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 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

QUEI 17 MILIONI DI ITALIANI CHE VIVONO A RISCHIO POVERTÀ. NEL SUD IL 5O% DELLE FAMIGLIE STA SOTTO I 19.955 EURO ANNUI, 1.663 EURO AL MESE. IL REDDITO MEDIO NEL MEZZOGIORNO È PARI AL 74% DI QUELLO DEI RESIDENTI AL NORD. E POI LA COLDIRETTI SOSTIENE CHE PIÙ DI 4 MILIONI HANNO CHIESTO AIUTO PER MANGIARE E LA CIA (CONFEDERAZIONE AGRICOLTORI) AGGIUNGE CHE IL 65% DEI NUCLEI HA TAGLIATO GLI ACQUISTI DI CIBO


Più di una persona su quattro in Italia è «a rischio di povertà o esclusione sociale». Per la precisione si tratta del 28,4% (dati 2013), secondo l’indagine Istat diffusa ieri. In pratica, 17 milioni di italiani su 60. L’indicatore, che si compone di tre quote (famiglie gravemente deprivate, persone a rischio povertà e famiglie a bassa intensità lavorativa) è in leggera diminuzione (-1,5 punti) rispetto al 2012 «a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate». Il quadro resta tuttavia preoccupante, soprattutto nel Mezzogiorno. Il rischio di povertà o esclusione sociale si attesta infatti nel Sud al 46,2% un valore più che doppio rispetto al resto del Paese.
Invariato l’indice Gini della disuguaglianza: 0,32 a livello nazionale, 0,34 nel Sud. Per capire meglio, il 20% più ricco delle famiglie percepisce il 37,7% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta il 7,9%. La metà delle famiglie italiane ha percepito un reddito netto non superiore a 24.215 euro l’anno, pari a 2.017 euro al mese. Nel Sud le condizioni peggiorano: il 5o% delle famiglie sta sotto i 19.955 euro annui, 1.663 euro al mese. Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 74% di quelle residenti al Nord.
L’indagine è stata commentata dalla Coldiretti, che sostiene che ci sono più di 4 milioni di poveri che hanno chiesto aiuto per mangiare; dalla Cia, confederazione degli agricoltori, che aggiunge che il 65% delle famiglie ha tagliato gli acquisti di cibo, percentuale che al Sud sale al 77%; e dal presidente della Conferenza episcopale, Angelo Bagnasco: «I dati sulla povertà devono essere presi sul serio. È necessario dare risposte occupazionali perché solo il lavoro e non l’assistenza dà dignità».