Luca Gualtieri, MilanoFinanza 31/10/2014, 31 ottobre 2014
E LA CADUTA DI MPS NON HA FINE
da Siena
Sembra non avere fine la caduta del titolo Monte dei Paschi, che ieri in Piazza Affari ha perso un altro 7,05% a 0,67 euro tra scambi intensi pari al 5,4% del capitale. La capitalizzazione di borsa (ora poco sopra i 4 miliardi) si allontana sempre di più dai 5 miliardi dell’ultimo aumento di capitale e sembra destinata ad assottigliarsi ulteriormente nelle prossime sedute, soprattutto alla luce dell’incertezza che grava sul futuro della banca senese dopo la bocciatura della Bce. Per i vertici dell’istituto sono infatti giorni frenetici per mettere a punto il capital plan che ai primi di novembre dovrà essere presentato a Francoforte. La spola del top management tra Milano e Roma sarebbe continua, anche se per il momento le opzioni sul tavolo sono ancora molteplici. Benché la palla sia principalmente in mano al presidente Alessandro Profumo e ai responsabili del ministero dell’Economia, fonti senesi parlano di contatti in corso tra esponenti di spicco della politica toscana (come il presidente della Regione Enrico Rossi) e Palazzo Chigi per ottenere una presa di posizione forte da parte del governo Renzi sulla crisi del Montepaschi.
La priorità sembrerebbe andare alla trattativa intavolata all’inizio della settimana con il Tesoro per ottenere il rinvio del rimborso di due tranche dei Monti bond in scadenza nel 2015 e nel 2016, pari a 750 milioni. Lo shortfall calcolato dalla Bce scenderebbe così da 2,11 a 1,35 miliardi, permettendo alla banca di tirare un primo respiro di sollievo. Meno probabile sembra invece una conversione anche parziale del Monti bond, che renderebbe lo Stato azionista della banca senese, sgravandola dall’onere degli interessi. «Siamo fiduciosi che ci saranno soluzioni di mercato per colmare questo fabbisogno di capitale», ha tagliato corto ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, lasciando intendere che la nazionalizzazione non rientra nel ventaglio delle ipotesi in esame. Poco probabile sembra anche l’ipotesi, avanzata da qualcuno, di una cessione dei Monti bond a investitori istituzionali che poi li convertirebbero in equity per consentire la computabilità ai fini dello stress test.
Se insomma la pista principale seguita in queste ore sarebbe la trattativa sul prestito di Stato, il mercato si interroga anche sugli altri punti del capital plan. La cessione di alcuni asset, come Consum.it, Mps Leasing e Factoring o alcune filiali estere, è quasi certa. L’ipotesi di un nuovo aumento di capitale dopo quello da 5 miliardi chiuso in estate sarebbe invece improbabile, anche perché la mossa rischierebbe di contrariare i grande soci della banca, a partire da Fintech Advisory e Btg Pactual, già oggi alle prese con forti minusvalenze potenziali sui loro pacchetti di titoli Mps. Anche lo scenario della fusione con una banca estera, come il Santander o il Bbva, appare irrealistico. «Quale grande banca estera oggi investirebbe in un Paese in recessione, con un costo del credito elevato e un mercato del lavoro ingessato come l’Italia?», argomenta il top manager di una banca internazionale interpellato da MF-Milano Finanza. In prospettiva lo scenario più plausibile appare insomma una soluzione tutta italiana che coinvolga non tanto big come Intesa o Unicredit (oggi poco interessati a un’espansione sul mercato nazionale), ma banche di medie dimensioni, anche cooperative, uscite con larghe eccedenze di capitale dallo stress test e pronte a giocare il ruolo di poli aggreganti. In un progetto simile potrebbe inserirsi anche qualche fondazione di origine bancaria, come già ventilato lo scorso anno con l’ipotesi di una cordata capitanata dalla Cariplo di Giuseppe Guzzetti. Questi soggetti potrebbero mettere le mani sulla parte sana del Monte, che oggi è ancora un marchio di prestigio nell’industria bancaria europea, e far invece confluire gli asset problematici in una sorta di bad bank. Non è detto che uno scenario di questo genere si prospetti nell’immediato, anche perché la necessità di Siena nei prossimi giorni sarà di fronteggiare l’emergenza e mettere in campo le azioni indispensabili per colmare lo shortfall. Ma che la direzione possa essere quella lo certificano anche le parole pronunciate mercoledì dal presidente Profumo: «L’indipendenza della banca va riconsiderata».
Luca Gualtieri, MilanoFinanza 31/10/2014