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 2014  ottobre 25 Sabato calendario

QUELLO SGUARDO INSAZIABILE

A ricordare per sempre Tullio Regge c’è un pianetino in orbita tra Marte e Giove, il numero 3778. Lui se n’è andato a 83 anni lasciando un vuoto nella fisica teorica, nella divulgazione scientifica, nell’impegno civile. Un vuoto di intelligenza. Non abbiamo più il suo pensiero divergente, il dono di guardare i problemi rovesciando il punto di vista. Lo applicò alla fisica delle particelle e vennero fuori i «Poli di Regge», alla Relatività generale di Einstein e ne uscì il primo abbozzo della gravità quantistica, ai buchi neri, e diede contributi geniali.
Capelli rossi, grandi occhi pieni di stupore e divertimento, Tullio Regge nasce l’11 luglio 1931 a Borgo d’Ale in provincia di Vercelli e si laurea all’Università di Torino nel 1952 con Mario Verde e Gleb Wataghin, due maestri che gli offrirono subito orizzonti internazionali. All’Università di Rochester, New York, consegue il dottorato in fisica delle particelle elementari. Incontra John Wheeler, uno dei maggiori fisici teorici del ‘900, e incomincia a interessarsi alla teoria della Relatività generale: con lui pubblica un lavoro sui buchi neri che sarà fecondo per l’astrofisica. Relatività e meccanica quantistica diventano i suoi principali campi di interesse e li approfondisce al Max Planck Institut di Monaco diretto da Heisenberg. Qui con Symanzyk inizia studi che lo porteranno a sviluppare l’idea di particelle fittizie, appunto i «Poli di Regge», intuizione che avrà grande fortuna in fisica delle alte energie.
Nel 1961 diventa professore di Relatività all’Università di Torino. Parallelamente entra all’Institute for Advanced Study di Princeton, dove avevano lavorato Einstein e Goedel e dove conosce Oppenheimer. E’ di quegli anni il suo tentativo di quantizzare la gravità: per riuscirci, sviluppa una tecnica matematica ora nota come «Regge Calculus».
Nel 1979 riceve la Medaglia Einstein, oltre c’è solo il Nobel. Nello stesso anno lascia Princeton e torna a Torino, alla facoltà di Fisica. Una distrofia muscolare lo aveva costretto a camminare appoggiandosi a grucce e poi a muoversi su una carrozzina. Eletto parlamentare europeo nel 1989, al termine del mandato passa al Politecnico di Torino, dove per 10 anni ha insegnato teoria quantistica della materia.
L’elenco dei lavori scientifici di Regge, benché formidabile, non direbbe quasi nulla sulla poliedricità del personaggio. Regge ha usato il computer per fare disegni ironici. Uno rappresenta un fiore a 4 petali ed è intitolato «Viola del pensiero debole», con allusione al filosofo Vattimo. Da giovane progettò una poltrona. Raccontava: «Mi ispirò la ciclide di Dupin, una curva geometricamente interessante. Ne avevo fatto un modello in fil di ferro. Nel 1968 un’azienda l’ha commercializzata chiamandola Detecma. Ora è al Design Museum della Triennale di Milano». Negli Anni 80, per sbloccare i lavori del nuovo Istituto di fisica, fece lezione in mezzo alla strada. Una volta, in Polonia, vide una mongolfiera e con Mario Rasetti immaginò una molecola che poi fu scoperta in natura, il fullerene, e diede il Nobel a Kroto. Intanto riempiva il Palasport con le sue conferenze e curava con me programmi di scienze per la Rai. Da un dialogo con Primo Levi nasceva un libro tuttora ristampato. Scriveva di scienza sulla «Gazzetta del Popolo» e poi a «La Stampa». Si impegnava nel Cicap contro le pseudoscienze e nell’Airh a favore dei portatori di handicap. Fondava l’Isi, Istituto per l’interscambio scientifico, e riceveva la Medaglia Cecil Powell della Società Europea di Fisica e la Medaglia Dirac. I suoi libri divulgativi diventavano bestseller. L’ultimo, frutto di lunghi colloqui con l’astrofisico Stefano Sandrelli, è «L’infinito cercare. Autobiografia di un curioso», edito da Einaudi. La curiosità lo spingeva, l’intelligenza lo guidava.
Piero Bianucci, La Stampa 25/10/2014