Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 29/10/2014, 29 ottobre 2014
QUANT’È DIFFICILE FARE IMPRESA IN ITALIA TRA CREDITO, GIUSTIZIA E FISCO. SECONDO L’ULTIMO STUDIO DELLA BANCA MONDIALE CI SONO MIGLIORAMENTI NEL RANKING DOING BUSINESS MA IL PAESE RESTA TRA GLI ULTIMI DELL’EUROZONA
L’Italia migliora leggermente nella regolamentazione per svolgere un’attività d’impresa, secondo lo studio "Doing Business 2015" della Banca mondiale pubblicato oggi, ma scivola in classifica al 56esimo posto, su 189, superata, rispetto allo scorso anno, da Panama, Bahrein, Ungheria e Turchia.
Il nostro Paese ottiene un punteggio di 68,48 (su 100) dal 68,19 del rapporto 2014. Al primo posto è Singapore con 88,27. L’Italia è in coda non solo agli altri grandi Paesi industriali del G-7, ma figura anche fra gli ultimi dell’Eurozona (davanti solo a Lussemburgo, Grecia, Cipro e Malta), a testimonianza della necessità di riforme strutturali per rendere più facile lo svolgimento di un’attività d’impresa e quindi, in ultima analisi, favorire la crescita.
Il miglioramento più significativo registrato in Italia dagli economisti della Banca mondiale riguarda l’avvio di un’impresa, dove l’eliminazione del capitale minimo per le società a responsabilità limitata ha facilitato la costituzione delle imprese. In quest’area l’Italia si colloca al 46esimo posto. Il "punteggio" è di 91,22, a riprova che la distanza dai migliori è minima.
Altri settori dove la regolamentazione in Italia è valutata positivamente sono il commercio internazionale, la registrazione della proprietà, l’allacciamento dell’elettricità, le procedure di insolvenza e la tutela degli azionisti di minoranza.
Gli elementi di difficoltà per le imprese italiane individuati dalla Banca mondiale sono ben noti. Anzitutto, la possibilità di far rispettare i contratti, che vede l’Italia addirittura al 147esimo posto. I tempi della giustizia civile sono biblici: 1.185 giorni, secondo lo studio. Le altre aree più critiche sono l’accesso al credito, dove l’Italia si colloca all’89esimo posto, con un punteggio di 45 su 100, e il pagamento delle tasse, per numero di pagamenti (15), tempo necessario (269 ore l’anno) e aliquota totale come percentuale dei profitti (65,4). Sotto quest’ultimo profilo l’Italia è al 141esimo posto nella classifica di Doing Business e il suo punteggio 62,13 su 100. Quanto alla regolamentazione del mercato del lavoro, il rapporto nota che sono state allentate le condizioni per l’utilizzo di contratti a tempo indeterminato, ma ne è stata ridotta la durata massima a 36 mesi.
I Paesi industriali dell’Ocse restano la destinazione dove è più facile svolgere un’attività d’impresa, dal punto di vista della regolamentazione. Ai primi dieci posti si sono confermati gli stessi Paesi dello scorso anno, capeggiati da Singapore, Nuova Zelanda, Hong Kong, Danimarca e Corea.
Fra le economie del G-7 sono nella Top 10 Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma la Banca mondiale nota anche che i Paesi della periferia d’Europa messi sotto pressione dalla crisi dell’area dell’euro, in particolare l’Irlanda (che figura fra i primi 10 nel mondo per i miglioramenti negli indicatori), Portogallo, Spagna e Grecia, «hanno realizzato il maggior numero di riforme che rendono più facile fare business», afferma Augusto Lopez-Claros, direttore del gruppo della Banca mondiale che elabora gli indicatori globali.
«Il successo o il fallimento di un’economia – dice Kaushik Basu, capo economista della World Bank – dipende da molte variabili: fra queste, spesso sottovalutate, ci sono gli ingranaggi che facilitano l’intrapresa e l’attività economica. Voglio dire, le regolamentazioni che determinano quanto sia facile avviare un’impresa, la velocità e l’efficienza con cui i contratti sono fatti rispettare, le procedure burocratiche necessarie per il commercio estero e altro. Migliorare queste regole è pressoché a costo zero, ma può giocare un ruolo decisivo nel promuovere crescita e sviluppo».
Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 29/10/2014