Guido Salerno Aletta, MilanoFinanza 25/10/2014, 25 ottobre 2014
LA VIRTÙ NON È TEDESCA
Negli anni della crisi, tra il 2007 e il 2013, il sistema finanziario italiano si è dimostrato il migliore d’Europa assieme a quello francese. Entrambi hanno pagato più degli aiuti pubblici ricevuti. Le banche tedesche invece sono state le peggiori. I dati Eurostat fanno emergere quanto sono costati ai cittadini di ciascuno Stato europeo gli aiuti alle banche, elaborati in modo da calcolarne l’impatto su deficit e debito pubblico. Prima di discutere dei risultati degli stress test della Bce sulle banche sistemiche, è importante chiarire a quanto ammontava ancora a fine 2013 il sostegno complessivo che ciascuno Stato europeo ha concesso ai rispettivi sistemi bancari, sempre con il beneplacito della Commissione Ue.
Gli aiuti pubblici ricevuti dalle banche aiuteranno gli istituti negli stress test: le eventuali carenze di capitale che dovessero emergere sarebbero infatti ulteriori rispetto ai rafforzamenti di capitale già ottenuti dagli Stati, da rimborsare secondo gli accordi stipulati. Il fatto invece che in taluni casi gli aiuti alle banche sono stati resi possibili solo grazie ai fondi forniti agli Stati da Esm o Fmi non influisce sul sistema di calcolo usato da Eurostat, visto che sono sempre gli Stati i diretti responsabili della restituzione dei fondi alle istituzioni internazionali. Anche in questo caso quindi gli aiuti ricevuti dalle banche influiscono sul deficit di bilancio e rappresentano liabilities ai fini del debito pubblico. L’analisi dei dati di ciascun Paese consente così di far emergere il vero saldo nel dare e avere tra bilancio pubblico e sistema bancario. Lo Stato italiano nel periodo 2007-2013 ha incassato dalle banche complessivamente 1,36 miliardi di netti, a fronte degli aiuti concessi con i Tremonti-bond, con i Monti-bond e soprattutto con la garanzia sovrana prevista nel decreto Salva-Italia sulle emissioni bancarie che sono state portate a collaterale per ottenere liquidità dalla Bce con le Ltro effettuate il 22 dicembre 2011 e il 29 febbraio 2012. Quest’ultima posta è stata determinante, visto che da sola ha fruttato al bilancio italiano 1,4 miliardi di introito. È ben vero quindi che le banche italiane hanno fatto carry trade, prendendo denaro a basso costo dalla Bce per reinvestirlo a tasso più elevato in titoli del debito pubblico nazionale al fine di colmare il gap di investitori stranieri, ma hanno dovuto detrarre dagli interessi ricevuti sui titoli sottoscritti la commissione relativa alla garanzia sovrana. Lo Stato italiano non può affatto lamentarsi: nessuna garanzia è stata escussa e con l’incasso delle commissioni ha ridotto il costo netto degli interessi sui titoli acquistati dalle banche. Infine, le esposizioni dirette (liabilities) dello Stato italiano verso il sistema bancario, che hanno impatto sul debito pubblico, ammontavano a fine 2013 ad appena 4 miliardi. I dati Eurostat confermano che il sistema bancario italiano non ha avuto necessità di aiuti pubblici dopo la crisi finanziaria del 2008 e che anzi nel 2012 è intervenuto a sostegno del debito pubblico. Se poi successivamente ha visto aumentare le sofferenze, è per colpa della crisi economica causata dall’errata valutazione dell’impatto delle misure fiscali adottate per raggiungere l’equilibrio strutturale del bilancio pubblico. Ma della genesi delle sofferenze gli stress test non danno conto; tirano solo le somme.
Il costo degli aiuti pubblici alle banche tedesche è stato pesantissimo: in termini di deficit, 40,6 miliardi. A fine 2013 l’esposizione dello Stato tedesco in termini di liabilities era di 217,9 miliardi, su un totale di 343,4 miliardi a carico degli Stati dell’Eurozona. C’è un’enorme sproporzione: mentre il pil della Germania è pari al 28,1% di quello dell’Eurozona, l’ammontare delle esposizioni dello Stato tedesco verso il suo sistema bancario è pari al 63% del totale. Delle due l’una: le banche tedesche sono poco affidabili oppure lo Stato tedesco è troppo generoso. Quello della Germania è un vero sistema, che usa il sistema bancario e le sue perdite per rendere più competitiva l’industria nel commercio internazionale: un dumping che danneggia gli altri Paesi.
Ed è inutile nascondere l’evidenza che deriva dall’ulteriore confronto con la Francia: a livello di bilancio pubblico anche Parigi ha incassato dalle banche proventi netti per 1,1 miliardi, mentre a fine 2013 aveva esposizioni per appena 2,6 miliardi. E se anche la Francia ha un problema di competitività nel commercio internazionale, come accade per l’Italia, si rafforza il paradigma: le banche tedesche sussidiano l’industria erogando prestiti con tassi d’interesse irrisori, bilanciati da investimenti esteri a tassi elevati e quindi molto rischiosi. Quando le banche tedesche accusano perdite, il costo viene accollato al bilancio pubblico. Nonostante le decisioni assunte nel 2001 da Mario Monti come commissario Ue alla Concorrenza, gli strumenti giuridici che offrivano alle banche tedesche la garanzia pubblica sulle perdite (Anstaltslast e Gewährträgerhaftung) sono rimasti vivi e vegeti.
Tutto dimostra la pesantissima distorsione della concorrenza internazionale tra sistemi bancari, di cui è corresponsabile Bruxelles: consentendo colossali aiuti di Stato a favore delle banche tedesche, ha evitato il riassetto del mercato finanziario tedesco, che sarebbe stato oggetto di acquisizioni e di consolidamenti. È rimasto così una foresta pietrificata, protetta da proprietà pubblica e aiuti di Stato. La diluizione nel tempo dei costi di risanamento delle banche tedesche ha reso inoltre possibile la diffusione del convincimento generale secondo cui sarebbero un porto sicuro, mentre l’entità degli aiuti di Stato di cui hanno beneficiato dimostra il contrario. Tutto ha contribuito ad avvalorare la leggenda secondo cui i poveri cittadini tedeschi sarebbero costretti a pagare il conto degli azzardi e degli sprechi degli altri. La soluzione è quella evangelica: «Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza da quello del tuo fratello».
Guido Salerno Aletta, MilanoFinanza 25/10/2014