Roberto Mania, la Repubblica 29/10/2014, 29 ottobre 2014
PER LA CAMUSSO «RENZI È A PALAZZO CHIGI PER VOLERE DEI POTERI FORTI. LO HA AMMESSO MARCHIONNE E NESSUNO LO HA MAI SMENTITO. ECCO PERCHÉ NON PARLA CON NOI, MA SOLO CON LE CORPORAZIONI. MANOVRA E JOBS ACT SI POSSONO CAMBIARE. FAREMO LO SCIOPERO GENERALE»
[Intervista] –
A un certo punto Susanna Camusso interrompe questa intervista, si alza, sigaretta in mano, e va verso la bacheca del suo ufficio con affaccio su Villa Borghese. Tra foto, messaggi, ricordi e volantini della Cgil, c’è un lancio di agenzia con una dichiarazione di Sergio Marchionne del 2 ottobre scorso. Parla del mercato del lavoro, l’ad di Fca, della necessità di togliere «i rottami dai binari». Ed è questo, spiega, il compito affidato a Renzi. Precisa: «L’abbiamo messo là per quella ragione lì».
Il segretario generale della Cgil si risiede: «Vede, quella dichiarazione non è mai stata smentita. A me colpisce molto che un cittadino svizzero che ha spostato le sedi legale e fiscale della Fiat all’estero possa dire del nostro presidente del Consiglio “L’abbiamo messo là” e che lo possa fare senza suscitare alcuna reazione».
Cosa vuol dire, segretario?
«Questo spiega l’attenzione del governo nei confronti dei grandi soggetti portatori di interessi particolari».
Il governo dei “poteri forti”?
«Quelle parole di Marchionne illustrano meglio di qualsiasi altro ragionamento perché questo governo non ha alcuna disponibilità a confrontarsi con chi, come i sindacati, rappresenta interessi generali, non corporativi».
Ma il governo non copiava, secondo la Cgil, i documenti preparati dalla Confindustria? E Confindustria non rappresenta tutte le imprese?
«Il governo copia le proposte delle grandi imprese di Confindustria».
Dove sono in Italia le grandi imprese?
«La Fiat, le partecipate dal Tesoro... Ce ne sono e sanno fare lobby».
Eppure Squinzi ha detto che il taglio dell’Irap è “un sogno” che vale per tutte le aziende.
«Constato che per come è la norma dell’Irap favorirà prevalentemente le grandi imprese riducendo i loro costi. Ma non avrà alcun effetto sull’occupazione».
La Cgil, dunque, non rinuncia all’idea di cambiare la legge di Stabilità.
«Non rinunciamo affatto all’idea di poter cambiare la Stabilità come le riforme che sono state presentate. Non si può pensare di cambiare la pubblica amministrazione tagliando i posti di lavoro e non tagliando le 30 mila stazioni appaltanti dove si annidano gli interessi dei poteri forti, quelli che paralizzano l’attività della pubblica amministrazione. Faccio un altro esempio: il Tfr è salario differito, i fondi integrativi sono frutto della contrattazione. Questo governo vuole aumentare le tasse sul Tfr e penalizzare la previdenza integrativa. E i sindacati non avrebbero titolo a discuterne? Aggiungo, in generale, che una politica economica espansiva non può ridursi al taglio delle tasse e della spesa. Come dimostra la ripresa americana sono necessari gli investimenti anche pubblici».
Con quali risorse?
«L’abbiamo già detto: serve una patrimoniale. Ce l’ha anche la Germania».
Ma il governo ha detto che con voi non contratta.
«Mi pare che la parola contrattare sia diventata un’ossessione di questo governo. Noi non abbiamo dubbi che le leggi vadano discusse e approvate in Parlamento. Siamo talmente convinti che ci preoccupa l’ampio uso che si fa del voto di fiducia. E poi questo governo non può certo dire che non ci siano state trattative extraparlamentari come per esempio sulla legge elettorale, sulle riforme istituzionali o sulla riforma delle giustizia con l’ordine degli avvocati. Non ci si confronta solo con chi ha una rappresentanza generale. Anche se il ministro Poletti quando ha aperto l’incontro di lunedì non ha escluso la possibilità di un intervento del governo per emendare, eventualmente, la legge di Stabilità. Poi l’incontro è finito in un altro modo. Non so perché. E non so nemmeno perché su alcuni giornali sia stato raccontato un incontro diverso da quello al quale ho preso parte io. Continuo a pensare che sia stato surreale il fatto che i ministri non si siano espressi sulle nostre osservazioni. Si ascoltano le corporazioni, ma non chi rappresenta il lavoro. E il lavoro è stata la grande domanda della manifestazione di sabato».
A cosa è servita quella manifestazione?
«Ha cambiato tante cose. Intanto, con lo stupore di molti, si è visto che il sindacato non è fatto solo di pensionati, ma anche di giovani, di precari, di disoccupati. Si è visto che includiamo e che non dividiamo come fa il governo».
Dopo le critiche di Renzi, segretario del Pd, alla Cgil, lei rinnoverà la tessera al partito?
«Non rispondo a questa domanda perché dietro di essa c’è la stessa logica che ha portato a guardare la manifestazione di sabato come un’iniziativa all’interno del dibattito del Pd. Invece quella era una piazza del lavoro».
Lei comunque è un’iscritta al Pd: c’è il rischio di una scissione? Cosa pensa di Landini leader di un nuovo partito di sinistra?
«Sono il segretario generale della Cgil. Ho la responsabilità di difendere l’autonomia del più grande sindacato italiano e non intervengo nelle vicende interne di un partito. Per quanto riguarda Maurizio mi immagino che abbia la stessa opinione sull’autonomia del sindacato».
Perché quando Renzi ha detto che è finita l’epoca del posto fisso lei ha risposto che non sa di cosa parla?
«Perché non c’è alcuna relazione tra il cosiddetto posto fisso e l’articolo 18. Ed è lo stesso governo a riconoscerlo nel Jobs Act. Renzi rispolvera un argomento di Monti di tre anni fa. La differenza è che allora la Confindustria diceva che non era quello il problema, mentre oggi ha un’altra linea».
Torniamo ai poteri forti. Mi dica: quando proclamerete lo sciopero generale?
«Calibreremo le nostre iniziative mantenendo i nervi saldi. Ci saranno gli scioperi articolati, manifestazioni iniziative e poi faremo lo sciopero generale. Lo deciderà come sempre il nostro Comitato direttivo convocato per metà novembre».
Roberto Mania, la Repubblica 29/10/2014