Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 29 Mercoledì calendario

PERISCOPIO

Postino: «Una lettera dalla Ue!». Risponde un burocrate che manovra un pallottoliere alla scrivania: «Maledetti grafomani». Altan. Repubblica.

Renzi ha deciso di fare qualcosa contro l’evasione, la corruzione e l’illegalità. Per un giorno terrà il broncio a suo padre. Spinoza. il Fatto.

Se non avete mai visto uno sciopero generale contro un governo di centrosinistra, rassegnatevi: non lo vedrete mai. Jena. La Stampa.

(mfimage) L’ex tesoriere del Pds, Bruno Sposetti lamenta la fine del partito comunità che era «come una famiglia». Quella roba lì però è stata distrutta pezzo dopo pezzo con furia iconoclasta. Via le feste dell’Unità e poi via la stessa Unità, le vecchie sezioni liquidate dal partito liquido di Veltroni, mentre della dolce «famiglia» sopravvivono i parenti-serpenti dell’apparato sparsi nelle ex regioni rosse che si spartiscono, con le tessere residuali, rendite di posizione e tutto il sottogoverno possibile. La verità è che Renzi non poteva rottamare ciò che già era stato raso al suolo ma, da furbo qual è, ha fatto credere il contrario, avendo bisogno di totem da abbattere mentre sgominava mummie e statue di cera (salvo poi, con le primarie, accogliere tutti sul carro del vincitore perché tutto fa brodo). Antonio Padellaro. Il Fatto.

Dopo il crollo dell’Urss in Russia si deve rifare lo stato, la società, l’economia. E in Italia bisognerà rifare il buon senso, visto che, dopo un lungo cammino, l’onda di piena dell’egemonia di sinistra sta arrivando negli angoli più sperduti e inaccessibili, negli uffici notarili, nelle questure e negli archivi di stato. E questo anche se la sorgente della demagogia sessantottarda è ormai in secca. Possono stupire un maresciallo di polizia o un conservatore delle ipoteche che parlano come, negli Sessanta o Settanta parlava il segretario di una sezione del Lingotto del Pci. Ma ormai è la norma. L’egemonia marxista arriva adesso alla foce anche se la testa è caduta. Come la luce di certe stelle lontane che noi vediamo solo quando sono già morte. Si propaga per automatismo, per trasmissione meccanica, per inerzia, attraverso il vocabolario quotidiano; e sarà difficile fermarla prima che si esaurisca da sola. Saverio Vertone, L’ultimo manicomio. Rizzoli.1992.

Oggi c’è una maggioranza di 25 milioni di persone che può cambiare le sorti dell’Italia. Una maggioranza ancora silenziosa. Da chi è composta? Presto detto: disoccupati, neet (giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano cosi di formazione), pensionati meno abbienti, migranti, precari, contrattualizzati. Li accomuna il medesimo futuro. Quale? Non avere un futuro. Emanuele Ferragina, docente all’università di Oxford.

Oggi, a differenza di quando ero un dirigente comunista, penso che la vita, nelle sue infinite manifestazioni, sia mille volte più importante della politica, che il singolo conta più della collettività, che la libertà è il bene più prezioso e viene prima di qualsiasi altro. Tutto questo non annulla quello che è stato (per me e per milioni di italiani) il comunismo del Pci: scuola di formazione, progetto di vita, educazione sentimentale. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori.

La Cia ha messo in circolazione un video che mostra Bin Laden ad Abbottabad prima della cattura: invecchiato, ingobbito, davanti a un televisore antiquato da 17 pollici, la stanza sembra un ripostiglio, lui si ripara dal freddo con una coperta di lana e una papalina bianca; così finiscono gli oppositori radicali. Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli.

Il Gruppo 63 era una sorta polizia ideologica dedita a reprimere libertà di espressione. Era composta da personaggi orrendi: Balestrini, Sanguineti, Barilli, Roversi, Pagliarani. Di un’arroganza e di un arrivismo senza pari. Manlio Cancogni, Il racconto più lungo. Storia della mia vita. Interlinea.

Nel 1945 Arrigo Benedetti era emigrato a Milano. Aveva accettato l’offerta di fare il critica teatrale del Corriere Lombardo, ma c’era il problema di trovare da dormire. Anche a poterlo, non era possibile trovare una camera pagandola a peso d’oro. Benedetti e la moglie avevano dunque dovuto rassegnarsi a dividere il letto con altri. Per un certo tempo, era stato Edgardo Sogno che aveva prestato loro il suo. Lui, il direttore del Corriere lombardo, lavorava tutta la notte, rientrava alle sette e mezzo del mattino, a quell’ora dovevano lasciare libero il letto. Poi, avevano dormito in società con un ingegnere dell’Isotta Fraschini che rincasava alla otto in punto. Mesi di levatacce, la signora Rina, costretta a trascorrere le giornate seduta a un tavolo del bar Motta di piazzale Baracca mentre Arrigo Benedetti era al giornale. Luciano Simonelli, Dieci giornalisti e un editore. Simonelli editore, 1997.

Se si potesse ascoltare la colonna sonora di Milano di primo mattino, essa sarebbe fatta di brontolii di caffè che viene su nelle caffettiere, e, nei bar, dei colpi secchi dei baristi che svuotano i filtri dell’espresso. Sarebbe fatta del domestico ruggito dei motori messi in moto, e del quasi impercettibile boato dei treni nel metrò che si avverte in certe strade, proveniente dalle grate dei marciapiedi (accompagnato talvolta, come in corso Buenos Aires, da un soffio caldo d’aria, come il respiro del sottosuolo). Non dimenticherei inoltre il fracasso sgraziato degli ultimi camion della spazzatura, mentre ingurgitano fra le mandibole metalliche sacchi e sacchi gonfi di rifiuti. E poi lenti si avviano verso la periferia, come animali notturni che si nascondono nelle tane, al levarsi del sole. Marina Corradi. Avvenire.

Ci sono romanzi, ormai la maggior parte, che nascono morti, così impegnati a parlare di attualità e di politica, quando, viceversa, Marcel Proust non si accorse neppure della prima guerra mondiale. E ci sono personaggi romanzeschi che nascono già immortali. Come il Don Chisciotte di Cervantes. Come l’Edmond Dantès del Conte di Montrecristo. Massimiliano Parenti. Il Giornale.

Questo è il contatto del mio agente, chiamatemi. Vittorio Sgarbi. Tweet di autopresentazione.

Indiscrezione politica. Si apprende che per il miglioramento della bilancia dei pagamenti relativa alla comunità agricola europea, il ministro Filippo Maria Pandolfi non ha combinato niente né come Pandolfi, né come Filippo, né come Maria. Amurri & Verde, News. Mondadori. 1984.

Non ho niente da rimproverarmi. Ci pensa mia moglie. Roberto Gervaso. Il Fatto.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 29/10/2014