Massimo Gaggi, Corriere della Sera 28/10/2014, 28 ottobre 2014
LA GUERRA SPORCA DELLA CIA. QUEI MILLE NAZISTI ARRUOLATI PER CONTRASTARE I SOVIETICI
Quando nel 1960 agenti israeliani catturarono in Argentina Adolf Eichmann, il regista della «soluzione finale» studiata dai nazisti per gli ebrei, il suo assistente Otto von Bolschwing, reclutato già da anni dai servizi segreti americani che ben sapevano del suo passato nelle SS, andò a chiedere protezione, temendo di essere anche lui scoperto e processato. La Cia, che a suo tempo lo aveva assunto in Europa come spia impegnata a contrastare la diffusione del comunismo e l’influenza del blocco sovietico, e che nel 1954 lo aveva addirittura fatto trasferire a New York con tutta la famiglia come segno di riconoscenza per la sua fedeltà, lo coprì in tutti i modi possibili.
Benché responsabile di crimini di guerra e autore anche di scritti politici nazisti e manuali su come terrorizzare gli ebrei, l’ex braccio destro di Eichmann non fu mai chiamato in causa nel processo e visse da uomo libero per altri 20 anni. Fino a quando la magistratura scoprì le sue malefatte e lo processò. Nel 1981 von Bolschwing dovette rinunciare alla cittadinanza Usa, ma non scontò grandi pene, dato che morì pochi mesi dopo.
Il suo non è stato un caso isolato: per decenni si è parlato di criminali nazisti usati dagli Stati Uniti come spie contro i russi. Nel 1980 l’Fbi arrivò a rifiutarsi di fornire al ministero della Giustizia informazioni su 16 nazisti che vivevano negli Usa: tutti informatori della polizia federale. Quindici anni dopo un avvocato che lavorava per la Cia fece pressioni sui procuratori federali perché smettessero di perseguire un nazista implicato nel massacro di decine di migliaia di ebrei.
Ma è solo ora, con la desecretazione di molti documenti ormai vecchi di più di 50 anni, che il New York Times è riuscito a ricostruire quasi per intero il ricorso dell’intelligence a un esercito di personaggi che avevano combattuto per il Terzo Reich. Una contabilità impressionante: nel Dopoguerra l’America reclutò quasi mille nazisti, utilizzandoli nella battaglia contro il comunismo e contro l’Urss. Un confronto che allora l’America temeva di perdere.
Per questo due arcigni combattenti — il capo dell’Fbi Edgar Hoover e quello della Cia, Allen Dulles — decisero di accantonare ogni remora morale: era più importante disporre di agenti capaci e determinati da usare contro Mosca che punire questi nazisti per i crimini contro gli ebrei commessi qualche decennio prima.
Un’altra storia imbarazzante per l’intelligence Usa, anche se stavolta si tratta di vicende ormai remote: nessuno dei criminali nazisti protetti dai servizi segreti di Washington è ancora in vita. Una brutta pagina della storia americana le cui ragioni vanno ricercate nell’angoscia e nella paranoia degli anni della Guerra fredda. Hoover in persona approvò il reclutamento di informatori con un passato nelle SS sostenendo che la meticolosità e l’anticomunismo viscerale di questi «nazisti moderati» erano armi preziose per disporre della quali l’America poteva fare qualche sacrificio sul piano etico.
Un ragionamento cinico che, a parte ogni considerazione giuridica e morale, risultò poco fondato anche sul piano pratico: ben pochi dei mille nazisti reclutati si rivelarono agenti efficaci e fedeli. I documenti ora pubblicati rivelano che molti di loro erano degli inetti, inguaribili bugiardi o, peggio, agenti doppi al servizio anche del Cremlino.
L’imbarazzo della Cia è tutto nell’ostinato rifiuto di commentare il caso: difficile giustificare il tentativo di sottrarre ai tribunali i responsabili di crimini orrendi. Il New York Times racconta che nel 1994, quando il ministero della Giustizia si preparava a processare Aleksandras Lileikis, un capo della Gestapo responsabile del massacro di 60 mila ebrei lituani, la Cia cercò di difendere la sua ormai ex spia reclutata nel 1952 con uno stipendio di 1.700 dollari l’anno più due cartoni di sigarette al mese. I giudici tennero duro e alla fine si giunse ad un compromesso: la magistratura avrebbe rinunciato a condannare Lileikis solo se nel processo fossero venute fuori questioni tali da mettere in pericolo la sicurezza nazionale Usa. Non successe e il criminale nazista finì in galera.