Emiliano Bernardini e Daniele Magliocchetti, Il Messaggero 29/10/2014, 29 ottobre 2014
CANDREVA: «LAZIO MIA, SE TI AVESSI INCONTRATO PRIMA»
Da nemico pubblico a idolo tutto in poco più di mille giorni. Tanto è servito ad Antonio Candreva per trasformare i fischi dei tifosi della Lazio in applausi scroscianti. «Il primo giorno che sono arrivato a Formello lo ricordo ancora. C’erano molte persone qui al centro sportivo e quando sono passato con la mia macchina, avevo una 500, mi hanno insultato pesantemente per il fatto che ero tifoso della Roma».
Quindi è stato costretto a nascondersi dai tifosi nei giorni seguenti?
«In un certo senso sì. Arrivavo sempre molto presto la mattina, non volevo trovare nessuno all’entrata di Formello. Questo mi consentiva di isolarmi e di lavorare con tranquillità. Abitavo ad Anzio in quel periodo, una casa che avevo già. Non ero sicuro di restare e quindi ho fatto questo sacrificio. Alla fine ne è valsa la pena».
Non sono stati affatto giorni semplici.
«Assolutamente no. Non riuscivo a vedere luce, non vedevo miglioramenti e non giocavo bene. Ricordo che a Madrid, eravamo lì per la gara di Europa League, mi dissi Antonio te ne devi andare».
Ci spieghi meglio.
«Erano passati 25/30 giorni dal mio approdo in biancoceleste e la situazione era sempre più pesante. Anche se resto non sarò mai amato veramente, ripetevo a me stesso. Poi anche le successive partite non sono state assolutamente all’altezza e ho pensato: a fine stagione me ne vado».
Qual è stata la gara della svolta?
«Sicuramente la sfida dell’Olimpico con il Napoli (era il 7 aprile ndr). Non avrei dovuto nemmeno giocare da titolare, ero in ballottaggio proprio perché non stavo andando benissimo. Poi il mister mi lanciò dal primo minuto e fui fortunato perché trovai il gol dopo appena nove minuti. Lì è scattata in me una molla che mi ha dato molta serenità».
Adesso invece i tifosi stravedono per lei.
«Questo mi fa molto piacere, non sono mai stato così tanto amato. In nessuna delle società dove ho giocato sono stato così tanto apprezzato sia come calciatore che come uomo e di questo sono veramente orgoglioso».
È per questo che ora vuole diventare capitano e bandiera della Lazio?
«Direi un mix di tutto questo. Alla Lazio mi sento a casa e quindi vorrei diventare un punto di riferimento per questa società perché adesso mi sento un tifoso biancoceleste. Quando scendo in campo rosico se perdiamo o se magari ci fanno un torto. Mi sento responsabile quando indosso questa maglia».
Questo smentisce tutte le voci che la volevano via da Roma.
«Io ho sempre voluto rimanere alla Lazio. È quello che ho ripetuto ai miei procuratori fin quando è iniziata tutta questa storia. È vero ci sono state diverse squadre che si sono fatta avanti, ma ripeto ho sempre desiderato firmare con la Lazio».
E allora la Champions e la casa a Torino?
«Tutte voci. Smentisco tutto. La mia risposta sulla Champions è stata travisata. Io ho solo detto che mi sarebbe piaciuto giocare la Champions League, ma questo credo che sia il sogno di ogni giocatore. Ma da lì a dire Candreva se ne vuole andare... Mai preso casa a Torino, anzi la cosa mi ha fatto molto arrabbiare e innervosire».
Poi il 22 settembre la tanto sospirata firma.
«La sera prima ho avuto un incontro con il presidente Lotito nel quale abbiamo trovato l’intesa. La mattina dopo sono venuto prestissimo a Formello e ho messo nero su bianco. Sono stato molto felice tanto che sono corso in radio a dirlo a tutti i tifosi».
Che giocatore è Antonio Candreva?
«Nasco mezzala, ruolo che ho ricoperto a Cesena, a Parma e anche nella Juventus. Esterno lo sono diventato qui alla Lazio. Non pensavo di avere queste doti e adesso guai a chi mi tocca la fascia».
Anche quella di capitano?
«Vorrei tanto diventare capitano della Lazio ma non voglio passare da presuntuoso. Adesso mi sento pronto e magari chissà un giorno mi faranno questo regalo».
Gol sì, ma soprattutto uomo assist...
«A me da piccolo piaceva molto più fare assist che segnare. Mi esaltavo per un bel passaggio o quando mandavo in porta un mio compagno. Per me era come fare gol. Ora è la stessa cosa».
Le punizioni le calcerà Biglia?
«Ride, ndr. Dopo quella che ha segnato con il Torino gli ho detto: Guarda che adesso non è che te le faccio tirare tutte eh?! Scherzo, magari le tirasse tutte così».
Una delle critiche che le fanno è quella di essere egoista.
«Questa cosa mi fa arrabbiare da matti. Bisogna essere realisti io posso piacere o no ma mi dà fastidio che non si dica la verità sulle persone».
Corre, segna e fa assist. Ma nella vita privata Antonio chi è?
«Sono un ragazzo introverso, non do molta confidenza. Un piccolo difetto che ho è che sono permaloso. Dentro lo spogliatoio però sono uno molto sorridente, faccio scherzi a tutti. Sono anche un pantofolaio, non mi piace molto uscire, preferisco stare con mia figlia». Lei è un tipo scaramantico? La barba lunga ha qualche significato?
«La barba è un’anno che la faccio crescere ma non è assolutamente un fatto di scaramanzia. All’inizio non mi piaceva, poi mi hanno fatto notare che mi stava bene e allora ho deciso di lasciarla. Ho un rito però: allaccio prima la scrpa sinistra e poi quella destra».
Un sogno che vorrebbe realizzare con la maglia della Lazio?
«Ne ho tanti. Resto con i piedi per terra e dico: Vorrei raggiungere quest’anno il terzo posto».
E lo scudetto?
«Scudetto è una parola grandissima. Ci sono squadre molto attrezzate, alla Lazio manca ancora qualcosa per lottare insieme a Juventus e Roma. Il salto che dobbiamo fare non è così grande ma il gap c’è. Quest’anno c’è la volontà di vincere sempre, ce la giochiamo con tutti perché sappiamo che siamo forti».
Un mentalità che ha riportato la gente allo stadio...
«È proprio quello che volevamo, riportare entusiasmo, vedere lo stadio come domenica ci dà una carica pazzesca. Vorremmo vederlo così tutte le domeniche perché i tifosi sono la nostra forza».
Il segreto è anche Pioli...
«Lui è sicuramente l’arma in più. Ci sta facendo fare un grosso salto di qualità per quanto riguarda la mentalità».
Capitolo Nazionale?
«Conte è veramente forte è un mister perfetto sotto tutti i punti di vista. Se guardo indietro brucia ancora tanto la delusione mondiale. Guardando avanti vorrei poter giocare l’Europeo in Francia e giocarlo da protagonista».
Domani la sfida con il Verona, guardando gli altri incroci un’occasione ghiotta per la Lazio.
«Non dobbiamo assolutamente fare l’errore di andare a Verona convinti di aver già vinto. Ricordiamoci il 4-1 dello scorso anno. Tanto più che loro dopo i sei gol subiti dal Napoli avranno cominciato a preparare la sfida già dallo spogliatoio del San Paolo. Dobbiamo restare con i piedi per terra, certo però che se vinciamo...»