Piero Bianco, La Stampa 30/10/2014, 30 ottobre 2014
MA QUANTO VALE LA FERRARI? DOMANDA LEGITTIMA, ALLA LUCE DELLE NUOVE PROSPETTIVE DI BORSA. DI CERTO IL CAVALLINO È IL BRAND AUTOMOBILISTICO CHE FA SOGNARE DI PIÙ E IL MIGLIOR ESEMPIO DEL MADE IN ITALY
Ma quanto vale la Ferrari? Domanda legittima, alla luce delle nuove prospettive di Borsa. Risposta difficile, in un mondo che esula dalla pura razionalità per sconfinare nella passione. Se la cifra indicata da numerosi analisti, 8 miliardi di euro, non è mai stata confermata da Marchionne per quanto dia una misura teorica del business, va aggiunto che il marchio del Cavallino non è facilmente quantificabile perché appartiene al regno indefinibile delle griffe più ambita: è «la griffe» indiscussa dei motori. I suoi gioielli, soprattutto quelli storici, sono capolavori consegnati alla storia, preziosi come un quadro di Renoir. Il prezzo lo fa il mercato dei sogni, non a caso in estate una 250 Gto del 1962 è stata quotata all’asta di Monterey 22 milioni di euro, battendo ogni record per vetture storiche.
C’è tuttavia un indice attendibile che risponde, non solo in modo emozionale, al quesito originale. E’ la classifica stilata da Brand Finance sulla valutazione dei marchi. E qui la Ferrari (con il rating AAA+) si è classificata al primo posto assoluto, mettendo in fila colossi come Coca Cola, Pwc, McKinsey, Google, Unilever, Hermes, Rolex, Red Bull e Walt Disney. La società specializzata in rilevazioni l’ha definita best in class per «influenza a livello globale, riconoscibilità, desiderabilità, lealtà e fiducia dei consumatori», senza trascurare la presenza sul web e la soddisfazione dei suoi dipendenti. Ferrari è oggi il brand più «potente» del mondo, nonostante la produzione limitata che non le consente di scalare la classifica in termini di valore generato dal business (quella guidata da Apple con 104,6 miliardi, seguita da Samsung con 78,7, Google con 68,6). Il Cavallino è un fenomeno inimitabile e «riconoscibile anche dove non esistono strade» come ha sentenziato Brand Finance.
La Ferrari è un capitale invidiato del miglior made in Italy, un’azienda che da vent’anni colleziona record e distribuisce utili. Nel primo semestre di quest’anno ha migliorato le performances con un fatturato di 1348,6 miliardi (+14,5%) e un utile di gestione mai visto prima di 185 milioni (+5,2%). Cresciuto anche, del 10% a 127,6 milioni, l’utile netto. Solo le vendite sono contingentate, per evitare l’inflazione e preservare il desiderio: nel primo semestre sono state 3.631, a fine anno supereranno le 7.400 e una crescita si registra anche nei mercati difficili dell’Europa (+5%) e dell’Italia (131 vetture consegnate da gennaio a giugno).
I numeri raccontano la straordinaria scalata del Cavallino in tutti i continenti, un processo di espansione realizzato negli ultimi vent’anni partendo da quel 1993 che nella storia di Maranello resta il peggiore in assoluto. Da allora il fatturato si è moltiplicato per 10, i dipendenti sono raddoppiati, le vendite triplicate e potrebbero crescere fino a 10 mila vetture. Maranello è un’isola felice nel panorama globale. Una fabbrica di sogni e di soldi che raccoglie 50 milioni l’anno solo dalle attività collaterali (cioè dalla gestione del brand tramite gli shop dedicati e internet), che si è inventata un parco tematico molto visitato ad Abu Dhabi e sta per inaugurarne un secondo a Barcellona. Il mito del Cavallino raduna inoltre decine di migliaia di visitatori nei musei di Maranello e di Modena. Tra i 62 mercati mondiali in cui il marchio è presente, grande espansione registra l’Asia. Nella Grande Cina operano 30 dealers, per una clientela di nuovi ricchi che ha l’età media più bassa: 35 anni. Gli Stati Uniti (2.035 consegne) sono il primo mercato, con picchi eccezionali in California.
Piero Bianco, La Stampa 30/10/2014