Gian Luigi Paracchini, Corriere della Sera 31/10/2014, 31 ottobre 2014
VAN BASTEN, LA BREVE CARRIERA DI UN GIOVANE CIGNO
In che modo si potrebbero fare (idealmente) gli auguri di speciale compleanno all’ex campione tanto amato? Un tifoso forse sognerebbe d’invitarlo a cena raccontandogli quante volte allo stadio per lui si sia spellato le mani e poi lo martorierebbe di domande su finalissime o avversari spianati con una finta.
Ma non con il divino Marco Van Basten, che oggi compie 50 anni. Perché la febbre tifoidea per Marco è di quelle che lasciano una sottile, dolorosa nostalgia. Nessun calciatore ci ha fatto sognare danzando sul pallone come lui, nessuno è mai stato soprannominato il cigno e nessuno, a parte qualche stella del balletto o del galoppo, ha avuto caviglie tanto fragili.
Non che sia stata una sorpresa. Ce ne siamo accorti alla sua première nel settembre 1987 in Pisa-Milan (1-3, un suo gol) per il modo con cui se le accarezzava, quasi per blandirle, dopo aver calciato in porta. Non aveva ancora 23 anni, ma purtroppo quelle caviglie ne dimostravano molti di più. Visto, piaciuto e subito perso per sei mesi: i colpi di fulmine riservano anche queste pene. Però rientrando a primavera dopo aver battuto da solo l’Empoli, segna il gol della sicurezza (e dello scudetto) contro il Napoli. Bentornato.
Qualcuno lo trovava un po’ freddo, soprattutto se confrontato all’estroverso Ruud Gullit, idolo dei bambini: ma Marco non era tipo da treccine e complimenti. Da grande artista faceva il suo numero, salutava il pubblico e lasciava il teatro. Nella sua espressione un po’ malinconica non c’era sussiego ma soltanto il presagio d’una carriera troncata sul più bello.
Nei troppo rapidi anni rossoneri, 201 partite, 125 gol, tre Palloni d’oro e quattro interventi chirurgici, lo abbiamo seguito con palpitante ammirazione e costante inquietudine. In piedi a gioire per i suoi straordinari numeri ma subito a preoccuparci nel vederlo a terra e non era il tipo che la metteva giù dura. Il 9 maggio 1993, quando ha 28 anni, segna il suo ultimo gol ad Ancona, stesso risultato in trasferta (1-3) e stesso portiere (Alessandro Nista) dell’esordio in rossonero. Seguiranno altri chirurghi e due anni di tentativi per ritornare a danzare sul pallone. Tutto inutile.
Una sera, prima d’un match a San Siro, sbuca dallo spogliatoio, pallido, jeans e giubbotto di renna e fa un giro di campo salutando, braccio alzato, il pubblico. È la resa, salutata dal più struggente applauso oceanico della storia rossonera.
Da allora ci siamo chiesti molte volte quanti gol avrebbe fatto e quanti altri Palloni d’oro avrebbe vinto, magari sprizzando eleganza in tarda età davanti alla difesa.
A una tale stella nessun augurio troppo esplicito ma, almeno idealmente, un mazzo di 50 rose rosse.
Gian Luigi Paracchini