Federica Grimoldi, MilanoFinanza 29/10/2014, 29 ottobre 2014
BANCHE ITALIANE MALTRATTATE AI TEST
[Intervista a Romano Prodi] –
«Gli stress test hanno tenuto conto di ipotesi di scenario italiano disastrose, al limite del collasso. E poi hanno valutato con eccesso di negatività i prestiti alla clientela. Infine va considerato l’aspetto temporale: le nostre banche si sono sistemate quest’anno mentre la Bce fa riferimento alla fine del 2013». Romano Prodi non è tenero con i criteri di esame adottati da Francoforte. «Eppure, nonostante tutto, il sistema non ne esce male, ci sono due banche con dei problemi mentre gli altri istituti evidenziano significativi eccessi di capitale. Sarei molto curioso di sapere che voto avrebbero preso le landesbank tedesche non incluse negli stress test. Insomma, l’Italia non è stata trattata bene», aggiunge l’ex presidente del consiglio a margine del convegno che ha celebrato i 30 anni dei due fondi Arca (vedere altro articolo a pagina 13).
Domanda. Professore, al di là degli stress test, come vede la congiuntura?
Risposta. È una situazione strana, perché in teoria la crisi è finita, ma in realtà non è vero. Qualcuno ne è uscito bene come l’America che ci sta dando una lezione, altri continuano a evitarla come la Cina; noi, invece ci siamo dentro in pieno, e quando dico noi parlo di Europa non solo di Italia. L’Italia sta ancora vivendo pienamente la crisi. È evidente che dobbiamo guardare all’Europa e in questo caso il problema è semplicissimo: i fondamentali sono buoni, ma manca la politica. Quando è cominciata la crisi l’America ha provveduto a tamponare immediatamente la situazione con misure - di vecchio stile intendiamoci - mettendo a disposizione 800 miliardi di euro, la Cina ha fatto lo stesso, mentre l’Europa ha cominciato a dividersi tra Nord e Sud. Inoltre c’è questa incomprensibile politica tedesca: finché non si riuscirà a interpretarla l’Europa andrà sempre male.
D. Secondo lei come dovrebbe cambiare questa politica tedesca per rilanciare la crescita?
R. Chiarita la responsabilità, è molto semplice: lo ripeto, i fondamentali sono migliori di quelli americani, bisogna, quindi, riprendere gli investimenti anche con un po’ di inflazione. Bisogna fare quello che fanno tutti, una politica economica normale: quando i consumi e gli investimenti sono in crisi e l’export diventa più difficile, si dà un po’ di benzina al motore, non c’è nulla di strano. La Germania, però, ha una sensibilità politica completamente diversa: mentre la business community è più flessibile, il mondo politico considera ogni impulso all’economia una specie di regalo a noi cialtroni e così non va.
D. E l’Italia?
R. I fondamentali dell’Italia sono migliori di quanto non si dica ma sono anche molto variabili: le imprese che si sono trasformate vanno molto bene, esportano in modo ultraconcorrenziale perché, tutto sommato, i costi del nostro lavoro, sono inferiori a quelli tedeschi e a quelli francesi. Bisogna poi considerare la gran massa di industria che è arrivata impreparata alla globalizzazione e all’euro e che fatica molto, nonché gli impedimenti e gli obblighi imposti all’Italia che ci impediscono di effettuare operazioni di contorno, di iniezione di liquidità nell’economia. Poi c’è sempre il problema del Mezzogiorno, è inutile negarlo.
D. Secondo lei questo governo è sulla strada giusta per far ripartire la crescita?
R. Bisogna scommetterci. I propositi sono giusti, il problema è che un Paese è una macchina con un motore complicato, bisogna lavorare in modo molto analitico non con provvedimenti eclatanti di breve periodo: è un lavoro da roditori o da formiche se preferisce, bisogna andare avanti adagio adagio.
Federica Grimoldi, MilanoFinanza 29/10/2014