Nicla Panciera, La Stampa - TuttoScienze 29/10/2014, 29 ottobre 2014
NEL CERVELLO MALATO DEGLI SPERICOLATI
Quando nel 1995 gli americani, sintonizzati sul canale sportivo «Espn», sentirono per la prima volta il termine «sport estremi», non immaginavano certo di esser testimoni della nascita di un fenomeno di massa, che di lì a poco si sarebbe diffuso in tutto il mondo. Insieme con la passione per il brivido, infatti, sono cresciute vertiginosamente le discipline «al limite» e i loro appassionati. Per non parlare delle agenzie specializzate, in grado di offrire combinazioni «folli» di canoying in forre profonde e salti nel vuoto, assicurati solo da una corda elastica alle caviglie. Un fenomeno collettivo che, nell’era delle neuroscienze trionfanti, sta suscitando sempre più interrogativi. Ora si cerca nella personalità e, soprattutto, nel cervello di questi individui il segreto del loro coraggio o della loro spavalderia.
Cosa li muove? Perché tanta tenacia nel mettersi consapevolmente in pericolo? Un insaziabile desiderio di sensazioni forti, il bisogno di soddisfare il proprio istinto di morte e il tentativo di scongiurare la paura, vivendola, sono state le risposte più gettonate. Ma se non fosse davvero così?
Le ricerche più avanzate, oggi, suggeriscono una distinzione più sottile, che si spinge oltre la pratica di uno specifico sport. Non tutti gli amanti del rischio sembrano essere, infatti, dei «cuor di leone». In altre parole, essere autenticamente coraggioso non vuol dire essere spericolato. E non si tratta di una raffinatezza linguistica: lo studio è apparso sulla prestigiosa rivista «Neuroimage». Il team della Stony Brook University di New York ha studiato con la risonanza magnetica 30 paracadutisti al primo volo, osservando la struttura di alcune aree cerebrali e le loro attivazioni di fronte a un suono forte e poi a volti con espressioni neutre e via via sempre più aggressive. Il giorno del lancio - da 4mila metri - sono stati quindi misurati i livelli di stress e di euforia, insieme con quelli di cortisolo, testosterone, beta-endorfine e adrenalina. I risultati neurobiologici, fisiologici e cognitivi sono stati sorprendenti.
Descrivono due tipi diversi: da una parte chi sente il pericolo, lo valuta e reagisce prontamente (il coraggioso) e, dall’altra, chi non lo percepisce proprio (lo spericolato). «Nel primo gruppo i segnali che permettono l’interazione tra l’amigdala, la centralina dalla paura, e la corteccia prefrontale, preposta al controllo cognitivo e quindi coinvolta nel processo decisionale sul da farsi, sono in un rapporto ottimale: potremmo dire che comunicano tra loro scambiandosi una giusta quantità di informazioni. Sentendo la paura, l’individuo si regola di conseguenza. In queste persone si verifica un aumento degli ormoni dello stress, necessario per scatenare una serie di risposte preparatorie, come l’allerta e la vigilanza, tutte funzionali alla sopravvivenza - spiega Giuseppe Di Pellegrino, psicobiologo dell’Università di Bologna -. Sappiamo che le emozioni sono fondamentali: vanno “sentite” e portate, per così dire, a livello corticale, cioè integrate in ciò ci siamo prefissi di fare».
L’individuo razionale sente, quindi, il segnale dell’amigdala e lo integra per decidere meglio. Diversa, invece, è la mancanza di paura propria dell’impavido. «Nel secondo gruppo non c’è alcun segnale di allerta: i livelli degli ormoni dello stress restano bassi anche prima del volo, così come si osserva un’incapacità a riconoscere prontamente la minaccia nei volti arrabbiati. I coraggiosi veri, al contrario, rispondono prima anche ai volti poco minacciosi, anticipando la paura che verrà». La mancanza di equilibrio tra la componente eccitatoria e quella inibitoria del sistema meso-cortico-limbico porta ai casi estremi, sia di chi è immobilizzato dalla paura e sia di chi non vede il rischio e non si cura dell’incolumità propria e altrui.
Si ridimensiona così l’ammirazione per chi scala i grattacieli senza corde e allo stesso tempo si rende disponibile un nuovo strumento di valutazione per i test di reclutamento di soldati o piloti. Ma c’è anche di più. Un utile insegnamento per la vita quotidiana. «Emozione e cognizione non possono procedere separate. Quello dei coraggiosi è un rischio calcolato, è cieco quello degli spericolati. Diffidate di chi non mostra segni di paura».