Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 28/10/2014, 28 ottobre 2014
ELEZIONI IN UCRAINA. POROSHENKO NON SFONDA, TESTA A TESTA CON YATSENYUK. E ALLE URNE KIEV PREMIA I PARTITI A FAVORE DELL’EUROPA
Quando otto mesi fa gli affidarono la guida del governo, Arseniy Yatsenyuk si paragonò a un kamikaze, e a un comandante del Titanic. Prendeva in mano un Paese sconvolto dai morti del Maidan, spaccato in due, sull’orlo del baratro economico, e il futuro si preannunciava buio, come gli avvenimenti in Crimea e nell’Est del Paese hanno poi confermato. Le elezioni parlamentari di domenica scorsa vengono paragonate a un terremoto per la vita politica dell’Ucraina: le scosse della rivoluzione del Maidan («della Dignità», la chiama il presidente Petro Poroshenko), si stanno traducendo in nuovi equilibri all’interno della Verkhovna Rada, il Parlamento. Che non è mai stato così uniformemente orientato verso Ovest.
E sul ponte del Titanic potrebbe ritrovarsi ancora lui, Yatsenyuk: il risultato raggiunto dal suo nuovo partito, il Fronte popolare, è la grande sorpresa di questo voto. Se alla vigilia i sondaggi gli attribuivano soltanto l’11% dei voti, le elezioni gli hanno affidato il 21,67% (dati non ancora definitivi): una doccia fredda per Poroshenko (21,4%), convinto di uscire dalle urne stabilmente al comando con più del 30% dei voti per il suo Blocco e con un primo ministro meglio controllabile, che avrebbe avuto il compito di sostenere dal Parlamento la linea del presidente: l’integrazione con l’Europa e una soluzione negoziata per l’Est. Ora, invece, la direzione da prendere dovrà essere il frutto di compromessi con l’inevitabile alleato.
E malgrado i commenti entusiasti di Stati Uniti ed Europa sull’esito del voto, la sintonia del tandem Poroshenko-Yatsenyuk è tutta da verificare, come dimostra il fatto che i due si sono presentati al voto separatamente, invece di unire le forze. Un’alleanza è d’obbligo, ma se il linguaggio è comune sul fronte delle riforme economiche e sul percorso di avvicinamento alla Ue, questi mesi da presidente hanno reso Poroshenko più pragmatico a proposito del conflitto nell’Est del Paese: Poroshenko si è "rassegnato" a una tregua nel momento in cui la superiorità degli avversari, appoggiati da Mosca, si è rivelata schiacciante: «Quanti più battaglioni schieriamo - dice Poroshenko - tante più truppe arrivano dalla Federazione Russa». Fino all’ultimo, il presidente ha fatto campagna nel nome del proprio piano di pace: «Nessuno mi fermerà nella ricerca di una via d’uscita pacifica a questa situazione». Per Yatsenyuk, invece, l’idea di un compromesso è inaccettabile, sull’occupazione dell’Est e sul nodo del gas. «L’obiettivo di Putin è prendere il controllo dell’Ucraina e ricreare l’impero», è convinto il premier.
A Mosca, che pure ha riconosciuto le elezioni, questo nuovo Parlamento di Kiev non può piacere: la linea più moderata del presidente - anche per la mancanza di risultati convincenti a Donetsk e Luhansk - rischia di restare isolata, i nodi aperti senza soluzione. Anche il partito Samopomich arrivato terzo, una novità nel panorama politico ucraino, è fermamente contrario a ogni intesa, e pone tra le sue priorità il rafforzamento dell’esercito e di un confine «tecnologicamente attrezzato» con la Russia. Ancora più estreme le posizioni del Partito radicale di Oleh Lyashko, che vorrebbe un riarmo nucleare dell’Ucraina ed è sospettato di aver messo in piedi squadre armate incaricate di rapire i militanti separatisti dell’Est. Ma il controverso Lyashko non è tra i personaggi che Poroshenko sta sondando per costruire una coalizione. Ai primi negoziati tra il Blocco Poroshenko e il Fronte nazionale di Yatsenyuk sono stati invitati anche Samopomich, la destra di Svoboda - che sembra però esclusa dal Parlamento - e Batkivshchyna, il partito "Patria" di una Yulia Tymoshenko ferma al 5,66% dei voti, un viale del tramonto per l’icona della Rivoluzione arancione di dieci anni fa.
Allontanandosi da Kiev verso Est e verso Sud, a Dnepropetrovsk o a Odessa, l’esito del voto di domenica fa capire che se il nuovo Parlamento sarà più compatto e nazionalista, il vecchio Partito delle Regioni dell’ex presidente Viktor Yanukovich non si è dissolto nel nulla: in queste circoscrizioni provate dalla vicinanza al fronte pesano i consensi per il Blocco Opposizione che ha raccolto i superstiti del vecchio regime, per un totale nazionale del 9,88%. Sarà l’unico partito a invocare in Parlamento il riallacciamento dei legami con Mosca, e a ricordare che c’è comunque una parte del Paese che guarda ancora in quella direzione.
Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 28/10/2014