Jacopo Tondelli, Wired 11/2014, 29 ottobre 2014
UN MAGO ALLA CORTE DELLO ZAR
«A quindici anni feci uno spettacolo di magia per alcuni membri della famiglia Agnelli. Io, giovane mago di Torino, capisci bene l’onore, l’emozione... Tornai a casa un po’ esaltato e raccontai tutto a mia madre. O meglio, ci provai, perché lei mi disse: “Piantala, tu là, in quella casa, ci entri dalla porta di servizio, e adesso per piacere rimettiti subito a studiare”».
Walter Rolfo oggi è uno splendido quarantenne, brillante e gentile, di successo ma non arrogante, che guadagna bene ma non sembra sfoggiarlo. Di strada ne ha fatta tanta, da allora, e la passione per la magia è diventata un lavoro, anzi ormai è una vera e propria impresa, con tre società, tutte in Italia, tasse da pagare, burocrazia da smazzare e l’agenda dello one-man-show sempre piena di impegni: televisione, seminari, corsi di formazione. «Il nostro network, coordinato da una decina di collaboratori più stretti, è composto da 1350 maghi, i migliori professionisti dell’illusionismo». Ma come si diventa maghi professionisti? Anzi, come si fa un’impresa fondata sulla magia?
Di formazione Walter Rolfo è ingegnere gestionale. «Gli studi, pur sostenuto da una famiglia meravigliosa, me li sono pagati con gli spettacoli di magia». Ma di mestiere, lo abbiamo detto, fa il mago. E che mago, ragazzi. Anche perché lui non è uno qualsiasi, ma un mago da Guinness dei primati, racconta con quell’aria orgogliosa ma mai “sborona” che alla lunga quasi ti innervosisce: «Sono finito nel Guinness con il record mondiale di conigli estratti dal cilindro».
Prego? «Sì, certo: abbiamo fatto uscire 300 conigli dal cilindro ed è un record ancora imbattuto. Mentre invece mi hanno battuto un altro record: quello di bicchieri rotti con la forza del pensiero».
Sembra un gioco o, peggio, il non-lavoro di un furbo che ha trovato il modo di campare senza faticare. Errore. Basta vedere l’agenda e la carriera del mago Walter per capire che lui si diverte, certo, ma si fa anche un gran mazzo.
«Come è iniziato tutto questo? Le prime cose le ho fatte a dodici anni, la mia passione è nata allora, guardando il mago Silvan in tv. Anche se di recente ho scoperto che alcuni anni prima avevo letto un libro di Piero Angela, Viaggio nel mondo del paranormale, che ha contribuito a far nascere questa mia passione». Silvan, Piero Angela: Walter Rolfo è un figlio di mamma Rai. Ma non solo. «Quando ormai avevo deciso che di mestiere volevo fare il mago, che volevo lavorare nel mondo dello spettacolo, decisi di provare a sfondare. E mi misi in testa che la porta principale passava per un’ospitata al Maurizio Costanzo Show, ma non sapevo davvero come arrivarci».
Accanto a noi, mentre parliamo, siede la pr che segue il mago. Si chiama Luana Codignoni ed è un nome che non passa inosservato: relazioni pesanti, dalla Russia di Putin, in cui ha introdotto anche Rolfo, all’Africa che ha portato tanti voti all’Expo promosso a suo tempo da Letizia Moratti; da Paolo Scaroni, per un decennio monarca quasi assoluto di Eni, a Silvio Berlusconi in persona. Il network di Codignoni – è cosa nota – è questo. Davvero facevi fatica a farti invitare al Costanzo Show? «Luana è amica di famiglia da un sacco di anni ma lavora con me da poco. Quando volevo andare a tutti i costi da Costanzo dovevo fare tutto da solo, e ci riuscii». Come? «A quel tempo vivevo a Roma e ho iniziato a chiedere a tutti, ma proprio a tutti, negozianti di quartiere compresi, se avevano un canale anche indiretto che portasse al Costanzo Show». Metodo classico, niente magie insomma. «E finalmente, dopo settimane di bombardamenti a tappeto, un conoscente di un amico stava nello stesso condominio di una delle segretarie della trasmissione. Allora, ho fatto in modo di consegnarle una breve presentazione del mio lavoro, della mia magia, e due mesi dopo, finalmente, mi hanno chiamato». Non è solo un aneddoto, per Walter Rolfo: questo inizio non facile, questa strada non spianata che lui racconta sono vere e proprie immagini di cosa sia la vita, e soprattutto di che funzione può avere la magia nella vita.
«La magia mi ha insegnato che davvero nulla è impossibile, che niente è interdetto alle nostre possibilità, se davvero vogliamo. Di fronte a qualunque tipo di proposta, magari difficilissima, o che magari sembra impossibile, la maggioranza di noi si arrende istintivamente, partendo dal presupposto che non si può fare. La magia ti insegna, invece, a dire: pensiamoci un attimo, che magari si può fare in un altro modo». In Russia, davanti a una platea entusiasta di oligarchi, il nostro mago l’ha spiegata così, qualche mese fa: «Non ci rendiamo conto che è l’impostazione essere sbagliata: non possiamo raggiungere un certo budget perché c’è la crisi? No, sbagliato. Non si raggiunge il budget perché non si aprono nuovi mercati, non si raggiungono nuovi clienti, non si cercano strade alternative».
Magia come metodo di management. E magia, meglio illusionismo, come tecnica di gestione. Ma quanto deve, un mago al top come Walter Rolfo, alla distrazione delle persone? In che misura la loro disattenzione è un ingrediente del suo successo? «Oh, io devo moltissimo alla loro disattenzione, e alla mia capacità di gestire la misdirection, un fenomeno studiato anche da uno psichiatra come il veneziano Matteo Rampin». Cioè? «A differenza di ciò che crediamo tutti, la nostra mente è monotasking, riesce a fare solo una cosa alla volta e per me è importante convincere chi mi guarda che la cosa importante sta succedendo qui (e con gli occhi indica due dita della mano destra, tra le quali sta in sospensione un foglietto di carta), mentre invece magari sta succedendo qui (e gira gli occhi verso la mano sinistra). Il nostro riuscire a seguire davvero una sola cosa, in fondo, è ben noto ai politici, che sono bravissimi nell’arte della misdirection...».
Saremo anche monotasking, ma Rolfo sembra invece un perfetto multitasker, è ormai una vita che fa molte cose insieme e, pare, piuttosto bene. Per un decennio quasi ha lavorato in televisione, alla Rai. Era conduttore/autore e contemporaneamente continuava a fare spettacoli di magia. «Ma lì mi chiesero di smettere: mi dissero che non ero credibile come conduttore se intanto facevo il mago». Tra (credibili?) lezioni di credibilità subite e spettacoli di successo come Inganni. Manuale di difesa con la regia di Alessandro Marrazzo, il cammino di Walter Rolfo sembra oggi a un punto di solta ormai consolidato. La magia resta la protagonista, la pietra su cui l’intera carriera ha preso slancio, tanto che Rolfo è il presidente dei mondiali di magia che si terranno a Rimini nel luglio 2015.
Ma ormai l’impresa fondata attorno lui non ha più i tratti del sogno di un bambino che guardava Silvan, ma quelli di un’azienda vera e propria. Onori e oneri. «Ho creato una società che fa solo spettacoli di magia, abbiamo 15 dipendenti, siamo diventati in un anno e mezzo leader mondiali e abbiamo fatto nascere un mercato dove non esisteva. Sogno di vedere all’opera il Cirque du Soleil della magia, una magia 3.0 come sono io: senza bacchetta, senza cilindro, per rendere straordinaria ogni cosa ordinaria». E poi c’è la formazione, un business in forte crescita. «Sempre più aziende cercano la Blackship, la mia società che si occupa solo di formazione, e mi chiedono di aiutare i loro dipendenti a guardare in meno pessimismo il momento presente. Quest’anno ho tenuto 16 corsi di formazione e team building ispirati alla filosofia del pensare come un mago su come realizzare l’impossibile».
Il business comincia a mettere robuste radici anche all’estero. «Recentemente sono stato chiamato a Mosca per dare ai manager della Comunicazione e Corporate Media e dei colossi industriali come Aeroflot, Gazprom, Ferrovie Russe, idee, suggestioni e metodi per sperimentare nuove strategie di vittoria sulla stagnazione economica, sempre esponendo tecniche di inganno per spiegare che è l’impostazione a essere sbagliata, cercando di trasmettere la tecnica del “pensare strano”, sperimentando nuovi metodi per aumentare l’efficienza del team». Dalla Russia all’Italia la filosofia non cambia: «Spesso e volentieri vediamo tutto nero perché guardiamo la realtà da premesse sbagliate, o quantomeno non partendo dalle uniche premesse possibili, ma da quelle che a noi sembrano le uniche possibili». Abbiamo capito bene? Proviamo a tradurre: le aziende devono tagliare e chiamano te per convincere i lavoratori che un licenziamento non è poi la fine del mondo, che dipende dalle premesse eccetera. Giusto? Non ti senti neanche un po’ in colpa?
«Ma non è così, non è necessariamente così, e poi io credo davvero al messaggio positivo che porto, e al fatto che anche quando entro in un’azienda in crisi posso dare nuovi strumenti per guardare in altro modo una realtà difficile, certo, ma non impossibile, perché, lo ripeto, nulla è impossibile».
Le premesse le guardi in un altro modo, non c’è dubbio, dopo che quel giorno d’inverno eri sulla Costa Concordia, quel dannato 13 gennaio 2012 dell’inchino al Giglio e tutto il resto. Non ve l’avevamo detto? Walter Rolfo quel giorno c’era, imbarcato tra i crocieristi, «poco prima mi preoccupavo come tutti di cose di scarsa importanza» e qualche minuto dopo si chiedeva se ci sarebbe stato un dopo. Oppure, come dice lui, guardava le cose e la vita partendo da un’altra prospettiva. Ne ha parlato anche in un Ted Talk che si trova facilmente in rete, di quegli 11 minuti di panico e paura che ti insegnano che la vita è fragile, e che prendere sul serio le premesse sbagliate è sciocco e succhia energie inutili.
Nulla è impossibile, dunque, ma ci devi credere davvero, se hai fondato diverse società, tutte in Italia, che tra burocrazia e tasse fare impresa, in Italia, un po’ impossibile sembra. O no? «Ecco sì, devo dire che di fronte alle complicazioni inutili e alla fatica che ti viene imposta dallo Stato la tentazione di arrendersi e lasciare perdere ogni tanto l’ho avuta. Quando penso ai burocrati italiani, in effetti, alle volte penso che questi siano perfino più matti di me».
Soltanto la burocrazia italiana toglie il sorriso e la diplomazia a Walter, sempre gentile e sorridente, impermeabile alle provocazioni. Sembri uscito da quel motto sui torinesi “falsi e cortesi”, provo a stuzzicarlo. Ridiamo: «Senti, che vuoi che ti dica, a me piace far stare bene le persone, mi gratifica vedervi sorridere e la faccia che fate quando faccio questo», e intanto inizia ad armeggiare con un mazzo di carte.
Aspetta aspetta, prima una questione: nulla è impossibile, giusto? Neanche farsi una famiglia quando si è sempre in viaggio, sempre all’inseguimento del punto di equilibrio tra il mago, l’imprenditore, l’uomo di tv... «Ehhh... quello è un bel casino. Arriviamo sempre al punto “Ma conto più io o più il tuo mazzo di carte?”». Un punto complicato, hai voglia a cercare il coniglio nel cilindro. «La verità, forse, è che ho ancora troppa voglia di essere io quello che fa gol, e non di avere un figlio da portare ai campetti per guardarlo assatanato, sperando che faccia gol per essere un padre tutto orgoglioso».
Addirittura un umanissimo difetto, dopo tanta eccellenza? Be’, con questo possiamo considerare chiusa l’intervista.
«No no, aspetta, devo farti un gioco con le carte. Ehi, rilassati, perché tieni le braccia così chiuse e conserte? Non ti voglio fregare, non ti voglio fare niente di brutto, mica ti rubo il portafoglio».