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 2014  novembre 01 Sabato calendario

ORA L’EXIT STRATEGY DIVENTA PIÙ DIFFICILE

L’audacia delle autorità giapponesi ha sorpreso tutti. Se la banca centrale allenta ancora di più una politica monetaria già ultra-espansiva, il Fondo pensioni pubblico di Tokyo (Gpif) passa dall’essere uno dei più prudenti a uno dei più spericolati del mondo nella sua asset allocation. Possiamo rallegrarci all’idea che maggiori capitali giapponesi si indirizzeranno verso azioni e obbligazioni europee (e anche italiane) alla ricerca di maggiori rendimenti. Le dimensioni del più grande fondo pensioni pubblico del mondo (oltre 1.200 miliardi di dollari in gestione) garantisce che lo spostamento della bilancia da una classe di asset all’altra avrà significative conseguenze sul piano interno come su quello internazionale. Il passaggio di testimone immediato tra la Federal Reserve (che ha appena posto fine ai suoi stimoli monetari straordinari) e la Banca del Giappone - con la sua «espansione dell’allentamento quantitativo e qualitativo» - può rallegrare molti investitori, aprendo opportunità insperate specialmente ai più sofisticati.
Tuttavia sorgono perplessità di varia natura, compreso il fatto che Tokyo si esporrà all’accusa di promuovere deliberatamente una ulteriore svalutazione dello yen a fini competitivi. Si tratta di ben di più di una sorta di partita di giro tra organismi pubblici, per cui il Gpif compra meno titoli di Stato e la banca centrale si mette a farne sempre più incetta. L’andamento dell’economia e della Borsa giapponese appare sempre più condizionato dall’interventismo statale. Difficile immaginare che la politica monetaria della BoJ possa andare avanti all’infinito nelle attuali direzioni, ma una futura exit strategy diventa ancora più complicata, tanto più che rischierà di pesare sullo stato delle finanze pubbliche anziché alleggerirle. La Banca del Giappone sotto la guida di Kuroda si è già dimostrata troppo ottimista: lo prova il dimezzamento delle stime sulla crescita del Pil dell’annata in corso a un modesto 0,5%. E anche le valutazioni sul trend dell’inflazione sono state ridimensionate, come già da tempo avevano fatto praticamente tutti gli analisti. Vista anche la spaccatura netta manifestatasi tra i membri del board (5 contro 4), l’immagine e la credibilità della BoJ corrono il pericolo di essere intaccate.
Stefano Carrer, Il Sole 24 Ore 1/11/2014