Deborah Hellmann; Hans-Peter Erb, Mente & cervello 11/2014, 29 ottobre 2014
LA FORZA DEI SONDAGGI
Ormai esprimiamo la nostra opinione su ogni argomento: da «quale partito voterebbe se andassimo alle urne domenica?» fino a «chi è la top model più sexy del momento?». E i risultati dei sondaggi, con istogrammi o diagrammi a torta colorati, inondano programmi tv e giornali.
In democrazia le decisioni vengono prese secondo il parere della maggioranza. Non sorprende, perciò, il nostro interesse riguardo all’umore prevalente della popolazione su un dato argomento; gli psicologi sociali la definiscono informazione sul consenso. In una società l’atteggiamento prevalente orienta e definisce l’idea di «normalità».
I risultati dei sondaggi consentono di confrontare la nostra opinione con quella altrui, il cosiddetto confronto sociale, anche questo un concetto che appartiene alla psicologia sociale. La teoria del confronto sociale, formulata negli anni cinquanta dallo psicologo Leon Festinger, è fra le più conosciute in questo ambito della psicologia, e afferma che gli esseri umani sentono il bisogno fondamentale di misurare il loro parere con gli altri, come risposta adeguata all’ambiente. Questo confronto permette di valutare meglio la nostra posizione, e dunque di conoscere meglio noi stessi. Secondo Festinger è importante ricavare un’immagine di sé il più precisa possibile. E grazie ai risultati dei sondaggi impariamo qualcosa su di noi, oltre che sulle convinzioni prevalenti nella società.
Ma perché ricorrere ai sondaggi quando desideriamo confrontare con gli altri il nostro parere? In fondo sarebbe più facile chiederle direttamente a chi ci circonda. Salta subito agli occhi un vantaggio del confronto «astratto»: è meno laborioso che prendere carta e penna e intervistare vicini di casa, amici e colleghi. E poi quando ci rivolgiamo a persone tutte dello stesso ambiente ricaviamo un quadro verosimilmente distorto.
Cosa pensano gli altri?
Guardare i risultati dei sondaggi ci risparmia eventuali «costi sociali»: magari le nostre domande curiose potrebbero essere giudicate inopportune. Così evitiamo discussioni, o addirittura conflitti. In più nello scambio di opinioni si rischia lo scontro fra idee opposte, con le inevitabili discussioni. Ma soprattutto la maggior parte di noi apprende con disappunto di sostenere il parere di una minoranza.
Il nostro gruppo di lavoro ha ipotizzato che teniamo conto soprattutto dei sondaggi su argomenti riguardo ai quali abbiamo un’idea forte, che di solito si manifesta rapidamente e in modo risoluto. Nelle nostre ricerche abbiamo valutato, per cominciare, la rapidità con cui i soggetti esprimevano un parere – per esempio, «credo che i ragazzi dovrebbero frequentare la scuola per 13 anni prima del diploma di maturità» – e quanto il parere era estremo. Dopo una pausa, abbiamo presentato ai volontari che partecipavano a una ricerca, in apparenza priva di relazione, un istogramma che avevamo inserito in una pagina del settimanale «Der Spiegel» con Photoshop. Mostrava l’esito di un presunto sondaggio sull’argomento. I soggetti con un’opinione forte sulla durata della scuola si sarebbero poi ricordati il risultato del sondaggio in modo più preciso rispetto ai titubanti; al contrario, chi era interessato al tema «durata della scuola fino al diploma», ma era senza un parere deciso, prestava poca attenzione al diagramma.
Forse ci interessiamo ai risultati dei sondaggi perché abbiamo bisogno di confrontare il nostro punto di vista? Ce ne siamo occupati in diversi studi, ricorrendo a un fenomeno ben noto, ossia lo spiccato bisogno di confronto sociale quando diventiamo consapevoli della nostra mortalità. I partecipanti, che in precedenza avevamo sollecitato a riflettere sulla loro morte, dedicavano più attenzione al risultato di un sondaggio rispetto a chi aveva riflettuto su un argomento diverso.
Ma – viene da chiedersi – conoscere il giudizio della maggioranza si ripercuote sull’atteggiamento dei singoli individui? Nella scienza politica si discute, per esempio, se i risultati dei sondaggi non influenzino l’opinione pubblica, oltre a rifletterla. È una domanda decisiva, specie negli studi elettorali. Diversi ricercatori presumono, infatti, che i trend pubblicati dagli istituti demoscopici modifichino l’esito del voto, soprattutto tenendo conto che negli ultimi anni la copertura giornalistica dei sondaggi è più che decuplicata.
Nel 2000, Frank Brettschneider, dell’Università di Hohenheim, ha diviso in due la presunta azione dei sondaggi, vale a dire l’affluenza alle urne e la decisione di voto. Per esempio, un testa a testa nei sondaggi può mobilitare gli elettori a esprimere il voto e aumentare l’affluenza alle urne. Viceversa, gli elettori potrebbero disertare i seggi nel caso in cui i sondaggi esprimano un chiaro vincitore. In base all’«effetto emulazione» diamo il nostro voto al candidato, o al partito, in vantaggio. È un fenomeno conosciuto anche in psicologia sociale: tendiamo ad adattare il nostro modo di vedere alla maggioranza, il cosiddetto «istinto gregario». Resta da chiarire in quale misura i risultati delle proiezioni elettorali ci influenzano come elettori.
In diversi esperimenti abbiamo verificato come il parere della maggioranza influenzi l’individuo. A metà dei partecipanti abbiamo presentato – ancora su una pagina del «Der Spiegel» – il risultato di un presunto sondaggio in base al quale il 74 per cento degli intervistati era favorevole a una durata scolastica di 13 anni prima della maturità. La seconda metà dei partecipanti veniva invece a sapere che il 74 per cento dei presunti intervistati era sfavorevole a una durata scolastica di 13 anni. Alla fine abbiamo chiesto ai partecipanti di mettere per iscritto ogni pensiero che era passato loro per la mente guardando gli istogrammi. Chi aveva scoperto che la maggioranza si era espressa a favore di un ginnasio di nove anni aveva annotato idee favorevoli, e si era espresso sull’argomento più positivamente di chi aveva ipotizzato che il 74 per cento fosse sfavorevole a una durata scolastica di 13 anni. Sorprendentemente, il risultato era indipendente dal parere positivo o negativo sostenuto all’inizio dell’esperimento: erano influenzabili comunque. In altre parole, adattavano le proprie idee alla maggioranza.
Strategie di difesa
Il pensiero della maggioranza attiva precisi meccanismi mentali, e può modificare il modo di pensare di chi ne viene a conoscenza. La posizione della maggioranza è vista, infatti, sotto una luce positiva. Non sempre ci adeguiamo al parere della massa in modo cosciente; l’influsso è indiretto. Per esempio, se un sondaggio ci dice che la maggioranza degli intervistati ha una certa opinione attiviamo involontariamente pensieri di approvazione, un effetto indipendente dal nostro punto di vista originario. Se in un primo tempo sosteniamo una tesi opposta, non saremo d’accordo con la maggioranza; eppure il nostro parere cambierà, nella direzione di quello prevalente. Ammettiamo con fatica di essere soggetti a questi influssi sociali; del resto, chi vorrebbe essere influenzabile, o venire considerato tale? Eppure lo siamo.
Allora, come evitare l’influsso del parere altrui? Chi ne è consapevole si può difendere, magari analizzando criticamente le proprie idee e avendo chiare le proprie tesi rispetto al parere della massa, una strategia definita considering the opposite.
Il grado di influenza dei risultati dei sondaggi, e come prevenirlo, sono temi scottanti, anche perché il numero di elettori indecisi fino all’ultimo è aumentato, e quello degli «elettori convinti» si è notevolmente ridotto.
Oggi l’elettore è difficilmente prevedibile, e dunque l’effetto delle previsioni elettorali assume una nuova valenza, per l’influenzabilità degli elettori, specie di quelli incerti.
Allora nell’imminenza delle votazioni dovremmo vietare le previsioni elettorali? In effetti nel nostro paese è vietato diffondere i risultati di sondaggi politici nei 15 giorni precedenti la data delle elezioni e fino alla chiusura delle operazioni di voto. Anche in Francia, in Spagna e in Portogallo i risultati delle intenzioni di voto non si possono pubblicare a una o due settimane dalle elezioni. In Germania invece simili divieti non esistono, ma è proibito pubblicare sondaggi elettorali a urne aperte, ossia il giorno delle elezioni. Sebbene con modalità diverse, lo scopo di queste regole è quello di non influenzare gli elettori, lasciando a ogni cittadino la possibilità di esprimere liberamente il proprio voto.