Monica Perosino, La Stampa 26/10/2014, 26 ottobre 2014
SVEZIA, VIAGGIO NELLA CITTA’ INGHIOTTITA DALLA MINIERA
Il cuore di Kiruna batte una volta sola, tra l’una e le due di notte, ogni notte. Il letto trema, come tutto il vecchio albergo di legno, le strade, le case, le automobili parcheggiate nella piazza centrale. Con la scossa arriva un boato sordo, sale da 1.300 metri di profondità. Sono le 17 tonnellate di esplosivo fatte brillare nei tunnel della miniera di ferro sotterranea più grande al mondo, la Lkab.
Se gli albergatori si dimenticano di avvertire i nuovi arrivati, insonnoliti ospiti si riversano per strada pensando a un terremoto. Ma non è un terremoto, è il segnale che Kiruna è ancora viva. Perché la città più settentrionale della Svezia, 145 chilometri a Nord del circolo polare artico, è nata nel 1899 ed è cresciuta attorno alla sua ragion d’essere: la compagnia mineraria statale Lk, che sta per Luossavaara-Kiirunavaara, le due montagne da cui si estrae il ferro. Oggi Kiruna ha ventiduemila abitanti, due comunità sami, natura incontaminata, alci, boschi e decine e decine di migliaia di renne. Un paradiso in terra. Un paradiso che lentamente sprofonda, affondato da centinaia di tunnel sotterranei che con gli anni hanno consumato la terra. E i cedimenti ormai sono arrivati a lambire la vecchia stazione ferroviaria e le prime case di legno.
La città famosa per l’albergo di ghiaccio, le magnifiche aurore boreali e l’avveniristico Space Hub ora lo sarà per un altro motivo: Kiruna si prepara a traslocare 3 chilometri più a Est. Oltre 3.000 case, diversi alberghi, uffici, scuole, negozi, ospedali, saranno svuotati uno dopo l’altro. Alcuni verranno ricostruiti, altri verranno smontati e rimontati pezzo per pezzo. La prima colata di cemento per le fondamenta del Comune è stata gettata. Sarà il primo a partire, in primavera.
Il progetto - per cui la Lkab ha stanziato 350 milioni - non è nato in una notte. Ci studiano da quando, il 16 marzo 2004, la Lkab scrisse al Comune di Kiruna: «La miniera sta avanzando, in pochi anni saremo troppo vicini alle case». Da allora un gruppo di architetti, antropologi, sociologi e psicologi ha lavorato per il mega trasloco. «Ci sposteremo come un millepiedi – spiega Ulrika Isaksson, del Comune di Kiruna – con strade e piazze che cominciano a strisciare a est, lungo la nuova via principale». Ma spostare una città non significa spostare solo «cose». Ulla, 31 anni, fa la fiorista in un centro commerciale. Indica un muretto di mattoni: «Qui ho dato il mio primo bacio». Alza lo sguardo verso l’ospedale: «Lì è nato Matthias, il mio primo figlio. Dove finiranno i nostri ricordi?». Il gruppo di lavoro ce la sta mettendo tutta, per spostare anche i «ricordi»: mentre gli architetti disegnavano, i sociologi mappavano le case, le relazioni sociali i desideri di chi ci viveva, la distanza da parenti, amici, negozi e fermate d’autobus, per ricreare condizioni di vita uguali, o perfino migliori. Nella nuova Kiruna avranno una nuova piazza, e la vecchia chiesa di legno, un palazzetto del nuoto e l’antico pub in legno.
E alla fine nessuno sembra rimpiangere il passato, anche perché «noi e la miniera siamo simbiotici – dice il vicesindaco Niklas Siren - . La città non esisterebbe senza miniera e viceversa. E d’altronde, se non ci fosse stato il ferro a chi mai sarebbe venuto in mente di venire a vivere quassù?».