Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 25/10/2014, 25 ottobre 2014
TERRE RARE, PER LA UE L’EMERGENZA RISCHIA DI RIPRESENTARSI
Alzi la mano chi si ricorda delle terre rare. I diciassette metalli strategici, preziosi per l’industria hi-tech e l’energia verde, il cui prezzo arrivò in qualche caso a decuplicare tra il 2010 e il 2011, sembrano finiti nel dimenticatoio. Ma l’Unione europea invita a non abbassare la guardia perché l’emergenza rischia di ripetersi e sarebbe pericoloso trovarsi impreparati.
È questo il messaggio trasmesso dallo European Rare Earths Competency Network (Erecon), una rete di oltre 80 tra i massimi esperti del settore, messa in piedi dal Parlamento europeo per gettare le basi delle future politiche comunitarie in relazione a questi materiali.
«Le materie prime sono uno degli assi portanti della strategia industriale della Ue», ha spiegato al Sole 24 Ore Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento Ue, alla presentazione del rapporto appena ultimato da Erecon. «Sulle terre rare abbiamo sottovalutato i rischi per troppo tempo e ora non possiamo dormire. Con l’Innovation Partnership la Ue offre già finanziamenti per progetti di ricerca, mirati soprattutto al riciclo. Ma bisogna andare oltre, ad esempio costituendo una riserva strategica di terre rare».
Il momento sarebbe favorevole, visto che i prezzi sono oggi crollati di oltre l’80% rispetto ai picchi di metà 2011. «Fu in quel periodo – ricorda Ferdinando Nelli Feroci, commissario uscente all’Industria – che all’improvviso l’Europa scoprì quanto le terre rare sono importanti e quanto ne siamo dipendenti. Adesso non dobbiamo dimenticarlo: il lavoro di Erecon serve a far capire al grande pubblico e ai decisori che dobbiamo migliorare l’accesso e l’approvvigionamento sostenibile a queste risorse».
A far esplodere l’emergenza erano state le restrizioni sempre più rigide all’export imposte dalla Cina, produttore quasi esclusivo di terre rare. Per circa un anno si verificarono carenze e fenomeni di accaparramento che fecero aumentare i prezzi in modo vertiginoso. «La bolla speculativa è scoppiata nella seconda metà del 2011», scrivono gli esperti di Erecon. Le imprese hanno imparato a servirsi di metalli riciclati o materiali alternativi, Pechino ha incassato una clamorosa condanna dalla Wto – nel primo caso avviato insieme da Ue, Usa e Giappone – e nuovi produttori si sono affacciati sul mercato, tanto che la quota di produzione cinese è già scesa dal 95 al 75%.
I progetti più avanzati, di Molycorp negli Usa e di Lynas in Australia, producono però soprattutto terre rare leggere, meno "rare" di quelle pesanti. Inoltre, il crollo dei prezzi li ha già messi in grave difficoltà. Altri investimenti, annunciati nel periodo dell’emergenza, sono stati cancellati. E la Cina continua a rappresentare un interrogativo per il futuro: anche se si adeguerà alle raccomandazioni della Wto, è probabile che continuerà a restringere l’esportazione di terre rare con altre misure volte a privilegiare le imprese locali.
@SissiBellomo
Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 25/10/2014