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 2014  ottobre 27 Lunedì calendario

L’IBM ESCE DALL’HARDWARE E SALE SULLA NUVOLA. SOLO SOFTWARE E SERVIZI PER LIBERARSI DAL DEFICIT

Warren Buffett, che a 84 anni è ancora l’investitore americano più famoso nel mondo (e più ammirato), ha sempre avuto un atteggiamento ambiguo e prudente sui titoli tecnologici. Non si fece incantare dalla sirene della “new economy”, né ha mai cavalcato gli exploit della Silicon Valley. L’unica eccezione? La sua sola “debolezza”? L’Ibm, il gigante che per 103 anni ha dominato l’innovazione hi-tech in America. Dal 2011 Buffett ha cominciato ad accumulare titoli di Big Blue (il soprannome dell’Ibm), diventandone il primo azionista. E assieme a Wells Fargo, Coca-Cola e American Express, l’Ibm è tra i quattro maggiori investimenti della sua holding Berkshire Hatahway. Uno sbaglio? Sì, “un grande errore” risponde adesso Buffett in uno slancio di sincerità (e leccandosi le ferite): lunedì scorso, subito dopo l’annuncio dei deludenti risultati trimestrali del colosso, le quotazioni di Big Blue sono crollate del 7,2 per cento e in poche ore il “Mago di Omaha”, come l’anziano investitore viene soprannominato, ha perso – sulla carta - più di un miliardo di dollari. Buffett non se l’aspettava. Ma anche Wall Street è sembrata sorpresa: solo pochi analisti si erano resi conto che, dietro alla sicurezza ostentata da Virginia Rometty, 57 anni, e da due anni presidente e chief executivedella Ibm, covava un’ennesima crisi strutturale legata ai ritardi nel capire il crescente ruolo
della cloud - la nuvola - nella vendita di software e nella gestione di big data. La storia di Big Blue è costellata di tempeste. Il momento più difficile e umiliante fu all’inizio degli anni Novanta: il boom dei personal computer, sempre più economici e potenti, aveva ridotto di colpo la domanda dei mainframe, i grandi “calcolatori elettronici” che avevano fatto la fortuna dell’Ibm, consentendole generosi margini di guadagno. L’azienda era sull’orlo del precipizio. John Akers, l’ultimo chief executive della vecchia guardia, fu sostituito da Louis Gerstner, il primo “outsider” nella storia aziendale: il quale da un lato licenziò decine di migliaia di dipendenti, dall’altro indicò una nuova strategia di business. Dalla produzione del hardware, l’Ibm si sarebbe spostata alla fornitura di software e servizi alle imprese. La cura ebbe successo. Prima con Gerstner, poi dal 2002 con il suo successore Sam Palmisano, Big Blue tornò a essere una protagonista del settore tecnologico. L’Ibm vendette le sue attività nei pc alla cinese Lenovo, ma senza pentirsene: anche perché l’andamento del titolo in Borsa continuava a salire, spinto anche dai programmi di buyback (riacquisto azioni proprie) e dai ricchi dividendi voluti dai manager. Tra il 2007 e il 2012, l’Ibm ha ricomprato in media il 4,5 per cento delle sue azioni ogni anno, anche per contrastare le difficoltà legate alla tempesta di Wall Street. La Rometty ha portato la percentuale al 6,5: facendo felice Wall Street (e Buffett), ma anche riducendo i mezzi a disposizione per investimenti. Si calcola che tra il 2002 e il 2013 l’Ibm abbia speso 108 miliardi di dollari per i buyback, 30 miliardi per i dividendi e solo 58 miliardi per nuove attività produttive e per la ricerca. Così nello scorso mese di settembre, dopo 10 trimestri consecutivi di fatturati in calo, i nodi sono venuti al pettine. “C’è stato un deciso rallentamento degli acquisti da parte dei nostri clienti, oltre a una accelerazione dei cambiamenti in atto nel nostro settore”, ha spiegato lunedì scorso Ginni Rometty, dicendosi “delusa” dei risultati trimestrali (l’utile è sceso del 10 per cento) e abbassando le stime per il prossimo bilancio. La chief executive, che secondo la rivista Fortune resta la donna più potente nel mondo internazionale del business, ha anche messo da parte 600 milioni di dollari per i costi di altri licenziamenti (l’Ibm ha oltre 400mila dipendenti) e ha venduto la sua divisione chip di Fishkills, a nord di New York, alla GlobalFoundries californiana. Una cessione costosa: era un’attività in perdita, e per convincere la GlobalFoundries ad assumersene gli oneri, l’Ibm ha dovuto versare 1,5 miliardi di dollari, invece di ricevere un compenso. “Dobbiamo essere capaci di reinventarci come abbiamo fatto altre volte nel passato”, ha detto la Rometty con toni ottimistici. “Tenendo conto che i cambiamenti nel settore stanno avvenendo più velocemente di quel che avevano programmato”, le ha fatto eco il direttore finanziario del gruppo Martin Schroeter. Ma ce la farà l’Ibm? E quale sarà la nuova direzione di marcia? Il miliardario Marc Cuban è pessimista: “L’Ibm non ha più una strategia imprenditoriale”, ha detto provocatoriamente in una intervista alla Cnbc all’indomani del tracollo borsistico. “Non sembra più una azienda hi tech, ma si è specializzata in operazioni di ingegneria finanziaria”, ha proseguito Cuban, riferendosi al massiccio buyback di azioni proprie. “E per me non è una strada che porta al futuro”. La risposta di Big Blue non si è fatta attendere: “Daremo una accelerazione alla nostra strategia di crescita”, ha detto in un comunicato. “A questo scopo saranno create una divisione per il business della nuvola e varie unità interne che forniranno servizi ad aziende e professioniste le cui attività vengono trasformate dalle nuove potenzialità nella gestione e analisi dei dati”. “Al tempo stesso – ha aggiunto il comunicato, “continueremo a remunerare gli azionisti e a investire nella ricerca e nel gruppo”. Non c’è dubbio che a dispetto delle difficoltà l’Ibm abbia ancora grandi potenzialità: del resto il bilancio in corso si chiuderà con utili per 16 miliardi di dollari, che sono molti di più dell’intera capitalizzazione di Borsa del gruppo Fiat Chrsyler. E certo alcune scelte strategiche sono già indicate chiaramente: come quella di puntare sull’“intelligenza artificiale” del suo supercomputer Watson. Attraverso una nuova divisione che opererà a New York, l’Ibm conta di vendere alle aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni, uno strumento prezioso per gestire e analizzare i loro dati, oltre a trovare nuovi filoni di guadagno. Ma la vera sfida per Rometty e i suoi collaboratori è di accelerare la transizione tra le attività tradizionali di hardware, software e di produzione di servizi, che ancora rappresentano i due terzi del fatturato, verso le attività più innovative, creative e con maggiori margini di guadagno. [ I PROTAGONISTI ] 1 2 3 Warren Buffett, il “mago” di Omaha, che è il più importante investitore individuale nell’Ibm (1); Virginia “Ginni” Rometty, Ceo dell’Ibm (2) che sta traghettando l’azienda sempre più lontano dalle tradizionali produzioni hardware e trasformandola in un gruppo di software e servizi a partire dal cloud; Sam Palmisano, il predecessore della Rometty (3) che iniziò l’operazione con la cessione del settore pc alla Lenovo Lo stand dell’Ibm all’ultimo Consumer Electronic Show di Las Vegas
Arturo Zampaglione, Affari&Finanza – la Repubblica 27/10/2014