Notizie tratte da: Wolfang Behringer # Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al riscaldamento globale # Bollati Boringhieri 2013 # pp. 352, 26 euro., 28 ottobre 2014
Notizie tratte da: Wolfang Behringer, Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al riscaldamento globale, Bollati Boringhieri 2013, pp
Notizie tratte da: Wolfang Behringer, Storia culturale del clima. Dall’era glaciale al riscaldamento globale, Bollati Boringhieri 2013, pp. 352, 26 euro.
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La teoria del bastone da hockey, dei propugnatori del riscaldamento globale della Terra per colpa dell’uomo. Si tratta di un grafico, messo a punto dai climatologi statunitensi Michael Mann, Raymond Bradley e Malcolm Hughes, il cui andamento ripercorre le variazioni delle temperature del pianeta negli ultimi mille anni. L’impennata subìta dai valori sul finire del XX secolo conferisce alla curva del grafico un andamento che ricorda il profilo di una mazza di hockey su ghiaccio.
Agli statunitensi Harold Urey e Willard Frank Libby si deve, sul finire degli Anni 40 del Novecento, la scoperta di due metodi che hanno rivoluzionato la storia della climatologia: il primo sperimentò l’utilizzo degli isotopi dell’ossigeno per calcolare la temperatura dei mari nelle epoche passate; il secondo mise a punto il metodo del carbonio 14 per datare scheletri e manufatti.
Il geofisico danese Willi Dansgaard che, negli Anni 60, comprese come i carotaggi dei ghiacci potessero chiarire l’evoluzione climatica della Terra.
La carota di ghiaccio più profonda è stata estratta nel 2004 in Antartide nell’ambito di un progetto europeo: il materiale, situato a 3.270 metri, era vecchio di quasi 800.000 anni.
Le ricerche condotte sui ghiacci del Polo Sud presso la base scientifica russa Vostok hanno mostrato, lungo un arco di riferimento di 420.000 anni, una correlazione tra livello delle temperature e anidride carbonica nell’aria.
L’invenzione del termometro si deve a Galileo Galilei (1597), quella del barometro a Evangelista Torricelli (1643).
Ferdinando II de’ Medici, granduca di Toscana, creò la prima rete internazionale di rilevamento climatico: furono costruite stazioni a Firenze, Bologna, Parma, Milano, Innsbruck, Parigi e Londra.
Le misurazioni strumentali del clima divennero comuni nel corso del XIX secolo, soprattutto nell’impero inglese: erano registrati dati provenienti anche da terre remote, come India e Australia.
Influenza sul clima ebbe la deriva dei continenti: la collisione tra Africa ed Eurasia, avvenuta 5 milioni di anni fa, interruppe le correnti equatoriali e, fra l’altro, provocò la nascita delle Alpi.
Alla chiusura del passaggio tra Nord e Sudamerica, vecchia di 3,5 milioni di anni, si deve la nascita della corrente del Golfo, che trasporta in Europa calore e umidità.
Si chiama albedo la capacità di una superficie di riflettere le radiazioni solari ricevute: per la neve fresca arriva al 95%, per il mare è inferiore al 10%.
La più catastrofica eruzione vulcanica, quella del Toba a Sumatra, che circa 74.000 anni fa provocò l’estinzione di molte specie viventi e oscurò i cieli della Terra per diversi anni. Anche l’homo sapiens sapiens rischiò di scomparire.
Il nostro pianeta ha conosciuto cinque ere glaciali, anche se per il 95% della sua storia non c’è stata traccia di ghiaccio permanente.
Anche quella attuale, il neozoico, è un’èra glaciale.
La temperatura sulla Terra scese sotto i 100 gradi circa 4 miliardi di anni fa dopo la formazione della crosta terrestre. La conseguente condensazione dell’acqua generò la pioggia, i mari, i fiumi, i laghi.
I più antichi segni del ciclo dell’acqua si trovano su pietre vecchie di 3,2 miliardi di anni, mentre l’inizio del processo di fotosintesi risale a 2,6 miliardi di anni fa: l’ossigeno immesso nell’aria causò il collasso dell’atmosfera, fatta soprattutto di anidride carbonica, e la prima estinzione di massa (quella degli organismi anaerobici).
Il periodo più freddo della storia della Terra, circa 650 milioni di anni fa, fu causato dalla rottura del continente primordiale, Rodinia. Le rocce ammassate intorno all’Equatore, prive di piante, aumentarono l’effetto albedo e fecero sì che il pianeta si trasformasse in una sfera di ghiaccio.
Anche il Paleozoico terminò con una terribile fase glaciale (circa 250 milioni di anni fa), che portò alla scomparsa di una quantità compresa tra il 75% e il 95% di tutti gli esseri viventi.
L’Antartide iniziò a coprirsi di ghiaccio all’inizio del Paleocene, tra 65 e 55 milioni di anni fa.
A circa 35.000 anni fa si può far risalire la colonizzazione di Indonesia, Australia, Tasmania e Nuova Guinea da parte dell’uomo. A favorirla le condizioni dei canali marini da attraversare: caldi, calmi e di una larghezza non superiore ai 90 chilometri.
Clima europeo nell’ultima èra glaciale, circa 20.000 anni fa: temperature più basse di 4-6 gradi rispetto alle attuali, clima secco e minore variabilità del tempo. Estati soleggiate e inverni freddi ma secchi.
Il luogo di culto più antico del mondo è l’area monumentale di Gobekli Tepe, in Anatolia: risale a 12.000 anni fa.
All’inizio dell’Olocene, circa 11.700 anni fa, i cambiamenti climatici portarono alla scomparsa del 99% degli animali di grossa taglia. La tundra cedette il passo alle foreste e rimase circoscritta alle zone artiche, dove però le condizioni ambientali si rivelarono proibitive per animali come il mammut. Quel riscaldamento globale fu l’elemento chiave per lo sviluppo delle civiltà umane superiori: i cacciatori nomadi fondarono insediamenti stabili per dedicarsi ad agricoltura e allevamento di bestiame. Il livello dei mari conferì ai continenti la forma che hanno tuttora.
Un ulteriore scioglimento dei ghiacciai risalente a circa 8.400 anni fa fece sì che le acque del Mediterraneo sfondassero la roccia per creare lo stretto del Bosforo e si riversassero nel Mar Nero, fino ad allora un bacino di acqua dolce. Nello stesso tempo furono sommersi dalle acque lo stretto di Bering, i ponti naturali che collegavano il Giappone alla terraferma asiatica e i collegamenti tra Africa e Madagascar, tra Australia e Nuova Guinea e tra India e Ceylon.
Circa 7.000 anni fa l’innalzamento dei mari separò la Sicilia dal resto dell’Italia. In questa fase, anche il Sahara centrale era ricco di laghi e fiumi. La civiltà umana passò al Neolitico. La stabilità climatica che si osserva da qui in avanti favorì la creazione di nuove vie di comunicazioni terrestri e marine, con il conseguente intensificarsi degli scambi commerciali e culturali. La regione più densamente popolata della Terra era il sud della Cina.
Tutte le civiltà più avanzate dell’antichità, nell’area Mediterranea, in Mesopotamia, in India e nel nord della Cina, si trovavano in una fascia compresa tra il ventesimo e il quarantesimo parallelo, quella con il clima più favorevole.
Lo sviluppo della civiltà dell’antico Egitto, a partire dal 5.000-4.500 avanti Cristo, fu favorito dalle esondazioni del Nilo, che rendeva fertili le terre lungo il suo corso. La loro interruzione, intorno al 2.150 avanti Cristo, portò a un primo, violento scompaginamento del regno: non essendo più in grado di garantire la fertilità della terra, i faraoni persero legittimazione politica.
La forte siccità fu alla base del declino delle civiltà mesopotamica, micenea e ittita.
Per gli ittiti la terra apparteneva al dio delle intemperie, che l’aveva data solo in gestione alla stirpe reale. Compito supremo del Gran Re era di colloquiare con il dio.
Il dio ebraico simile alle divinità delle intemperie dell’Oriente antico, che punivano gli uomini con fulmini e tuoni, tempeste e grandine, inondazioni e siccità.
Il passaggio all’Età del ferro, a partire dal 1.200 avanti Cristo circa, fu favorito da un cambiamento climatico, questa volta di raffreddamento. L’aratro di ferro permetteva di lavorare meglio il terreno, compensando la scarsità dei raccolti.
Le armi in ferro aumentavano le possibilità di sopravvivenza in un’epoca di frequenti conflitti.
Il riscaldamento globale rese più facile il passaggio dei valichi alpini e la conseguente espansione della repubblica romana, e poi dell’impero, verso il nord dell’Europa.
Durante l’impero di Augusto (30 avanti Cristo-14 dopo Cristo), le temperature nella zona del Mediterraneo erano molto simili a quelle attuali.
Trecento milioni di persone abitavano la Terra al tempo della nascita di Gesù: anche allora Cina (80 milioni) e India (75) erano le regioni più densamente popolate.
Negli scritti di Plinio il Vecchio, si legge che la vite e l’ulivo erano coltivati molto più a nord delle Alpi rispetto ai secoli precedenti.
Le favorevoli condizioni climatiche incoraggiarono le popolazioni del nord, sia in Europa che in Asia, a osare di più spingendosi a sud. La pressione degli Unni provocò lo spostamento delle popolazioni germaniche all’interno dell’impero romano.
L’impero cinese degli Han, che visse apice e decadenza paralleli a quelli di Roma, crollò anche per l’incapacità di fronteggiare i disagi dovuti ai cambiamenti climatici verificatisi in Cina, che affamarono la popolazione.
Nel 309, a causa della siccità, fu possibile attraversare a piedi il letto del Fiume Giallo e del Fiume Azzurro.
Secondo lo studioso tedesco Helmut Jaeger, gli inverni europei iniziarono a farsi più freddi a partire dal 250 dopo Cristo. Questa tendenza durò fino a tutto il nono secolo.
Carlo Magno ordinò che in tutte le contee del suo impero fossero assoldati cacciatori di lupi, che il grande freddo spingeva a invadere villaggi e città.
Durante il cosiddetto periodo interglaciale del Basso Medioevo si ebbero frequenti fenomeni climatici di segno opposto: nel 1135 fu possibile attraversare a piedi il Danubio per la scarsissima portata d’acqua; nel gennaio 1187 a Strasburgo fiorirono gli alberi.
In Groenlandia, durante la colonizzazione dei vichinghi, si potevano coltivare alcuni tipi di cereali. Molte tombe degli abitanti di allora si trovano in aree successivamente ricoperte dal permafrost.
Quando in Groenlandia il freddo prese il sopravvento, la civiltà eschimese, dedita a caccia e pesca, ebbe la meglio su quella dei discendenti dei vichinghi, che si dedicavano invece ad agricoltura e allevamento.
Dal 6 gennaio al 22 febbraio 1432, causa gelo della Laguna, fu possibile andare da Venezia a Mestre in carrozza.
Secondo il glaciologo statunitense François Matthes, la gran parte dei ghiacciai oggi esistenti in Nordamerica si è formato tra il XIII e il XIX secolo, periodo da lui ribattezzato Piccola èra glaciale. Tale fenomeno si pensa sia stato provocato da una diminuzione dell’attività solare. Nello stesso periodo, però, il Mediterraneo e l’Africa occidentale ebbero il problema inverso: la Spagna, ad esempio, si inaridì progressivamente e il Sahara e il Sahel si ampliarono sempre di più.
Tra il 1580 e il 1600 si verificarono 5 grandi eruzioni vulcaniche che provocarono minore irradiazione solare in tutto il pianeta, cattivi raccolti e carestie.
Nei secoli XVI-XVIII divennero celebri le fiere che si svolgevano a Londra sul Tamigi congelato, con tanto di bancarelle e sport invernali.
All’inizio del XX secolo si scoprì che gli anni di siccità in India e Australia coincidevano con gli anni di scarsità d’acqua in Egitto e che, per contro, negli anni in cui i monsoni erano più forti si osservavano frequenti esondazioni del Nilo. Ciò è diretta conseguenza del Niño, fenomeno climatico della regione peruviana che, quando si manifesta in tutta la sua potenza, ha ripercussioni sulle correnti marine di tutto il mondo.
Città europee con 250.000 abitanti alla fine del XVI secolo: Londra, Parigi, Napoli, Milano, Istanbul.
La Repubblica di Venezia già nel XVI secolo promulgò leggi a difesa del patrimonio boschivo.
Il clima fu decisivo per la diffusione della grande carestia che investì l’Europa tra il 1315 e il 1322: il secondo decennio del XIV secolo contiene gli anni più piovosi dello scorso millennio.
La peste che sconvolse l’Europa tra il 1346 e il 1352 causò la morte di metà degli abitanti di Venezia e Firenze. La popolazione del continente si contrasse di circa il 30%.
Durante l’assedio di Caffa, in Crimea, i tatari lanciarono entro le mura nemiche cadaveri di appestati con le catapulte per far capitolare la città.
Nel XVI secolo, soprattutto a causa del calo nel consumo di proteine, gli uomini erano più bassi di quanto fossero mai stati prima e di quanto sarebbero stati in seguito.
Nel suo Anatomy of Melancholy, il vescovo anglicano Robert Burton (1577-1640) cita, tra le cause della tristezza, le giornate interminabili e cupe in cui la luce del sole è oscurata da nuvole grigie. Questa disarmonia depressiva è oggi nota con l’acronimo SAD, Seasonal Affective Disorder. Le persone che ne soffrono accusano i segni tipici dell’immunodeficienza e sono più esposte a infezioni e malattie.
La caccia alle streghe si faceva più intensa in coincidenza con anni di siccità e carestie.
Al fiammingo Pieter Breughel il Vecchio (1525-1569) si deve l’invenzione del paesaggio invernale in pittura: primo esempio il quadro Ritorno dei cacciatori.
La carestia che si abbatté sul Giappone tra il 1783 e il 1787 causò la morte di 3 milioni di persone.
Il fumo dell’eruzione del vulcano islandese Laki del maggio 1783 poté essere osservato anche a Copenaghen, Parigi e Milano. L’inverno successivo fu particolarmente rigido: a Berna la neve rimase al suolo per 154 giorni, il doppio rispetto agli inverni più rigidi del XX secolo.
L’eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, nell’aprile 1815 provocò un abbassamento della temperatura mondiale di 3-4 gradi.
Tra il 1860 e il 1985 il consumo annuale di energia è cresciuto di sessanta volte.
La produzione dei fluoroclorocarburi è iniziata nel 1950.
“Non fare niente equivale a decidere di aumentare le probabilità della catastrofe, giacché ogni giorno di crescita incontrollata è un giorno in meno che ci separa dalla data in cui avverrà la rottura dei confini naturali”. Passo della relazione conclusiva del Club di Roma, associazione di scienziati, politici ed economisti che all’inizio degli Anni 70 mise in dubbio l’ottimismo sfrenato nei confronti del progresso.
Il fisico francese Jean-Baptiste Joseph Fourier (1768-1830) intuì l’importanza dell’atmosfera terrestre per il clima. Fu il primo a paragonarla a una sorta di serra, dato che essa trattiene una parte del calore che arriva sulla Terra con i raggi solari.
L’irlandese John Tyndall scoprì nel 1859 i gas serra e iniziò a studiare la loro influenza sul clima del pianeta.
Sul finire del XIX secolo, il chimico svedese Svante August Arrhenius, futuro premio Nobel, richiamò l’attenzione sul problema dell’aumento delle emissioni di anidride carbonica dovuto all’industrializzazione.
L’aumento progressivo della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera fu dimostrato dallo statunitense Charles Keeling nel 1957.
La diminuzione costante delle temperature a partire dal 1940 portò numerosi scienziati a chiedersi se non ci si avviava verso una nuova glaciazione. Tra le cause del raffreddamento del pianeta, l’intervento dell’uomo, che aveva ridotto l’esposizione della superficie terrestre ai raggi solari attraverso industrializzazione, crescita demografica e urbanizzazione.
Nel 1969 il satellite Nimbus III permise di misurare la temperatura in tutto il mondo.
La prima conferenza mondiale sull’ambiente si svolse nel 1972 a Stoccolma.
I cambiamenti climatici destarono l’attenzione dell’Amministrazione Nixon quando in Etiopia, in seguito a siccità e carestie, scoppiò una rivoluzione che portò al potere un gruppo di ufficiali marxisti.
Ipotesi studiate per contrastare il raffreddamento globale: sbarrare lo stretto di Bering, ricoprire le calotte polari di pellicola nera, aumentare le emissioni di anidride carbonica, proiettare polvere di metallo nell’atmosfera, costruire una diga di cemento tra Norvegia e Groenlandia, far orbitare enormi specchi attorno alla Terra, distruggere con bombe atomiche le montagne sottomarine poste a sud-ovest delle Fær Øer, sciogliere il ghiaccio dei poli con bombe all’idrogeno.
Lo statunitense Stephen Schneider, tra gli anticipatori della teoria del riscaldamento globale, nel 1977 fondò la prima rivista dedicata ai mutamenti climatici.
Prima Conferenza internazionale sul clima, nel 1988 a Toronto.
Nel 1996, a Ginevra, per la prima volta i rappresentanti dei governi riconobbero l’esistenza di un influsso dell’uomo sul clima globale.
Secondo il Protocollo di Kyoto (1997), gli stati industrializzati che hanno superato il limite di emissione di gas serra possono comprare il diritto a inquinare dai paesi in via di sviluppo che non hanno raggiunto la quota massima loro assegnata.
Gli Stati Uniti hanno firmato ma non ratificato gli accordi di Kyoto.
L’attuale concentrazione di anidride carbonica, che si attesta intorno ai 359 ppm (parti per milione) è nettamente la più alta degli ultimi 650.000 anni.
L’innalzamento annuale del livello dei mari è pari a 3,1 millimetri.
Una ricerca condotta su 677 specie animali ha rivelato come il 62% rechi tracce del riscaldamento negli ultimi due decenni.
Cinquanta dollari per ogni abitante dei paesi industrializzati, il costo, calcolato dal premio Nobel Paul Crutzen, per sparare nella stratosfera i cinque milioni di tonnellate di polvere di solfato all’anno necessari per frenare il riscaldamento globale.
Secondo Crutzen, l’Olocene sarebbe terminato e al suo posto sarebbe subentrata una nuova èra, interamente plasmata dall’uomo: l’Antropocene.
Pat Robertson, esponente del Partito repubblicano degli Stati Uniti, nel 1998 dichiarò che gli uragani colpiscono soprattutto le città e le comunità che Dio vuol punire per i loro peccati.