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 2014  ottobre 28 Martedì calendario

PESHMERGA MENO CORAGGIOSI

Non ci sono più i peshmerga, i guerriglieri curdi di una volta, verrebbe da dire osservando quanto sta accadendo in Medio oriente con l’avanzata dei miliziani islamici dell’Isis. E mentre il presidente turco Erdogan ha dato via libera proprio ai combattenti curdi per attraversare il confine e raggiungere la città siriana di Kobane, da un mese sotto assedio, così da rafforzare la difesa contro l’esercito degli estremisti, a balzare all’occhio è la debolezza dei peshmerga.
Essi, da sempre considerati coraggiosi fino alla morte, ora stanno smentendo questa leggenda con il loro comportamento tenuto al fronte contro il nemico.
A consolidare il mito era stata la valorosa resistenza mostrata nei confronti dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein. Eppure sembrano altri tempi. All’inizio di agosto i curdi hanno ripiegato con l’avanzare del sanguinario nemico islamico, lasciando a loro stessi i cristiani e gli yazidi che avevano promesso di difendere. In seguito i peshmerga hanno riguadagnato terreno, ma restano pesanti interrogativi sulla loro capacità di opporsi all’Isis, nonostante il supporto aereo arrivato dagli Stati Uniti.
Certo, è anche questione di mezzi. Mentre i miliziani musulmani sono ben equipaggiati, i curdi combattono con armi vecchie come i carri russi T55, lontano ricordo della guerra fredda, e con semplici kalashnikov. Inoltre mancano munizioni, mitragliatori e mortai. C’è carenza di armi pesanti e veicoli blindati leggeri. Ma questo non è l’unico problema, perché negli ultimi due decenni gli uomini hanno smarrito l’originario e leggendario coraggio in guerra. Una volta caduto Saddam, nel 2003, il loro nemico storico si è volatilizzato e questo non ha fatto che provocare una sorta di rilassamento. I rapporti con lo Stato iracheno sono diventati ordinari, una sorta di tregua permanente. E lo stile di vita dei curdi è cambiato: nel loro territorio ecco spuntare palazzi in marmo, edifici lussuosi, con i generali diventati uomini d’affari o politici.
La radiografia della lotta contro l’Isis è così scattata da Mala Bakhtiar, 60 anni, figura mitica della resistenza curda, che oggi dirige il fronte meridionale della guerra con gli islamici: ci sono molti giovani valorosi, che si battono con grande vigore, ma c’è difficoltà ad adattarsi ai sistemi di combattimento del nuovo nemico. È un nemico che mette delle trappole, molte mine antiuomo, grazie al lavoro di vecchi ufficiali basisti dell’esercito iracheno.
I peshmerga impiegano 250 mila uomini, tra cui parecchi giovani e pensionati. Quelli ammassati sul fronte sarebbero fra 100 e 150 mila. Ma sono soldati spesso poco addestrati, mal pagati e scelti in base alla spartizione politica tra le due fazioni concorrenti, il Pdk e l’Upk, che si guardano con reciproco sospetto. Un esercito diviso in casa. C’è chi confida in una riforma che realizzi finalmente l’unità di fronte al pericolo: al momento del reclutamento non dovrebbe prevalere la mentalità di affermare la propria corrente.
Fatto sta che la parola peshmerga significa letteralmente «uomo che va davanti alla morte». Una definizione che tuttavia, negli ultimi tempi, si può applicare soltanto ai nemici dell’Isis, che non temono nulla e che, nell’uccisione per il loro ideale, intravedono una lauta ricompensa nell’aldilà.
Ettore Bianchi, ItaliaOggi 28/10/2014