Pierangelo Molinaro, La Gazzetta dello Sport 24/10/2014, 24 ottobre 2014
GUT, URLO SOLITARIO: «LA SQUADRA? COME IN FABBRICA»
Lara Gut non passa inosservata, non lo è mai passata, neppure a 16 anni, quando esordì in Coppa. Non solo perché è bella, ma soprattutto perché ha carattere. Nelle conferenze stampa si mangia le avversarie non soltanto per ché parla quattro lingue. Attira l’attenzione perché non è mai banale. Intelligente e ribelle. Non si è costruita un’immagine, è così e basta. Il carattere l’ha mostrato appena entrata nella squadra svizzera di Coppa del Mondo: a un settimanale del Canton Ticino dichiarò che non capiva come mai in squadra ci fossero tante trentenni senza speranza. Ci fu chi predisse che l’avrebbero strangolata nel sonno. Sta di fatto che dopo i primi successi, Lara uscì dalla squadra e si creò un mini staff con papà Pauli.
Decisa Ma la Gut è soprattutto decisa in pista. A 18 anni vinceva due argenti nelle prove veloci ai Mondiali di Val D’Isere, doveva dominare tutto invece nell’autunno 2009 in allenamento si lussò l’anca destra e perse la stagione. Ma la scorsa, dopo il bronzo olimpico in discesa, ha chiuso terza la classifica generale con 1101 punti e sette vittorie. È partita a razzo, quattro vittorie in altrettante gare, ma dopo si è incartata, ha vinto ancora a gennaio a Cortina, per concludere con due vittorie e la coppetta del superG nelle finali di Lenzerheide. Per molti con Maze e Fenninger e fra le maggiori candidate alla Coppa.
Lara, è vero?
«Lo spero, spero soprattutto di partire bene come lo scorso anno, la classifica è solo una conseguenza. Poi però non devo sbagliare».
Ma la scorsa stagione cosa è successo?
«Tornata in Europa ho cominciato a sbagliare. Decisiva è stata St. Moritz, dove ero salita per la prima volta sul podio e dove nel 2008 ho vinto la mia prima gara. Forse la pressione, forse perché ho cercato di strafare, mi sono trovata fuori. Da lì ho continuato a sbagliare, solo nel finale mi sono ripresa».
Cosa non funzionava?
«Soprattutto l’entrata in curva, un particolare su cui ho lavorato molto questa estate».
Sempre da sola...
«Ma se guardate bene tutte le prime 10 della classifica hanno un loro staff o un allenatore in squadra che si dedica a loro. In questo sport paga il lavoro individuale».
Insomma di squadra non ne vuole proprio sapere.
«È come andare in fabbrica, alla catena di montaggio. La Svizzera è piccola, ma ha tante culture. Ero l’unica del gruppo a parlare italiano e il tedesco è la mia terza lingua».
Non le manca il confronto con le altre?
«Sono io che devo fare le cose bene e andare forte».
Sfida solo il cronometro?
«In estate odio il cronometro, ce n’è sin troppo nella stagione agonistica. No, mi concentro sui particolari tecnici, nello sci il cronometro può anche dire delle bugie».
Lo scorso anno qui a Soelden stracciò tutte.
«Vorrei ripetermi, perché il gigante è la chiave. Se vai forte in questa specialità anche discesa e superG diventano facili».
La sua specialità regina è sempre il superG, la più difficile e pericolosa, dove la velocità si inventa.
«Sono un’attaccante, mi viene naturale. Ma vorrei essere continua anche in discesa dove sbaglio ancora tanto».
Perché non frequenta lo slalom? La sua struttura fisica pare perfetta.
«Ha presente la differenza tra Formula 1 e i rally? Ecco, lo slalom è come i rally, un’altra cosa. Lo faccio in allenamento per tenere alta l’esplosività, ma il gesto di questa specialità è troppo diverso dagli altri. E per farlo bene bisogna dedicargli molto tempo. In gigante non sono ancora tecnicamente stabile da potermi dedicare alle porte strette. Sono una perfezionista, per farlo voglio scendere tra i pali davvero bene».
Lara, ma allora la Coppa del Mondo la insegue o no?
«Parliamone più avanti, la strada è lunga, ci sono i Mondiali, se in classifica sei messa bene ci puoi pensare dopo».