Vittorio Malagutti, l’Espresso 24/10/2014, 24 ottobre 2014
CACCIA AL RICCO
CACCIA AL RICCO– In Svizzera un referendum vuole cancellare i privilegi fiscali per i milionari stranieri. Tra cui centinaia di italiani, molti famosi, da Marchionne al ciclista Nibali –
La Collina d’Oro di Montagnola non è più il paradiso verde prediletto da Hermann Hesse. Nel borgo affacciato sul lago a due passi da Lugano si sono moltiplicate le ville e i milionari. Molti gli italiani, a cui si sono aggiunti tedeschi, olandesi e da ultimo anche i russi. Sono gli emigranti del fisco. Manager e imprenditori a caccia di un’oasi al riparo dalle tasse. Ricchi pensionati, gente di spettacolo, sportivi: una carovana di nababbi a cui la Svizzera ha spalancato le porte di casa garantendo uno sconto sostanzioso sulle tasse.
Funziona così da decenni, anzi, da più di un secolo. E non solo a Lugano, ma in tutta la Confederazione. Da quando, a fine Ottocento, centinaia di facoltose famiglie inglesi cominciarono a prender casa dalle parti di Ginevra. I tempi cambiano, però. E nel Paese-cassaforte che per la prima volta, per effetto delle pressioni internazionali, è costretto a mettere in discussione perfino il totem del segreto bancario, anche l’Eden dei milionari rischia grosso. Un referendum in calendario per la fine del mese prossimo potrebbe cancellare quello che in Svizzera viene definito il forfait fiscale per gli stranieri. «Basta con i privilegi per i milionari», recita lo slogan della variegata coalizione di sindacati e movimenti verdi e di sinistra che ha lanciato l’iniziativa.
I sostenitori del «sì» vantano concrete possibilità di successo. Chiamati a decidere su una materia analoga, gli elettori di città importanti come Zurigo, Basilea e Sciaffusa negli anni scorsi hanno votato per eliminare dai regolamenti comunali gli sconti sulle tasse a suo tempo concessi ai milionari espatriati. Adesso i promotori del referendum contano di far breccia anche a livello nazionale.
Sarà un caso, ma degli oltre 5.600 stranieri che godono del forfait fiscale, quasi la metà risiede nei cantoni meridionali della Confederazione, quelli di lingua latina che confinano con l’Italia come il Ticino, i Grigioni, il Vallese. Un segnale chiaro che la Svizzera ha fatto ponti d’oro a centinaia di milionari in fuga dalle tasse di Roma.
L’esercito di questi espatriati comprende molti nomi noti alle cronache. Il più famoso di tutti, almeno tra gli italiani, è forse Sergio Marchionne, il capo di Fiat–Chrysler che ha fissato il proprio domicilio a Walchwil, un paesino del canton Zug. Ma sono diventati svizzeri, almeno di portafoglio, anche altri personaggi molto noti nel jet set degli affari. L’inglese Bernie Ecclestone, patron della società che gestisce il gran circo della Formula Uno, risiede da molti anni a Gstaad. Anche il patron di Ikea, lo svedese Ingvar Kamprad, classe 1926, viveva nel canton Vaud fino all’anno scorso, quando ha annunciato il ritorno in patria.
Lo scrittore, brasiliano di nascita, Paulo Coelho, si è trasferito a Ginevra otto anni fa. «Ma non l’ho fatto solo per motivi fiscali», ha tentato di giustificarsi l’autore di best seller da milioni di copie in un’intervista di qualche mese fa. Del resto, la città di Calvino ha sempre esercitato un grande fascino sui ricchi di mezzo mondo. Il 40 per cento dei suoi abitanti è nato fuori dalla Svizzera e, tra questi, la percentuale dei miliardari è inferiore forse solo a quella di Londra e della Costa Azzurra. Dopo l’ondata degli arabi, un ventennio fa, più di recente sono arrivati i russi. Alla ribalta delle cronache è salito tra gli altri Gennady Timchenko, l’amico di Vladimir Putin che, dopo le sanzioni decise dagli Usa, ha venduto il suo 43 per cento di Gunvor, leader mondiale nel trading di materie prime.
Sul canton Ticino, invece, sventola il tricolore. E non potrebbe essere altrimenti, vista la contiguità geografica con la Penisola. A Lugano e dintorni la colonia degli emigrati di lusso comprende Marco Fossati, azionista importante di Telecom Italia ed erede della famiglia che controllava la Star. Anche gli Zegna, imprenditori del tessile e della moda, sono di casa nel canton Ticino, così come Augusto Perfetti, a capo dell’omonima multinazionale delle caramelle, quella della gomma del Ponte e della Golia. Più recente invece è il trasloco di una star del ciclismo come il siciliano Vincenzo Nibali, vincitore dell’ultima edizione del Tour de France. Allenandosi da quelle parti, a Nibali potrà capitare di incrociare un collega ancora più famoso, lo spagnolo Alberto Contador, pure lui approdato a Lugano non solo per godere dell’ottimo clima della cittadina ticinese.
La categoria degli sportivi milionari è ottimamente rappresentata nel gruppone degli espatriati del fisco. A Basilea troviamo la tennista serba Ana Ivanovic, numero sette al mondo, che solo quest’anno ha già incassato premi per quasi 2 milioni di dollari. Il transalpino Jo-Wilfried Tsonga, un altro professionista della racchetta, ha invece scelto come domicilio il paesino di La Rippe, nel canton Vaud, a pochi chilometri dal confine con la Francia. Non si è allontanato molto da casa neppure il tedesco Sebastian Vettel, il pilota di Formula Uno appena ingaggiato dalla Ferrari, che risulta residente a Elighausen (canton Thurgau), nel nord della Svizzera, mentre Jorge Lorenzo, campione della Moto Gp, si è trasferito a Lugano dalla natia Maiorca.
Se vincesse il sì al referendum, molti di questi residenti celebri potrebbero decidere di fare le valigie e insieme a loro svanirebbe anche l’incasso sotto forma di imposte per le amministrazioni pubbliche, comuni, cantoni e stato centrale. Fin qui, infatti, la macchina degli sconti fiscali ha girato alla grande. I milionari che approdano in Svizzera vengono tassati sulla base di un forfait che tiene conto del loro tenore di vita. E cioè le spese voluttuarie e non, il valore dell’abitazione, il patrimonio in titoli e investimenti vari. Per effetto di una riforma varata di recente, l’imponibile non può essere inferiore a 400 mila franchi (circa 330 mila euro). È evidente, però, che un sistema simile lascia ampi margini di manovra alle due parti in causa, l’amministrazione e il contribuente, per trovare un accordo. A quanto pare la bilancia pende spesso a favore del ricco immigrato. Difficile spiegarsi, altrimenti, il grande successo della tassazione a forfait: i beneficiari sono aumentati del 50 per cento nel giro di una decina di anni.
Va detto che non sempre i residenti stranieri cambiano anche bandiera fiscale. Carlo De Benedetti, presidente del gruppo Editoriale L’Espresso, viaggia con il doppio passaporto, italiano ed elvetico, ma risulta domiciliato a Dogliani, nel cuneese, e continua a pagare le tasse in Italia. Capita anche che gli emigrati di lusso dopo alcuni anni ottengano la cittadinanza svizzera. È il caso di Ermenegildo Zegna, che, di conseguenza, non può più godere degli sconti fiscali riservati per legge agli stranieri. Poco male, se, come è successo a Paolo Ligresti, il cambio di nazionalità serve anche ad evitare l’arresto. Berna non concede l’estradizione per i suoi cittadini. Ecco perché l’erede del patron Salvatore, a differenza delle sorelle Giulia e Jonella finite in carcere per qualche mese, ha fin qui potuto seguire le indagini sul caso Fonsai dalla sua villa di Montagnola, dove risiede da tempo. Con un tempismo che a molti è sembrato sospetto, il più giovane dei Ligresti ha ottenuto il nuovo passaporto giusto un mese prima della retata del luglio 2013, quando le indagini erano già in corso da oltre un anno.
Polemiche e proteste, ma non c’è niente di nuovo. La Svizzera, sempre più insofferente verso una presunta invasione di lavoratori stranieri, apre volentieri le porte ai migranti con il conto in banca milionario. A Lugano, 52 mila abitanti, il 30 per cento del totale delle imposte è pagato da 321 contribuenti. E moltissimi di questi facoltosi residenti sono stranieri. «Teniamoceli stretti», ha dichiarato Michele Foletti, tra i leader della Lega dei Ticinesi, lo stesso partito, al governo a Lugano, da sempre in prima linea contro l’immigrazione, quella povera.
Anche il governo di Berna ha preso posizione contro i promotori del referendum. Altri Paesi, come la Gran Bretagna e la Spagna, incentivano l’immigrazione dei milionari con strumenti fiscali ad hoc. E la Svizzera non vuol essere da meno. È anche una battaglia di principio. La crociata globale contro i furboni delle tasse, guidata dagli Stati Uniti, minaccia i ricchi forzieri elvetici e la Confederazione non vuol dare l’impressione di cedere con troppa facilità alle pressioni esterne. In Italia, proprio in questi giorni, sta finalmente per essere approvata in via definitiva una nuova sanatoria, la cosiddetta "voluntary disclosure" che dovrebbe facilitare il rientro in patria di svariati miliardi, gli ottimisti dicono 30, a suo tempo esportati illegalmente.
Con l’aria che tira, non c’è da sorprendersi se Berna resiste almeno sulla questione del forfait fiscale. Tempo un mese, e il 30 novembre, saranno i cittadini a decidere. Comunque vada a finire gli emigranti del fisco hanno poco da perdere. Se la Svizzera dovesse davvero chiudere le porte basta spostarsi altrove. A Londra, per dire, da anni stendono tappeti rossi ai miliardari di tutto il mondo. Niente tasse, se non siete inglesi.