Luigi Zingales, L’Espresso 31/10/2014, 31 ottobre 2014
SE DRAGHI SALE AL COLLE PER L’EURO SONO GUAI
Non c’è modo più efficace di affermare un fatto che smentirlo pubblicamente. Dopo che la “Reuters” aveva definito “irreparabile” il rapporto tra il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi e il governatore della Bundesbank Jens Weidmann, le dichiarazioni di stima e rispetto nei confronti di Draghi espresse dal Cancelliere Merkel sono risuonate come una conferma delle tensioni tra il capo della Bce e la Germania. D’altra parte i motivi di tensione non mancano.
L’origine risale alla nascita stessa della Bce. I tedeschi non volevano rinunciare alla disciplina della loro amata Bundesbank, che li aveva protetti dall’inflazione negli anni Settanta. Gli altri paesi limitrofi, a cominciare dalla Francia, volevano contare di piu’ nelle decisioni di politica monetaria, attraverso la formazione di una banca centrale comune. Il compromesso fu una Banca Centrale Europea disegnata ad immagine e somiglianza della Bundesbank.
Nonostante l’instabilità di questo compromesso, nei primi dieci anni dell’euro, le tensioni furono limitate. La periferia cresceva più della Germania, e quindi i tedeschi non avevano nessuna ragione di protestare che la politica monetaria della Bce fosse troppo accomodante. Con la crisi dei paesi periferici e la ripresa tedesca, invece, le contraddizioni iniziali sono esplose. A tutt’oggi, con i prezzi al consumo che salgono solo dello 0,3% l’anno, la Germania è ossessionata dall’inflazione. I paesi periferici, a cominciare dall’Italia, invece sono preoccupati dalla deflazione, ovvero da una caduta generalizzata del livello dei prezzi.
COME SE NON BASTASSE, nel 2011 la Bce, sotto la guida del francese Jean-ClaudeTrichet, decise di comprare titoli greci ed italiani, per evitare il default di questi paesi. I tedeschi considerarono questa decisione come l’inizio di un pericoloso crinale. Axel Weber, il candidato tedesco a sostituire Trichet, si dimise per protesta. Il suo ritiro “costrinse” i tedeschi ad accettare Draghi.
Nonostante questi precedenti, Draghi fu bravissimo nel 2012 a navigare sulle tensioni tra Germania ed il resto dell’Eurozona. Prima di dichiarare che avrebbe fatto “tutto il possibile” per salvare l’euro, Draghi era riuscito a creare una divisione tra Angela Merkel e la Bundesbank. Grazie a questo lavoro di retrovia, nessun personaggio di spicco tedesco criticò le dichiarazioni di Draghi, e questa mancanza di opposizione rese le sue dichiarazioni credibili, ottenendo il miracolo: una caduta dei tassi sui titoli pubblici dei paesi periferici, senza alcuna promessa formale di aiuto.
I MIRACOLI, PERÒ, sono difficili da ripetere. Proprio in questi giorni vediamo che a Draghi non è riuscita la stessa manovra per il quantitative easing. Complici le difficoltà nel determinare quali titoli comprare, i suoi annunci sono stati subito criticati da Weidmann e dal governo tedesco, come sono stati criticati i suoi suggerimenti a favore di una politica fiscale tedesca più espansiva. Ma complice anche l’ascesa elettorale dell’ Afd, il partito antieuro tedesco, che la insidia elettoralmente, la Cancelliera non può permettersi di deviare dalla linea della Bundesbank, pena perdite di voti a Destra.
Il problema assomiglia alla quadratura del cerchio. L’Europa del Sud è a severo rischio di deflazione. La Bce deve intervenire. Ma con i tassi di interesse a zero, le sue armi convenzionali sono spuntate. Rimangono quelle non convenzionali. Ma proprio in quanto tali, queste armi, come il quantitiative easing, necessitano di un cambio dei trattati europei o, almeno, di un consenso unanime all’interno della Bce. Ma questo consenso non c’e’. Temo che neppure Draghi sia in grado di fare l’ ulteriore miracolo.
Per le sue qualità e i suoi meriti indiscussi, molti indicano Draghi come il prossimo Presidente della Repubblica italiana, in caso di dimissioni anticipate di Napolitano. Come nostro presidente, Draghi avrebbe certo meno potere di adesso. E per un economista come lui il lavoro sarebbe meno interessante. L’unico motivo per cui Draghi potrebbe accettare è che sarebbe un modo elegante per lasciare una posizione senza speranza. Quindi se Draghi dovesse mai accettare, la fine dell’euro sarebbe vicina.