Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/10/2014, 30 ottobre 2014
PERISCOPIO
Il futuro mi sorride, con i suoi denti cariati. Altan, Donne nude. Longanesi.
(mfimage) Dice Bergoglio che Big Bang e creazionismo non sono in contraddizione. Dai!, allora resta unito anche il Pd. Maurizio Crippa. Il Foglio.
Il costo dei lavoratori sarà così basso che la Cina protesterà per concorrenza sleale. Spinoza. Il Fatto.
Meglio due sinistre che nessuna. Jena. la Stampa.
Per il Veneto, che è una Regione virtuosa, i tagli imposti dal governo centrale peseranno moltissimo. Per le Regioni che sprecano tanto, invece, cambierà poco: continueranno a sprecare solo un po’ meno. Luca Zaia, presidente della Regione Veneto.
Alessandro Di Battista, uno dei più noti portavoce del Movimento 5 Stelle, è considerato da gran parte della stampa quasi l’ala sinistra del movimento fondato da Beppe Grillo. Lui però non si riconosce affatto in questo, anzi. Incontrato per strada mi racconta la sua storia familiare, con il papà che era un leader locale missino «proprio fascista, destra sociale». E dice di comprendere bene il disagio degli italiani nei confronti degli immigrati clandestini, segnando in questo una svolta del M5S. «Cosa c’è di razzista nel dire che un clandestino deve andare a casa?». Di Battista rivela anche (come aveva fatto fra mille polemiche il segretario della Lega nord Matteo Salvini) di avere visto a Tropea un hotel a 4 stelle sequestrato per dare rifugio agli immigrati clandestini. Franco Bechis. Libero.it
La coalizione che sosteneva il secondo governo Prodi era una coalizione fra diversi, lunatica, sospettosa, destinata a rompersi presto. La discussione preventiva su quanto avrebbe dovuto fare il governo del Professore aveva partorito un programma mostruoso, di trecento pagine. Dopo il voto venne messo insieme un esecutivo obeso, con un numero debordante di ministri, viceministri, sottosegretari. Infine emerse la vocazione al suicidio e l’irresistibile piacere di impiccarsi da soli. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012.
La differenza fra la comunicazione politica e quella aziendale sta nei ritmi e nel livello di aggressività. Le sfide fra i brand possono proseguire per decenni (Coca e Pepsi, Nike e Adidas, Apple e Microsoft) e l’attacco all’avversario non può superare certi limiti. Invece la politica è spietata. Le partite tra i candidati si giocano solitamente in poche settimane, e non consentono appelli. Chi perde, non governa, va a casa, e normalmente (tranne che in Italia) non si ricandida più. Inoltre in politica la soglia di tolleranza per i colpi bassi è molto più elevata. I cittadini sono assuefatti a un livello di violenza verbale che è impensabile nella comunicazione aziendale. Se una società definisse un prodotto della concorrenza «un pericolo per i consumatori» la cosa scandalizzerebbe, quando due avversari politici si definiscono, reciprocamente, «pericolo per la democrazia» non ci fa né caldo, né freddo. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori.
«Scrivere, per mio padre, era un tormento per lui», dice Luigi Barzini junior. «Quasi una tortura. Tutte le volte, sempre, era come se fosse al suo esordio. Procedeva lentamente sulla pagina, pieno di dubbi, di ripensamenti. Cancellando, correggendo, riscrivendo continuamente e rimanendo sempre insoddisfatto. Ma, alla fine, ne uscivano articoli di così scorrevole lettura da far pensare che fosse facile ottenere quelle pagine. Erano invece il risultato di un lungo lavoro. «La semplicità», diceva, «è un punto di arrivo». Luigi Barzini jr in Luciano Simonelli, Dieci giornalisti e un editore. Simonelli editore, 1997.
Come gli altri suoi compagni di avventura, Giovannino Guareschi trovò il coraggio di sopravvivere anche grazie a Radio Caterina, l’unico mezzo che i deportati italiani di Witzendorf ebbero per sapere, dalla loro prigionia, come evolveva la guerra. Quella radio clandestina, che invano i nazisti cercarono rabbiosamente, era stata costruita già nel lager di Sandbostel dal tenente Olivero e da altri geniali ufficiali che erano riusciti ad impadronirsi di una valvolina rotta e, successivamente, riparata col catrame tolto dal tetto di una baracca. Partendo dalla valvolina, avevano costruito tutto il resto usando la latta di un barattolo sottratto alle immondizie, la celluloide di un portatessere, stagnola, cartine di sigarette, carta per avvolgere la margarina trattata con grafite di matita. In un portasapone fu messo il gruppo della bobina, antenna, sintonia, variometro fatto con un filo rubato da Carlo Martignago a una bicicletta delle sentinelle tedesche appoggiato proprio sotto una torretta di guardia. Martignago era riuscito a rubare ai tedeschi anche i magnetini per la cuffia di ascolto. Il tenente Olivero saliva con un filo di rame tra i denti su un castello di letti, si metteva orizzontale di una traversa e si trasformava in antenna. Beppe Gualizzini, Guareschi. Editoriale Nuova.
Non esco mai di casa, il mio mondo è tra questi muri: la poltrona su cui siedo, il tinello dove mangio, il letto in cui dormo. La vita si allunga e gli spazi si restringono. Tutto sommato è un vita ancora gradevole, lenta nei movimenti e con il tempo che stranamente se ne va in fretta. Mi farebbe più fatica uscire. E poi amo questa casa. Anche Fiumetto amo. Tanto quanto ho detestato Roma dove ho vissuto dal 1917 al 1940. Roma è una città bellissima che odiavo profondamente. Odiavo la squadra di calcio, le facce indolenti dei romani, la storia antica, la retorica delle rovine. Odiavo i musei e le gallerie, i caffè e i ristoranti. Parteggiavo per Pirro e Annibale. Sognavo Vercingetorige. Mi auguravo nuove invasioni barbariche. Ero per New York. O al massimo per Milano. Ho cominciato ad affezionarmi a Roma da lontano, durante i miei anni americani. Manlio Cancogni, romanziere, 98 anni. la Repubblica.
Per più di mezzo secolo, con intuizione, crudeltà, alle volte, Françoise Giroud non ha mai cessato di giudicare, di valutare i suoi contemporanei per spazzolarli con qualche frase secca, li graffiava volentieri con delle formule raffinate, raramente gratuite. Giroud ha amato perdutamente il giornalismo. Lei si è interessata più alle persone che ai concetti, ha praticato la critica più che l’analisi, ai sentimenti lei ha preferito le parole. È così che si è fatta temere, ammirare, rispettare. Christine Okrent, Françoise Giroud. Fayard, 2003.
È più facile snellire un fachiro che la nostra burocrazia. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/10/2014