Antonio Castro, Libero 25/10/2014, 25 ottobre 2014
LE TASSE VALGONO IL 35% IN PIÙ DELLE CASE
Un investimento che costa in tasse più di quanto (potenzialmente) possa rendere. L’analisi dell’andamento dello stock immobiliare presentata dall’Agenzia delle Entrate (Osservatorio mercato immobiliare), certifica quello che gli italiani sembrano aver intuito: le imposte complessive (circa 50 miliardi) sugli immobili, è la sostanza, pesano per il 35% in più dell’eventuale rendita (37 miliardi). Nel 2013 la rendita catastale complessiva attribuita allo stock immobiliare italiano ammontava a quasi 37 miliardi di euro: 16,6 miliardi dagli immobili censiti come abitazioni, 10,8 dagli immobili a destinazione speciale (categoria D), quasi 6 miliardi da negozi, locali di deposito, box e posti auto (categoria C), 1,5 dagli uffici (categoria A/10), 1,3 dagli immobili ad uso collettivo (categoria B) e 0,7 dagli immobili a destinazione particolare (categoria E). Ma c’è dell’altro: come ha già spiegato Corrado Sforza Fogliani, presidente dei Confedilizia, se prima di questa crisi quasi il 72% delle famiglie era intestataria di almeno una casa, negli ultimi tempi la percentuale di proprietari è scesa al 67%, e visto l’accanimento contro il mattone non è escluso che il calo si accentui. Ma altri due dati dell’Omi fanno riflettere: la nuova tendenza dei costruttori a non terminare di realizzare un immobile (per evitare di pagarci ancora più imposte), e lo smantellamento di capannoni e coppi dei tetti per riclassificare - declassandolo fiscalmente - l’immobile, e quindi limare le imposte. O cancellarle del tutto fino a non aver venduto le mura. Spiegava nel dettaglio Il Sole 24 Ore di ieri: «Lo stock degli immobili iscritti nella categoria F3 (costruzioni non ultimate), resta molto alto: sono 717mila, 11mila (1,52%) in più del 2012». Ma c’è dell’altro: sono aumentati anche gli immobili allo stato di rudere (categoria F2). Secondo l’Agenzia delle Entrate in soli 12 mesi si sono polverizzate il 12,4% delle abitazioni che in quanto “ruderi” non pagano le tasse. A questo punto però sorge un sospetto: o il patrimonio immobiliare italiano si sta letteralmente sbriciolando, oppure costruttori e proprietari hanno individuato nelle categorie F2-F3 l’unico modo per non farsi erodere, loro, le imposte. Lo dicono le associazioni di categoria, lo confermano le voci di paese: nottetempo vengono smantellati tetti e solai di case e capannoni. Senza tetto non si tratta di immobili e il fisco non può pretendere balzelli. Almeno non quelli sul possesso. Spiega l’analisi Omi/Agenzia: «Gli immobili censiti nel gruppo F sono circa 3 milioni e rappresentano unità identificate al solo scopo inventariale in quanto non producono reddito. Sono per la maggior parte aree urbane (F1) e lastrici solari (F5), quelle unità cioè dotate di potenziale autonomia funzionale ma prive di autonomia reddituale e che, se pur pertinenza o dipendenza di altre unità immobiliari, non contribuiscono, per la loro natura, ad incrementarne il reddito». Una categoria, quella F, che - con le tasse che girano - sembra diventata molto appetibile. Per costruttori (non ultimate 717mila unità), e proprietari di immobili che sono stati classificati come ruderi (420mila, +12,4% sul 2012). Ipotizzando che ogni unità immobiliare (ma tra gli F3 si classificano anche interi condomini non finiti), se classificata diversamente, avrebbe prodotto un incasso fiscale di 200 euro l’anno, l’erario continuando ad aumentare le tasse ha perso qualche decina di milioni di gettito solo quest’anno. Sempre che la categoria F (ruderi, immobili non finiti, aree urbane, lastrici solari), non venga abolita per fare cassa...
Antonio Castro, Libero 25/10/2014