Paola Pica, Corriere della Sera 30/10/2014, 30 ottobre 2014
DOPO LA BOCCIATURA DEGLI STRESS TEST DELLA BCE ALESSANDRO PROFUMO AMMETTE: «L’INDIPENDENZA DEL MONTE DEI PASCHI? VA RICONSIDERATA. MIO MALGRADO». L’IPOTESI DELLA CONVERSIONE IN AZIONI DEI MONTI BOND. A PIAZZA AFFARI I TITOLI VANNO ANCORA GIÙ: -8%
«L’indipendenza della banca? Va riconsiderata. Mio malgrado». Alessandro Profumo ha pochi giorni di tempo per mettere in sicurezza il Monte dei Paschi e presentarsi con un «capital plan» credibile ai nastri della Vigilanza unica europea in seno alla Bce, martedì 4 novembre . Pochi giorni e nessuna certezza. La strada è in salita per il banchiere che ha fatto dell’indipendenza il filo conduttore della sua storia professionale, ed è più tortuosa per Mps, bocciata agli stress test con uno «shortfall», deficit di capitale, di 2,11 miliardi.
«Abbiamo solo una settimana» ha riconosciuto Profumo all’agenzia Radiocor replicando con un secco «no comment» alla domanda se i Monti bond, il prestito contratto con il Tesoro che vede ora un residuo di un miliardo dai quattro originari, sarà convertito in azioni. Nazionalizzazione è la parola tabù. Per ora, si pensa allo slittamento del rimborso e su questo un parere positivo sarebbe già arrivato da via XX settembre. I titoli non hanno scadenza e l’impegno a restituirli entro il 2017 era stato preso con Bruxelles nel piano di ristrutturazione peraltro ignorato dalla Bce. Il regolamento dei Monti bond prevede la conversione in azioni su richiesta di Siena. Se esercitata ai prezzi di Borsa attuali (ieri il titolo ha chiuso in calo dell’8,23% a 0,73 euro dopo una sospensione al ribasso sull’onda di stop subiti anche da altri titoli, come Unicredit e Ubi), l’azionista pubblico entrerebbe al 30% circa. Resterebbe poi un ulteriore deficit da 1,350 miliardi da colmare. Sull’ipotesi aggregazione «nulla è precluso» ha detto Profumo senza entrare nel merito delle voci che accreditano come candidati sia i francesi del Crédit Agricole sia gli spagnoli del Santander. Per questi ultimi si tratterebbe di un clamoroso ritorno in scena: fu proprio il gruppo che fa capo alla famiglia Botin a vendere Antonveneta a caro prezzo per 9 miliardi cash alla Mps di Giuseppe Mussari. Era il maggio del 2008, l’inizio del declino.
Di Siena come «esempio del fallimento del Pd» ha parlato ieri il segretario della Lega Matteo Salvini: «Quello che non è riuscito a fare la peste, la carestia, due guerre , è riuscito al Pd, che ha distrutto una banca con 500 anni di storia».
Due consiglieri della deputazione della Fondazione Mps ieri hanno contestato la fiducia a Profumo e all’amministratore delegato Fabrizio Viola espressa domenica dallo stesso ente. «Quando la barca è in difficoltà la regola vuole che si stia vicini al timoniere», ha replicato il Marcello Clarich, il presidente della Fondazione un tempo azionista largamente maggioritario e invadente oggi ridimensionato al 2,5% e legato da un patto ai soci stranieri. «Ma certo con il passaggio dei poteri alla Bce cambierà tutto», ha poi ammesso Clarich.