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 2014  ottobre 24 Venerdì calendario

PECHINO INVITA MARK ZUCKERBERG, E NEL PAESE CHE HA CENSURATO FACEBOOK, LUI PARLA IN MANDARINO: «SOLO LA LINGUA TI INTRODUCE DAVVERO IN UN CULTURA. E QUESTA È LA CHIAVE PER CONQUISTARE PRIMA I POPOLI E POI LE LORO ECONOMIE». MA VA DETTO CHE HA SPOSATO PRISCILLA CHAN, UNA CINESE NATURALIZZATA STATUNITENSE

La Cina la censura oscura Facebook dal 2009, ma misteriosamente tutti i giovani sanno chi è Mark Zuckerberg. Il co-fondatore del social network Usa è anzi una star, entrata ieri nel mito. Invitato dall’università Tsinghua di Pechino, fucina dei vecchi leader del Partito comunista, uno dei simboli del nuovo capitalismo hi-tech ha dialogato con gli studenti per un’ora, parlando sempre in mandarino. Pronuncia imperfetta, qualche errore di grammatica, ma l’exploit linguistico di uno dei giovani imprenditori più decisivi del mondo si è trasformato in pochi istanti in una scossa globale. Il trentenne Zuckerberg ha messo in Rete il video del suo incontro e il web è stato preso d’assalto in tutti i continenti. Gli internauti cinesi, oltre 550 milioni, hanno definito l’evento “leggendario”.Zuckerberg conosce il mandarino per “passione culturale” e per «ragioni famigliari». Ha sposato Priscilla Chan, cinese naturalizzata statunitense. Impegnarsi sugli ideogrammi per uno straniero non è una scelta scontata e il suo coraggio ha affascinato anche i funzionari che considerano Facebook «un’arma pericolosa della colonizzazione occidentale». Il discorso del suo uomo-immagine in mandarino, nella potenza economica che reprime il web, segna una tappa storica, quasi un passaggio di consegne tra Stati Uniti e Cina. Oltre a rinunciare all’inparlato glese, Zuckerberg ha accettato di entrare nel consiglio d’amministrazione della Tsinghua e di insegnare nella sua prestigiosa School of Economics and Management. Impegnato in un lungo tour in Oriente, la scorsa settimana si è fotografato nel tempio di Borobudur in Indonesia, l’ideatore della vetrina individuale online ha esaltato la «nuova energia creativa dell’Asia», citando più volte «campioni innovativi » come Alibaba, Xiaomi, o Tencent. Ai giovani cinesi ha di «sfide», della forza «di credere nella propria missione e di non arrendersi mai», della «potenza dei social network di creare posti di lavoro». Davanti al rettore Chen Jining, ha pure schivato la domanda sull’inaccessibilità di Facebook in Cina. «Ci siamo già — ha detto — perché con la pubblicità aiutiamo le imprese cinesi a moltiplicare i loro clienti all’estero». È il quarto viaggio di Zuckerberg in Cina, ma questo è speciale perché ufficialmente mirato a «promuovere l’accesso a Internet per sostenere la crescita economica globale». E Pechino, capitale-icona della censura, si scopre crocevia proprio del business degli incontrollabili media online. Mentre Zuckerberg era alla Tsinghua, il presidente di Apple, Tim Coock veniva ricevuto nella Città Proibita dal vice premier Mai Kai e il chief executive di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, incontrava il governatore centrale Zhou Xiaochuan per discutere lo sviluppo dei mercati in Rete. Imprenditori e banchieri sono ora pure colleghi, tutti ingaggiati dalla Tsinghua, e in una cena riservata con i leader comunisti hanno parlato per la prima volta di «come aprire la Cina ai social stranieri». LinkedIn ha rotto il fronte occidentale, accettando la censura pur di entrare nel web più frequentato del pianeta. I colossi Usa, dopo il boom di Alibaba a Wall Street, temono di essere superati proprio dai cinesi, senza poter accedere al loro mercato. Per questo Zuckerberg ieri a Pechino ha parlato in mandarino: «Solo la lingua — ha detto — ti introduce davvero in un cultura. E questa è la chiave per conquistare prima i popoli e poi le loro economie».
Giampaolo Visetti, la Repubblica 24/10/2014