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 2014  ottobre 25 Sabato calendario

IL NUOVO PATTO DEL NAZARENO CHE FA ARRABBIARE VERDINI

Il patto del Nazareno somiglia sempre più a un accordo programmatico. E l’intesa che sembrava circoscritta alla legge elettorale e alle riforme costituzionali, si scopre in realtà più ampia, comprende anche le unioni civili e lo ius soli: due temi sui quali Renzi e Berlusconi si erano però limitati a un accordo sui «titoli». E allora come mai il Cavaliere ha deciso di aderire alle tesi del leader del Pd?
La mossa ha provocato lo sconcerto tra i forzisti, che già vivono come un «tradimento» da parte del Cavaliere l’idea di accettare la proposta renziana per assegnare il premio di maggioranza della legge elettorale a un partito e non più a una coalizione. Perciò in molti hanno chiesto conto a Verdini, considerato il nume tutelare del «patto», e tutti sono rimasti stupiti quando gli hanno sentito dire: «Non chiedete a me. Io lascio». Era già accaduto che «l’uomo dei numeri» del Cavaliere fosse stato sul punto di mollare, ma dopo averlo minacciato era sempre tornato sui propri passi, cedendo agli appelli di Berlusconi. Stavolta però Verdini è andato oltre, perché non solo l’ha detto a voce al capo di Forza Italia, l’ha anche scritto in una lettera dove ha aggiunto la data di scadenza dell’incarico, così da dare tempo di organizzare l’avvicendamento. Da più di una settimana l’ex premier mostra la missiva e ne parla con apparente preoccupazione.
Chissà se anche stavolta riuscirà a comporre lo strappo. Il fatto è che Verdini è stanco di fare il cireneo: lui che era stato additato in Forza Italia come «la tessera numero due del Pd» per la sua «eccessiva vicinanza» a Renzi, non accetta di essere usato nel rapporto con il premier e di vedersi poi delegittimato. Problemi di linea politica si intrecciano a questioni di credibilità personale, visto che agli occhi dei parlamentari forzisti ormai vale più un selfie della corte di Berlusconi che la parola di un dirigente incaricato di gestire la trattativa con Palazzo Chigi.
«Speriamo che Silvio si svegli», ha sospirato Verdini, commentando la decisione. Le oscillazioni del Cavaliere a suo modo di vedere mettono a repentaglio il futuro del partito. L’approccio su temi sensibili quali le unioni civili e lo ius soli aprono una faglia con la Lega, dove rischiano peraltro di finire inghiottiti voti forzisti. E l’opzione del premio di maggioranza da assegnare a una lista e non a una coalizione per la futura legge elettorale «sarebbe per noi esiziale».
Ma Berlusconi non sembra dargli retta. La proposta di Renzi, «con i dovuti accorgimenti su soglie di sbarramento e blocco delle preferenze», sarebbe secondo Berlusconi «utile al sistema»: «Meglio che governi un solo partito. L’ho sempre sostenuto. Se penso a quello che ho dovuto sopportare con Fini, Casini e Bossi quando ero a Palazzo Chigi...». Per certi versi è l’eterno alibi con cui il Cavaliere ha coperto le inadempienze del suo contratto con gli italiani: «Non mi hanno lasciato lavorare».
Una tesi che può reggere sulla riforma della giustizia e su quella del fisco, sulla riforma della burocrazia e su quella dello Stato, ma che cade quando si parla del partito unico di centrodestra. Perché fu Berlusconi a promettere di voler «lasciare in eredità agli italiani la più grande forza moderata della storia». Ma fu lui che dopo esser salito sul predellino decise di scenderci e di tornare a Forza Italia. E oggi è consapevole che lo scontro con Renzi è impari: per numeri, per uomini, per struttura di partito e soprattutto per il fattore tempo, che non gioca a suo vantaggio.
Così il Cavaliere sembra applicare la massima secondo la quale se non si può battere un nemico ci si allea. Il problema è se, alleandosi con il nemico, si perdono gli alleati: cioè il partito, attraversato da forti tensioni interne che vengono monitorate anche da Renzi, a cui stanno bene gli attuali equilibri di sistema, e che è preoccupato quindi dal rischio di una disgregazione di Forza Italia. In questo contesto è maturato il distacco tra Berlusconi e Verdini, che ha prodotto una novità.
Nel gruppo dirigente del partito è infatti cresciuta l’impressione che si sia saldato un sodalizio tra lo stesso Verdini e Gianni Letta, che insieme gestiscono le trattative con Palazzo Chigi. Per quanto diversi per carattere e per approccio, hanno in comune la conoscenza della sintassi politica, laddove alla corte del Cavaliere (quasi) tutti sono digiuni di grammatica. Ma tant’è. E «Denis» non accetta più di assistere ad errori persino di ortografia.
Non è chiaro quali siano le motivazioni che hanno indotto Berlusconi alle ultime svolte. In Forza Italia esistono due scuole di pensiero. C’è la tesi politica, secondo cui il leader si ritrova senza più bandiere: perso il vessillo delle riforme economiche per mano di Renzi, senza più lo stendardo dei temi etici che vuole intestarsi Ncd, lasciato per forza di cose il ruolo di forza anti-europeista alla Lega, l’immagine «liberal» servirebbe al Cavaliere per accreditarsi presso una parte di opinione pubblica che pure non lo vota. Ma con cui magari spera di avvicinarsi per allearsi con Renzi. C’è poi un’altra tesi, quella di chi dice che se Sky entrasse sul mercato italiano delle tv generaliste per Berlusconi sarebbe un problema.