Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 25/10/2014, 25 ottobre 2014
TAGLI E TASSE CI SONO, MA LA SPENDING DOV’È?
Il lavoro di controllo delle tabelle della legge di Stabilità è appena all’inizio, ma c’è una cosa che si può dire fin da ora: come aveva in sostanza annunciato lo stesso commissario Carlo Cottarelli, di vera spending review lì dentro ce n’è poca. A guardare gli allegati, di veri tagli di spesa corrente su singoli capitoli di spesa giudicati troppo ricchi – cioè una vera spending review – ci sono 413 milioni. Tutto qua: neanche la metà, insomma, del miliardo e spiccioli di tagli ai ministeri (il resto sono spese in conto capitale).
E i 15 miliardi di spending review di cui ha parlato Matteo Renzi? Sembra difficile che ci siano tutti, però sono per la maggior parte i soliti tagli lineari: i 6,2 miliardi sottratti a regioni, province e comuni diventano 8,2 miliardi a regime, nel 2017, cui aggiungerne altri 2,3 miliardi dal blocco delle spese su crediti difficilmente esigibili (per comuni e città metropolitane, però, c’è anche lo sblocco di 3,2 miliardi del patto di Stabilità interno) sono solo minori trasferimenti, un classico esempio di quella spending review che, nell’omonimo film, il marchese del Grillo spiegava all’ebanista Aronne Piperno (“io non li caccio e tu non li pigli”). Anche il resto delle minori spese, alla fine, sono i soliti tagli lineari: i patronati avranno 150 milioni in meno; il comparto sicurezza rinuncerà ad assunzioni, riordino delle carriere e altre cose per una cifra simile; 10 milioni vengono sottratti a Csm e giustizia amministrativa, 10 a palazzo Chigi e al Cnel, 50 all’Inail e 60 all’Inps; 40 milioni vale lo scippo dell’indennità di vacanza contrattuale degli statali (la beffa oltre al mancato rinnovo del contratto); 200 milioni vengono presi dal Fondo occupazione di una vecchia Finanziaria di Prodi, 100 vengono tolti dal sostegno al trasporto merci su ferro, 85 milioni li mette la Rai. A questi vanno aggiunti gli effetti sul 2015 dei tagli, soprattutto all’acquisto di beni e servizi, inseriti nel decreto sugli 80 euro di aprile (2,7 miliardi li ha quotati il premier in conferenza stampa). Difficile, comunque, che la somma alla fine arrivi ai 15 miliardi annunciati da Renzi a Palazzo Chigi il 15 ottobre (“alla faccia di chi diceva che non ce l’avremmo fatta”), ma il Tesoro insiste: “La spending ammonta a 16,1 miliardi”, ha messo nero su bianco ieri sul suo sito.
Alto, in ogni caso, il contributo delle entrate al raggiungimento del saldo: sono 10 miliardi in tutto, due e mezzo dei quali vengono dalla tassazione del Tfr che arriverà in busta paga (le liquidazioni, poi, pagano pure altri 500 milioni di maggiore tassazione tra quello devoluto ai fondi pensione e quello che resta in azienda). Il valore complessivo della manovra, infine, sembra essere di poco più di 31 miliardi e non di 36 come annunciato dal governo, solo 7 dei quali sono coperti a deficit (non 11 come nelle famose slide). Anche qui il Tesoro contesta la ricostruzione: “Gli interventi previsti ammontano a 36,2 miliardi. Le coperture sono pari a 25,8 miliardi. Il saldo, pari a 10,4 miliardi, è invece coperto in deficit” (ma 3,3 sono la famosa riserva). Curioso, però, nella tabella del ministero il rapporto tra sgravi fiscali e nuove tasse: minori entrate 14,7 miliardi (non 18 come da slide), maggiori entrate 9,6 miliardi. Il taglio reale di tasse, insomma, è di 5,1 miliardi.
Quanto alla detassazione dei nuovi contratti a tempo indeterminato l’economista Tito Boeri, su lavoce.info, ha spiegato che “sarà in vigore per il solo 2015” e che “data l’entità dello sgravio (riduce di un terzo il costo del lavoro) e la sua temporaneità (solo 2015) è probabile che ci sia un forte effetto di sostituzione sia con posti di lavoro già esistenti che nel corso del tempo”. In sostanza, difficile si tratti di “nuovi posti”, ma semplicemente le imprese concentreranno le assunzioni l’anno prossimo con un effetto imprevisto: “la stima dei costi” di Boeri è “nettamente superiore a quella del governo, attorno ai 3 miliardi per il 2015” (lo stanziamento è solo di 1 miliardo l’anno).
Infine sta scoppiando un caso abbastanza spiacevole per Matteo Renzi: la protesta delle associazioni della disabilità per una decurtazione dei fondi destinati al sostegno di malati e portatori di handicap. Nelle tabelle della legge di Stabilità vengono stanziati infatti 250 milioni per il Fondo non autosufficienza e 300 milioni per il Fondo politiche sociali: dovevano essere, secondo l’impegno dell’esecutivo, 350 milioni a testa (ne mancano dunque 100 per la non autosufficienza e 50 per le politiche sociali, ma la buona notizia è che diventano stabili e non da rifinanziare ogni anno). “Con queste cifre, non si costruisce nessun Piano per la non autosufficienza, che è il nostro vero obiettivo”, ha spiegato Mariangela Lamanna, portavoce delle associazioni, dopo “un inutile incontro” al ministero del Lavoro: “Non ci resta che la via della mobilitazione e della piazza”. L’appuntamento è fissato per il 4 novembre sotto il ministero dell’Economia. È vero, però, che molti esponenti di maggioranza e il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si sono impegnati a trovare i soldi che mancano.
Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 25/10/2014