Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 26/10/2014, 26 ottobre 2014
«PUTIN NON È UN PARTNER AFFIDABILE»
[Intervista a Zbigniew Brzezinski] –
«Sarà un processo lento, ancora non nascerà una democrazia perfetta. Ma dopo le elezioni parlamentari di domenica, insieme alle repubbliche baltiche l’Ucraina diventerà lo Stato più democratico nel territorio un tempo chiamato Unione Sovietica».
Essendo fra coloro che negli anni della Guerra Fredda hanno più contribuito a ridurre l’Urss da superpotenza a oggetto della Storia, Zbigniew Brzezinski considera lo scontro in Ucraina determinante per il futuro della sicurezza europea. Putin non è più un partner credibile; non occorre che l’Ucraina entri nella Nato e deve essere armata solo se fallisse la tregua.
Sono le convinzioni di Brzezinski. Dopo aver servito presidenti a partire da Lyndon Johnson, ed essere stato consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, a 86 anni Brzezinski è ancora una delle voci più ascoltate da Barack Obama: il suo realismo modera l’idealismo militante di Susan Rice. Ha una cattedra alla John Hopkins University e con Henry Kissinger è nel consiglio d’amministrazione del CSIS, il Centro di studi strategici internazionali di Washington.
Dell’Ucraina che vuole essere integrata in Occidente, una parte importante però è russa. Il Paese è intimamente parte della Storia russa. Sono riflessioni che non piacciono a Zbigniew Brzezinski. «Non sono d’accordo», dice seccamente. «Lei dunque pensa che una parte importante del Belgio sia francese? O che molti svizzeri siano tedeschi? La lingua non determina necessariamente l’identità nazionale. Seri studi suggeriscono che il numero di russi e di coloro che s’identificano come russi in Ucraina, è attorno ai 4-5 milioni. È tuttavia vero che una significativa porzione di Ucraina centrale e orientale usi il russo come lingua predominante. È ugualmente una semplificazione grossolana affermare che il Paese sia parte della storia russa. In realtà gli ucraini sono stati soggiogati dalla Russia: è stato loro impedito lo studio della loro storia e attivamente scoraggiato l’uso della lingua».
Quale potrebbe essere una soluzione diplomatica?
Serve un accomodamento pacifico fra due Stati vicini con molte caratteristiche comuni, con una storia in qualche modo condivisa, ma anche con un distinto e crescente senso della loro narrativa nazionale. Dopo decenni di comunismo i russi hanno ricominciato a sentirsi russi e gli ucraini a identificarsi con il loro lontano passato, quando la Russia di Kiev era una genuina identità etnica e politica.
Improvvisamente abbiamo scoperto che l’architettura della sicurezza collettiva europea è debole. Cosa non ha funzionato?
Non ha funzionato l’uso unilaterale della forza di un Paese che forse ha qualche livello di rivendicazione sulla Crimea ma che ha deciso di risolvere la questione con un’improvvisa e brutale durezza. Questo non le ricorda l’Europa prima del 1939?
È ancora possibile una guerra? Cioè uno scontro fra Russia e Nato?
Se viene rotta la tregua, penso ci sia la possibilità di uno scontro. Per renderlo improbabile la Nato dovrebbe chiarire che in caso di fallimento della trattativa fornirà all’Ucraina armamenti difensivi affinché un’escalation di Putin sia poco produttiva e molto costosa.
Vladimir Putin è ancora un partner credibile?
Sfortunatamente no. E questo vale anche per molti dei suoi associati che d’improvviso sono diventati estremamente ricchi, mentre la popolazione russa nel suo complesso vive ancora in una condizione di ritardo.
I russi dicono che le sanzioni non sono economiche ma politiche, uno strumento per abbattere Putin.
Non credo che il cambio di regime sia un obiettivo, non ci sono prove. Non siamo così illusi da credere che le sanzioni spingeranno Putin a dimettersi. La speranza è che lo scoraggino da altre prove di forza.
Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 26/10/2014