Stefano Zurlo, Il Giornale 30/10/2014, 30 ottobre 2014
COSÌ I SINDACATI GIOCANO CON I NUMERI: GONFIATI QUANDO SI TRATTA, TAGLIATI QUANDO SI PAGA. È TUTTO SCRITTO NEL LIBRO “L’ALTRA CASTA” DI LIVADIOTTI: I TESSERATI CRESCONO AI TAVOLI NEGOZIALI, CALANO SE C’È DA VERSARE LA QUOTA ALLE FEDERAZIONI INTERNAZIONALI
Numeri a fisarmonica. Cifre che si gonfiano e si sgonfiano a seconda dell’uditorio. Quanti sono gli iscritti ai sindacati? Domanda sdrucciolevole, come le risposte dettate, più di una volta, dalla convenienza. «Negli anni Ottanta - spiega al Giornale Giuliano Cazzola, oggi economista e politico ma all’epoca pezzo grosso Cgil - dovevamo comunicare alla Federazione internazionale il numero dei chimici legati alla Cgil. E visto che dovevamo pagare una quota, salata, in franchi svizzeri io e Cofferati, il mio vice, decidemmo di ridimensionare il nostro esercito per risparmiare un po’». Vent’anni dopo, lo stesso meccanismo viene descritto da un giornalista acuminato come Stefano Livadiotti nel libro L’altra casta. Quando si siedono intorno al tavolo per una trattativa i dirigenti della Triplice scandiscono dei numeri che «cambiano di colpo quando le tre organizzazioni vengono chiamate a versare i loro contributi alla Confèderation Europeenne des Syndicats». Il divario è clamoroso, con una forbice da un milione e passa. La Cgil passa da 5 milioni 650.942 tesserati in Italia a 4 milioni e 100 mila militanti dichiarati in Europa. Stesso trend ondivago per la Cisl, con una discesa a precipizio da 4 milioni e 346 952 iscritti a 2 milioni e 640.929. La Uil infine mostra la stessa tendenza al ribasso, da 1 milione e 733.375 a 1 milione e mille iscritti. Con un calo impressionante quando si tratta di dire come stanno le cose ai colleghi europei. Strano. Ma anche no. Lo stesso Livadiotti trova conferma ai suoi sospetti in casa Cisl. «È vero - ammette Nino Sorgi - lo facciamo per risparmiare. Non abbiamo niente da nascondere». Insomma, la doppia contabilità, chiamiamola così, serve per non dissanguarsi. Cazzola classifica questo giochetto alla voce «sistema elusivo», utilizzando un linguaggio che sembra rimandare al mondo delle imprese e al tentativo di giocare a nascondino col fisco. Non proprio un complimento.
Certo, al di là delle polemiche di giornata, i numeri sono assai difficili da accertare. Anche se in un recente dibattito televisivo, negli studi dell’Aria che tira, Sergio Cofferati ha contestato Livadiotti a proposito del balletto sull’asse Italia-Europa.
Misurare la forza reale del sindacato è un’operazione quasi impossibile. E così il totale degli iscritti è un atto di fede. Quelli sotto l’ombrello della Cgil nel 2013, ultimo dato disponibile, sono sostanzialmente gli stessi di cui parlava Livadiotti nel saggio datato 2008, con variazioni minime. Stesso discorso per la Cisl, ma la Uil invece pare essersi rafforzata arrivando addirittura a quota 2.216.443. Una crescita importante e forse inattesa, in controtendenza. Ma proprio Cazzola mette le mani avanti: «Io ho qualche dubbio sulla consistenza del seguito della Uil. Quei 2 milioni e rotti mi sembrano tanti. Tantissimi. Forse un po’ troppi». Vero? Il problema è che i valori veri, almeno nel privato, non li sa nessuno. Si possono verificare le cifre del comparto pubblico. L’Aran, acronimo barbosissimo per agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni, può monitorare le tessere dei dipendenti dello Stato. Ma addentrarsi nella giungla del privato è una scommessa persa. «Nel giugno 2011 - aggiunge Cazzola - era stato inventato un meccanismo che chiamava in causa Inps e Cnel e avrebbe permesso di conoscere la forza reale delle tre sigle. Così da poter regolamentare la rappresentanza sindacale. Peccato che questo meccanismo sia morto sul nascere. E oggi siamo addirittura all’abolizione del Cnel».
Insomma, gli iscritti oscillano come e più della Torre di Pisa e, almeno nello Stato, si viaggia col piede sul pedale comodo dell’autocertificazione. Sempre Livadiotti svela un altro trucco per tenere agganciati gli iscritti nel settore pubblico, perché nel privato prevalgono metodi più lineari e sbrigativi anche nel rapporto con la Triplice. Dunque, la cosiddetta delega può essere revocata solamente entro il 31 ottobre di ogni anno, con decorrenza dal 1° gennaio successivo. Tradotto in soldoni: se un dipendente pubblico si scoccia della Camusso e vuole tagliare il cordone ombelicale deve stare molto attento al calendario. Se la lettera di disdetta parte il 1° novembre dovrà attendere 14 mesi. Un tempo lunghissimo in cui continuerà a versare la sua quota annuale. Anche se con la mano ha già fatto bye bye.