Anna Guaita, Il Messaggero 31/10/2014, 31 ottobre 2014
LA MODA IN NERO. AL METROPOLITAN MUSEUM DI NEW YORK L’ESPOSIZIONE “DEATH BECOMES HER”, LA MORTE LE SI ADDICE, RACCONTA L’EVOLUZIONE DELL’ABBIGLIAMENTO PER IL LUTTO DALLA METÀ DELL’OTTOCENTO, ACCESSORI COMPRESI. PER LA REGINA VITTORIA DIVENNE UNO STILE DI VITA
Oggi non ci sono più regole: chi perde qualcuno di caro e amato può indossare il nero, o semplicemente piangere internamente, rifiutandosi di manifestare e comunicare il proprio dolore all’esterno. Ma la libertà del cordoglio è una conquista recente. “Portare il lutto” era una volta un rito rigido, con calendari inappellabili, soprattutto per le donne: due anni di lutto per un marito, un anno per un genitore, tutta la vita per un figlio. Nelle classi sociali più elevate, questo non voleva però dire abbandonare lo stile, l’eleganza, la qualità dell’abito. Si poteva essere in gramaglie, eppure apparire sofisticate. La mostra da poco aperta al Costume Institute del Metropolitan Museum di New York fotografa il rito del lutto fra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e il titolo esprime con eloquenza come quel rito si fosse anche trasformato in un’espressione estetica: “Death Becomes Her”, “La morte le si addice”. Per quanto neri, opachi e chiusi a qualsiasi apparenza di frivolezza, anche gli abiti della fase più rigida del cordoglio sono infatti un gioiello di eleganza. Sete moiré, veli, taffetà e crespo dominano nella fase più stretta. Più avanti nel calendario del lutto si aggiungono merletti, chiffon, tulle. E fanno capolino alcuni colori pallidi: grigi, lilla, viola, bianco, ma solo nella fase del mezzo lutto.
L’EVENTO DEL 1851
I trenta completi che il Met espone fino al prossimo febbraio provengono da famiglie aristocratiche o dell’alta società. Campeggia uno degli abiti che la regina Vittoria cominciò a indossare alla morte del marito nel 1861. La regina non si riprese mai dalla perdita di Albert, e rimase in gramaglie per il resto della vita, fino al 1901. Tuttavia non fu lei a cementare il rito del lutto presso i suoi sudditi: gli storici sono d’accordo nel risalire alla Grande Esposizione Universale di Londra del 1851 come momento catalizzatore della moda dell’abbigliamento funerario. Confluivano in quella mostra e in quel momento storico varie condizioni propizie all’espansione di quella solenne ritualità anche nelle classi borghesi.
Alla Fiera, voluta dal principe Albert, si celebravano le moderne tecniche industriali, e fra queste spiccavano le tecniche per la produzione di tessuti e la creazione di abbigliamento "pronto da indossare". Era una stagione di pace per l’impero britannico, la classe borghese fioriva, e la diffusione dell’istruzione e dell’alfabetismo favoriva anche la popolarità delle riviste, anche di moda. Ma la moda non si occupava solo di abiti da passeggio, da mattina, o da soirée elegante. Il lutto faceva parte della vita. Ed ecco il diffondersi dei “figurini” per i sarti, proprio quando viene inventata la macchina da cucire.
GRIGIO E LILLA
E’ possibile dunque farsi cucire velocemente abiti da lutto, a prezzi relativamente contenuti. Ma è possibile anche comprarli bell’e pronti, con tutti gli accessori del caso, presso le cosiddette “mourning warehouses”, negozi specializzati che offrivano il necessario per vivere secondo le regole del lutto: vestiti, veli, guanti, cappelli, ombrelli e scarpe, carta da lettere e biglietti da visita, perfino gioielli, che spesso erano appositamente creati per contenere una ciocca dei capelli del defunto. C’erano quattro di questi esclusivissimi negozi solo su Regent Street a Londra.
La mostra del Met presenta una visione a volo d’uccello dell’evoluzione del rito del lutto. Ci sono completi anche per uomo e bambini, ma è chiaro che il lutto era dovere delle donne. E se a indossarlo era una vedova, diventava anche uno stile di vita, soprattutto dopo che la regina Vittoria aveva dato alla nazione un esempio di inesorabile austerità. La vedova doveva vivere ritirata, in lutto stretto almeno per un anno. Poi per sei mesi poteva adottare pudichi colletti di pizzo bianco o qualche nastro color lilla. Infine negli ultimi sei mesi poteva anche adottare nero a righine grigie, o far intravedere qualche camicetta viola, e partecipare a serate eleganti. Tuttavia anche lei doveva indossare i bustini che le strizzavano la vita a livelli oggi giudicati disumani.
Tanta rigidità comincia a ammorbidirsi con la morte di Vittoria. La nuova regina, Alexandra, moglie del re Edoardo VII, sarà in gramaglie per la suocera solo per un anno. Finito il quale sceglierà – come da manuale - colori tenui, lilla e beige. Ma i suoi abiti da corte sono di tulle finissimo ornato di paillettes, con una generosa scollatura, e non stonerebbero oggi sui tappeti rossi degli Oscar. Dopotutto è il 1902, siamo entrati nel nuovo secolo.