Sandro De Riccardis, la Repubblica 30/10/2014, 30 ottobre 2014
IN 64 VERSO IL PROCESSO PER LE SPESE PAZZE NELLA REGIONE LOMBARDIA: CENE DI ARAGOSTE E SUSHI, RIMBORSATO ANCHE UN BANCHETTO MATRIMONIALE. SOTTO ACCUSA ANCHE NICOLE MINETTI E RENZO BOSSI
È il racconto di un’epoca politica di spese senza freni e di senso d’impunità. Di chi pensa che coi soldi pubblici dei gruppi consiliari in Regione può pagarsi pranzi e aperitivi, spensierate serate in discoteca e cene a base di sushi e aragoste in lussuosi ristoranti milanesi. Persino organizzare il buffet del matrimonio della figlia, facendolo passare come costo di rappresentanza politica. C’è questo e molto altro nella richiesta di rinvio a giudizio dei 64 ex consiglieri della Regione Lombardia, firmata dal procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, e dai pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio. La procura contesta ai 64 politici oltre tre milioni di spese illegittime, tra il 2008 e il 2012.
Tra i politici per i quali la procura chiede il processo ci sono nomi ormai celebri come Renzo Bossi, figlio del fondatore della Lega, o Nicole Minetti, l’ex igienista dentale coinvolta nello scandalo delle “cene eleganti” di Arcore. O ancora Massimo Guarischi, ora a processo per le tangenti negli appalti della sanità lombarda e compagno di vacanze dell’ex presidente Formigoni. Ma tra gli indagati, ci sono anche l’attuale vicepresidente del Consiglio regionale, il leghista Fabrizio Cecchetti, l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni, gli ex assessori Massimo Ponzoni, Franco Nicoli Cristiani, Monica Rizzi, Romano Colozzi, Massimo Buscemi, Stefano Galli, Giulio Boscagli. Non mancano gli indagati nemmeno tra gli esponenti dell’opposizione, come Chiara Cremonesi (Sel) Luca Gaffuri, Carlo Porcari e Carlo Spreafico (Pd), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati).
Nelle quasi 700 pagine di richiesta di rinvio a giudizio inoltrata al giudice dell’udienza preliminare — dalle quali esce il Pdl Mauro Parolini che va verso l’archiviazione — ci sono oltre tre milioni di spese considerate dagli investigatori illegittime, leggermente ridotte rispetto a quelle contestate durante l’indagine. Ci sono i numeri della grande passione di Nicole Minetti per il sushi e le sue tante serate in raffinati ristoranti milanesi come “Giannino”, finite in nota spese insieme agli scontrini all’Ikea e in libreria dove l’ex soubrette ha comprato il libro Mignottocrazia , per un totale di 20mila euro. Ci sono i quasi 16mila del “Trota”, il figlio del Senatur, che dovrà spiegare i rimborsi della sua breve esperienza politica in Regione: pacchi di sigarette “Pall Mall” azzurre, consumazioni in autogrill, split per l’aria condizionata, integratori Gatorade, birre, Red Bull.
Pizze, cannoli, ciambelle, coppette di gelato e “Gratta e vinci” fanno invece parte degli oltre 27mila euro di cui dovrà rispondere un altro leghista, Pierluigi Toscani, che ha addebitato ai contribuenti anche 752 euro per cartucce da caccia. Niente a che vedere con il catering da 3300 euro del compagno di partito Roberto Pedretti, organizzato al centro sportivo di Palazzolo. Grandi e piccole cifre: come i 50 euro (su 72mila contestati) spesi dal Pdl Roberto Alboni, per un mazzo di fiori; i 171 del leghista Daniele Belotti per una macchina fotografica digitale; i mille e 640 euro per un MacBook del Pdl Alberto Bonetti Baroggi (65mila euro di rimborsi); i cento euro spesi in Mojito e Daiquiri dal leghista Angelo Ciocca; i 60 euro del pedaggio dell’Area C milanese ottenuti da un altro Pdl, Angelo Giammario. Maggioranza e opposizione si troveranno riuniti nell’eventuale processo. Perché a Chiara Cremonesi, allora capogruppo di Sel, sono stati contestati 66mila euro: dai Waferini e Viennesi Armonia, a 101 euro per “salumi vari”; da un necrologio per 353,40 a fiori per 50 euro fino a molti rimborsi per carburante, biglietti ferroviari e pranzi. A Luca Gaffuri, ex capogruppo Pd, la procura contesta spese per circa 10mila euro per pranzi e aperitivi; al suo compagno di partito Carlo Spreafico rimborsi non dovuti per 40mila in viaggi e pranzi. A Carlo Porcari, quale presidente del gruppo del Pd, 200mila euro quasi tutti in menù e coperti.
Tutti gli indagati dovranno rispondere di peculato, due di truffa. Uno, Davide Boni, avrebbe comunicato alla Regione di essere residente a Sabbioneta, provincia di Mantova, mentre si era trasferito dal 2003 a Milano: un trucco che gli avrebbe garantito un rimborso illegittimo di 25mila euro in spese di benzina. Il secondo, il leghista Stefano Galli, avrebbe invece fatto ottenere una consulenza da 196mila euro al genero, anche lui tra gli imputati del procedimento, oltre aver incassato seimila euro per il banchetto del matrimonio della figlia.
Sandro De Riccardis, la Repubblica 30/10/2014