricco mercato europeo, soprattutto nel settore agroalimentare e della salute. Ma l’arma sembra ormai spuntata.
Dopo l’intervento di Gabriel, Juncker, con un intervento mirato, ha tolto l’Isds dalle competenze della svedese Cecilia Malstrom, nuova commissaria al Commercio e da sempre favorevole al Ttip, e l’ha affidata a uno dei vicepresidenti, il laburista olandese Frans Timmermans. A sorpresa, Jucker ha stabilito che su tale clausola non vi potrà essere nessun accordo se Timmermans non sarà d’accordo. Non solo: il dossier sarà seguito con particolare attenzione dal capo dello staff di Juncker, il tedesco Martin Selmayr, uno dei tanti alti dirigenti che la Merkel ha inserito al vertice della burocrazia di Bruxelles.
All’origine dell’avversione della Germania alla clausola Isds, sostiene il sito eunews.it, vi sarebbe il contenzioso sorto tra la società energetica svedese, Vattenfall, e il governo di Berlino, dopo che quest’ultimo ha deciso di uscire dal nucleare. Nel corso della disputa, la Merkel si è resa conto che l’arbitrato tipo Isds è troppo favorevole alle multinazionali, perciò pericoloso. Da qui l’ordine immediato all’Ue di cambiare rotta. Ordine prontamente eseguito da Juncker.
Tino Oldani, ItaliaOggi 1/11/2014