Gabriella Mancini, La Gazzetta dello Sport 26/10/2014, 26 ottobre 2014
BISOLI: «RESTO IN A COL MIO CESENA GRAZIE ALLE NOTE DI ROMAGNA MIA»
Pierpaolo Bisoli si presenta in tuta e con la playlist ricopiata in bella calligrafia. «Ho suonato il clarinetto fino a 14 anni, ho frequentato il Conservatorio e sfilavo con la banda di Porretta Terme. Mille lire a uscita, un gran divertimento». È un pomeriggio pigro e soleggiato a Villa Silvia, sulle dolci colline romagnole, l’allenatore del Cesena si concede una deviazione musicale prima dell’allenamento. «La musica è sempre stata nelle mie corde, poi ho cominciato a uscire con gli amici e ho smesso di suonare, ma appena posso andiamo a “far baracca”, organizziamo una serata e canto. Spesso andiamo a Cesenatico, da Ivan».
Il suo cavallo di battaglia?
«Io vagabondo dei Nomadi. Sono sempre stato un vagabondo, a 17 anni ero già andato via da casa, Porretta Terme. Ad Alessandria ho incontrato mia moglie Rita, poi tante altre squadre e un punto fisso: la famiglia».
Un brano per sua moglie?
«Due. Canzone per lei e Più bella cosa di Ramazzotti. Ma ce n’è un’altra di Eros...».
Quale?
«Ciao pa’ , dedicata al padre. Ho perso mio padre quando avevo 8 anni, una mancanza indescrivibile, a volte penso quanto sarebbe stato orgoglioso del mio percorso».
Chi ascolta quando è teso?
«I Santa Esmeralda, che seguivo da ragazzo: Don’t let me be misunderstood è il massimo».
Su quali note si caricava prima di scendere in campo?
«Gonna fly now , colonna sonora di Rocky ».
Un motivo ascoltato spesso in viaggio?
«The sound of silence , Simon and Garfunkel. Mi accompagnava da Porretta ad Alessandria e amplificava quel senso di lontananza: ero contento di tornare a casa, ma poi era bello ripartire».
E’ un tipo romantico?
«Più che altro sono spontaneo, diretto, sincero. Provo sempre emozioni: per una partita, quando i cagnolini mi aspettano a casa e mi saltano addosso, quando vedo mia moglie felice. Sono poco diplomatico e questo nel calcio penalizza».
A che cosa si riferisce?
«Avevo dato maggiore importanza a un giovane che consideravo più in forma rispetto a un calciatore affermato. Scelte che ho pagato, se fossi stato più diplomatico la mia carriera sarebbe stata diversa, ma sono un testone e rifarei tutto».
Il suo Cesena è...
«Un gruppo eccezionale, speriamo di rimanere in serie A».
Se fosse una canzone?
«Romagna mia . Quando la sento cantare dalla curva mi si riempie il cuore, mi sento parte di questa terra. Sono nato nelle montagne emiliane, là non capivo l’ardore dei romagnoli, gente che lavora per far divertire i turisti, il mare è un bel potenziale anche se non è quello della Sardegna, e i romagnoli l’hanno valorizzato con l’accoglienza e l’organizzazione. Li consideravo presuntuosi, ma mi sbagliavo».
Oggi c’è l’Inter al Manuzzi, che cosa si aspetta?
«Vorrei ripetere la stessa prova vista contro il Milan, finita in parità. L’Inter è una squadra da prime posizioni, Mazzarri ha fatto sempre bene in carriera e saprà isolare la squadra dai problemi societari. Userò la tattica dei più deboli: ingigantire i loro difetti».
I giocatori che teme di più?
«Icardi, Palacio e Kovacic».
Torniamo alla musica: c’è stato un incontro particolare?
«Bei ricordi con Vasco. Io giocavo in Serie C, lui faceva serate a Montese, in una discoteca piccolissima e cantava Albachiara . Lo ricordo sempre tranquillo, non faceva pesare il suo talento che stava sbocciando».
C’è un brano nel quale si identifica?
«Una vita da mediano me l’hanno etichettata. Io non mi ci ritrovo completamente, ma Mazzone mi chiamava 113 perché mi voleva sempre al servizio della squadra. A Cagliari mi regalarono il cd di Ligabue. E in effetti spendevo parole di incoraggiamento per i giovani, la pappa cotta non me la sono mai trovata. Dai 17 ai 25 anni avevo giocato soltanto in Serie C, la A me l’ero proprio guadagnata».
E da allenatore è ripartito dal basso.
«Sì, per scommessa con gli amici. Avevo detto: “Quando smetterò con la A tornerò a giocare con voi in Promozione”. Poi il presidente mi chiese di fare l’allenatore-giocatore e 10 anni fa sono ripartito dalla panchina. Tutto con le mie forze, senza un procuratore, senza uno sponsor, con molto lavoro. Oggi sfidare l’Inter è un sogno».