Mirella Serri, La Stampa – TuttoLibri 25/10/2014, 25 ottobre 2014
SANDRO VERONESI “E’ PASOLINI IL PROFETA DEL NOSTRO CAOS CALMO”
[Intervista] –
È tornato Pietro Paladini, l’indimenticabile protagonista di Caos Calmo di Sandro Veronesi che, per tutti noi, ha le sembianze inconfondibili e pure la vocetta acuta di Nanni Moretti, suo interprete sul grande schermo. Pietro è di nuovo il piccolo-grande eroe del libro dello scrittore fiorentino, Terre rare, un bel sequel che è come un buon vino invecchiato di nove anni. Anni non passati invano.
Paladini non è più il personaggio immobile che, devastato dalla morte della moglie, trascorreva ore su una panchina davanti alla scuola della figlia. Adesso sfida il destino preso in un tourbillon: la diciannovenne Claudia, dopo anni di psicoterapia, è scappata di casa, la nuova compagna, Diana, è una tipetta assai poco raffinata che dice «borzetta e carammelle» e pure una ragazza che gli accende inaspettati ardori: tutta tatuata, in canotta e hot pants, viene dall’hinterland capitolino.
Così lo scrittore che da sempre si è dedicato a indagare complicazioni familiari e psicologiche, alla maniera dei grandi realisti dell’ottocento, adesso ha deciso di azzannare di nuovo la contemporaneità: la crisi morde il mondo di Paladini, rispetto a Caos Calmo c’è stato un declassamento sociale e culturale, Pietro non è più un funzionario di un importante network, traffica con macchine in leasing, ha soci truffaldini e ci prova gusto a diventare, per una serie di imprevisti, anche lui parte dell’Italia invisibile della corruzione e dell’illegalità diffusa. Questi nove anni hanno lasciato il segno anche nella vita di Veronesi, il romanziere ha scritto altri libri, come XY (Fandango), ha avuto due new entry familiari che sono andate ad aggiungersi ai tre ragazzi di casa.
Quali i libri e gli autori che l’hanno accompagnata in questi ultimi anni e l’hanno aiutata a capirne le radicali trasformazioni?
«Innanzitutto Pier Paolo Pasolini. In questo ultimo decennio abbiamo assistito all’evoluzione delle classi sociali preconizzata dall’autore dei Ragazzi di vita. In Caos calmo correvano i quattrini, dominava la finanza allegra e si abitava in quartieri residenziali. Ancora c’erano quelle distinzioni tra borghesi e proletari che avevano condizionato l’esistenza di Pasolini il quale, dopo la cena al “Pommidoro” con Gadda in giacca e cravatta, trascorreva il resto della nottata con i borgatari. Oggi siamo all’epilogo di un processo iniziato anni fa, siamo all’omologazione totale».
Come un nume tutelare Pasolini accompagna il percorso culturale di Veronesi fin da quando lo scrittore, giovanissimo, era approdato alla redazione della rivista «Nuovi Argomenti». Il profeta della scomparsa delle lucciole è presente per Veronesi anche in questi nostri anni di livellamento. Siamo dunque veramente tutti più uguali?
«Fino a un certo punto. Mentre scrivevo Terre rare (il riferimento è agli elementi rari e fondamentali per l’industria tecnologica che si ritrovano in natura, ndr) mi è venuto in mente che avrei dovuto assolutamente far leggere al mio protagonista Bel Ami, che io peraltro non avevo mai letto. Il celebre romanzo di Maupassant prende avvio il 28 giugno e nella stessa data a Pietro capita di essere buttato per terra dallo skateboard di un ragazzino, di travolgere una bancarella di libri usati e di trovarsi tra i piedi proprio un’edizione Garzanti di quel capolavoro. Il mio personaggio è ricco di ombre come Georges Duroy di Bel Ami, ambizioso e seduttore che, da povero militare in congedo, si conquista un posto al sole nella società parigina, grazie al giornalismo e alla sua capacità di manipolare donne potenti e intelligenti. Questo libro, inoltre, viene regalato a Pietro da Marta, bella come Natalie Wood e profondamente ferita dal fatto che lui l’ha lasciata per la sorella. Mentre Pietro si dedicava al romanzo dello scalatore sociale più famoso di tutta la letteratura anche io in contemporanea mi sono cimentato con quel capolavoro».
Questo recente universo, dove i protagonisti cercano di sfondare lo sportello di Equitalia e non arrivano a fine mese, ha qualcosa in comune pure con il mondo di inizio Novecento del Zeno Cosini di Italo Svevo?
«Pietro, proprio come Zeno, seduce la sorella della sua fidanzata. Ed è anche un “inetto” a caccia di espedienti per sopravvivere, come Zeno. Pietro è un po’ Georges Duroy e un po’ Zeno, è anche un “minchione” come viene ribattezzato dai suoi collaboratori».
Siamo tornati all’epoca della commedia all’italiana, quando per superare i tempi di magra c’erano le truffe spettacolari? E’ così?
«Il tono del libro non è certo quello di una commedia. I punti di riferimento per descrivere l’impoverimento, il dilagare dell’intrattenimento, dei media, dello spettacolo, la competizione sociale e un fittizio egualitarismo, sono stati per me i grandi romanzieri del Nord e del Sud America. Ma non direttamente per quello che narravano o per i loro contenuti ma perché, mentre l’Italia e anche l’Europa passavano il tempo a discutere di sperimentalismo, avanguardie e morte del romanzo, nell’altro continente il romanzo lo scrivevano. Così David Foster Wallace, per esempio, è stato un fantastico ribelle, uno che sa sezionare come un chirurgo le difficoltà nei rapporti interpersonali».
Wallace è stato definito dal «New York Times» l’Émile Zola «post-millennio» e la critica l’ha spesso paragonato a Thomas Pynchon, Don DeLillo, Vladimir Nabokov, Jorge Luis Borges. Concorda?
«Sono autori che io amo molto, ai quali si può aggiungere Richard Ford di Canada, Philip Roth, Vargas Llosa, García Márquez. Tra gli italiani Cassola, Bassani, Cancogni e Bilenchi. La Capria ci ha dato uno dei più importanti libri del secolo scorso, Ferito a morte. Di recente mi è capitato tra le mani La casa tonda di Louise Erdrich, un’indiana Chippewa che, con profondo coinvolgimento, descrive uno stupro, la lotta per la sopravvivenza, la sua gente i cui diritti umani sono stati calpestati. Questi sono i libri che ti fanno capire che vale la pena di continuare a scrivere».
Altre letture dell’ultimo decennio?
«Fantascienza, i volumi della collana Urania. Mio padre ne era un collezionista. Dopo la sua scomparsa ho risistemato la casa, fatto ordine e ho trovato tutta la sua raccolta. Su un libricino aveva annotato a matita, in data 6 aprile 1959, “Ciao a tutti, sto per presentarvi un nuovo amico, si chiama Alessandro o Giovanna”. Annunciava la mia nascita e non era ancora a conoscenza del sesso del nascituro. Mi sono reso conto che ho preso da lui l’abitudine di scrivere i miei pensieri più intimi sui tomi, il primo approccio è stato con una raccolta di Flannery O’ Connor».
Adesso, l’ultimo approdo?
«Il Vangelo di San Marco: è il protoromanzo dell’Occidente, poche chiacchiere e tanta azione, ricco di colpi di scena, di miracoli dove Gesù è un esorcista e un terrorista. Meglio di un film di Quentin Tarantino».
Mirella Serri, La Stampa – TuttoLibri 25/10/2014