Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 29/10/2014, 29 ottobre 2014
I DUE MATTEI SI SPARTISCONO IL CAV
[Intervista a Giovanni Orsina] –
Giovanni Orsina, politologo e storico della Luiss di Roma non è propriamente un «sinistrologo». Le sue ricerche e i suoi interventi hanno sovente riguardato il mondo liberale nella storia politica italiana, da Giovanni Malagodi, leader del Pli che si oppose al centrosinistra, fino a Silvio Berlusconi, di cui Orsina è stato un critico attento ma anche spesso impietoso. Tuttavia la velocità delle vicende politiche italiane stanno creando un fatto nuovo: un leader del più grande partito di sinistra, Matteo Renzi, protagonista di una contrapposizione così dura con le forze storiche della sinistra, come la Cgil e alcuni dei discendenti del Pci. Un fatto che rende il premer sempre più interessante per l’elettorato moderato italiano, alle prese, peraltro, con un impasse imbarazzante dei vecchi partiti di centrodestra.
Domanda. Professore, molti si domandano se poi la scissione a sinistra ci sarà. Pur non essendo il suo campo, che idea si è fatto?
Risposta. Ovviamente non ho notizie interne e, se proprio le devo dare la mia impressione, devo basarmi su un ragionamento astratto.
D. E cioè?
R. E cioè che a sinistra di Renzi c’è un vuoto grosso e, in genere, in politica, laddove ci sono dei vuoti, tendono a riempirsi.
D. Con che cosa, professore?
R. Forse anche con cose che ci sono già, perché no? Sel, per esempio, potrebbe riprendere l’iniziativa e magari la scissione interna al Pd, non esserci. In ogni caso la manifestazione di sabato a Roma ha mostrato che uno spazio politico e ideologico lì c’è ed è piuttosto ampio. C’è una domanda di politica di quel genere.
D. Cui qualcuno, prima o poi, darà l’offerta politica adeguata...
R. Esatto. Il punto è se raccoglierà pezzi di Pd. Io sarei un po’ scettico, perché, in quell’area, la cultura della scissione non è proprio solida. Stiamo parlando di storie e di persone per le quali l’idea del partito come «Ditta» è forte e radicata. Insomma il Pd non è certo Forza Italia che si può prendere come un autobus, salendo o scendendo a piacimento. E c’è anche un altro aspetto, da non sottovalutare, e che qualcuno a volte dimentica.
D. Quale, professore?
R. Che un bel po’ di voti di quelli che, un tempo, costituivano il serbatoio della sinistra radicale se li è già presi Beppe Grillo. Se cioè quell’area, ai tempi di Rifondazione comunista, poteva valere il 10%, e forse qualcosa di più, oggi vale molto meno.
D. Già, ma la manifestazione di Piazza San Giovanni proprio perché ha certificato l’esistenza di una certa domanda di «sinistra-sinistra», ha avuto i suoi effetti anche sull’elettorato moderato? Si ha l’impressione che quegli slogan novecenteschi abbiano ulteriormente sdoganato Renzi presso chi votava a destra...
R. È possibile. C’è un pezzo d’Italia sulla quale, certe posizioni di Susanna Camusso, hanno l’effetto di spingere verso il Pd renziano. Per esempio, il richiamo ricorrente alla necessità di tassare il 5% dei gli Italiani più ricchi, in realtà scendendo fino al ceto medio, con l’idea di realizzare risorse per creare sviluppo, spaventa molti. L’idea cioè di finanziare ancora oggi la spesa improduttiva con nuove tasse rende interessante chi sta dall’altra parte: in questo momento Renzi. Scissione o no.
D. Anche perché contro questa sinistra-sinistra pare esserci solo il premier. Berlusconi tace o, effettivamente, dice poco.
R. La strategia di B., oggi come oggi, è di difficile interpretazione. L’unico dato intellegibile è che non tiene in alcun interesse le ragioni del suo partito, almeno nell’immediato. Peraltro sulla quella linea di condotta, si possono fare almeno tre ipotesi.
D. Spieghiamole ai lettori.
R. La prima è che il Cavaliere, consapevole di non riuscire ormai più a essere maggioritario nel Paese, punti a mantenere una sorta di potere di interdizione verso Renzi. Lo tenga cioè a bada. Uno scenario che però è ragionevole finché rimane l’attuale legge elettorale perché, arrivando una norma che preveda un forte premio di maggioranza, come l’Italicum, ecco che quel potere decade un minuto dopo il voto.
D. La seconda ipotesi?
R. Che B. si stia comportando da vero padre della patria e cioè che, nell’interesse del Paese abbia accantonato il bipolarismo muscolare di un tempo, che ha paralizzato l’Italia, e che sia oggi più collaborativo, nella convinzione che un giorno, magari fra una quindicina d’anni, tornerà il turno del centrodestra.
D. Resta la terza ipotesi, professore.
R. Ed è quella che l’interesse che lo muova sia eminentemente economico e non politico: che l’accordo con Renzi miri cioè alla salvaguardia delle sue aziende, lasciando al premier il campo politico.
D. In effetti, in ognuna delle ipotesi, non c’è molto futuro per Forza Italia.
R. Sì, nel senso che l’attuale generazione di politici sarebbe inevitabilmente fuorigioco, siano essi i Daniele Capezzone, i Raffaele Fitto, o i Renato Brunetta. Ci sarebbe semmai qualche chanche per il mio allievo alla Luiss, Lorenzo Castellani, l’organizzatore della Leopolda Blu a Milano.
D. A proposito, c’è stato professore?
R. Non potevo, ma ho mandato un videomessaggio.
D. Quello è il tentativo più coraggioso di riaggregare a destra, che però rischia di infrangersi sull’ipotesi populista: il Carroccio di Matteo Salvini ci ha preso gusto dopo le europee di maggio. Il segretario leghista continua a testa bassa, ora che addirittura anche Flavio Tosi sembra rientrato nei ranghi. Non è che, in attesa della Cosa blu, ci ritroviamo alla deriva lepenista?
R. La Lega, quella via, l’ha già presa e con convinzione. Crescerà? Certo. Esattamente come fa Renzi da sinistra, Salvini affonda il coltello nel burro di Forza Italia. Quando Berlusconi. dice di sì ai patti di convivenza degli omosessuali, quando si pronuncia a favore della cittadinanza per i figli degli immigrati, perde automaticamente un milione di voti. I due Matteo hanno stretto un’alleanza di fatto per dividersi il cadavere dell’elettorato di Berlusconi, visto che Berlusconi stesso non lo presidia. Ai moderati disposti a votare Renzi contro la Camusso, corrispondono altrettanti moderati disposti a votare Salvini contro Berlusconi. Dopodiché...
D. Dopodiché?
R. Quanto potrà crescere questa Lega?
D. Potrebbe erodere qualcosa anche al M5s, cui quel tipo di elettori non mancano, come dimostrano i frequenti riferimenti di Grillo stesso all’immigrazione?
R. Sì, ci sono molti voti in libera uscita. Non solo quelli di Berlusconi. Anche Grillo può cedere consensi. Ma non dimentichiamo che, essendo macroscopico il partito dell’astensione, tutti possono crescere attingendo da lì. Detto questo, dove può arrivare la Lega? Al 18%? Al 20? Non credo possa ambire a una quota maggiore. A meno che questa crisi continui così ancora cinque anni. Perché, allora, tutto può succedere.
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 29/10/2014