Enrico Paoli, Libero 23/10/2014, 23 ottobre 2014
ROMANO E MIGLIORE NEL PD MA CHI DEI DUE È L’INTRUSO?
I raffinati, anzi i sofisti trattandosi dei renziani, parlano di «contenitore». Del contenuto, si sa, poco importa. Un modo per riempire gli spazi vuoti si trova sempre. Un po’ come è avvenuto con la legge di Stabilità. Però trattandosi del Partito della nazione che verrà, stando a quello che ha delineato nell’aria con un tratto della mano il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, diventa difficile capire come opposti che non si attraggono, mai, possano convivere insieme. In fondo cos’hanno in comune Andrea Romano, prima montezemoliano, poi montiano e diventato renziano nel momento in cui Matteo è il sole e gli altri la luna, e Gennaro Migliore, nato rifondarolo, cresciuto vendoliano e scopertosi anche lui renziano? Nulla. Eppure da ieri, tutti e due, sono esponenti del Pd. A vederla così, più che alla nascita di Partito della nazione, sembra di assistere alla crescita di un partito della melassa, ad una formazione geneticamente priva di radici culturali condivise, ma strutturalmente proiettata verso le elezioni anticipate. Più che un cartello elettorale un melting pot aziendale. Dove Renzi può pescare ciò che gli serve a seconda delle circostanze. Nelle idee di Renzi, infatti, il progetto prevede la creazione di un Partito che dia «piena cittadinanza» ai transfughi di Sel, ma anche a ciò che è rimasto di Scelta Civica. Un «contenitore», per dirla con il premier-segretario, che un giorno potrebbe addirittura cambiare volto e nome, e arrivare a chiamarsi «Partito della Nazione». In poche parole la sintesi della completa mutazione genetica del Pd, nell’era del renzismo dilagante. Il capo del governo, durante l’intervento alla direzione dei democrat, l’ha scandito senza mezzi termini: «Se il Pd pensa di essere il partito della nazione deve avere strumenti elettorali in grado di contenere anche realtà diverse. Spero che per Gennaro Migliore, con l’esperienza di Led, fino ad Andrea Romano e a quella parte di Scelta Civica o Italia Popolare che vuole stare a sinistra, ci sia spazio di piena cittadinanza». E i due l’hanno trovata. Il problema è di coabitazione, più che di condivisione. Chi si ricorda del famoso manifesto di Rifondazione comunista «Anche i ricchi piangano» o dello slogan che chiedeva «lavoro per tutti, chi ha più paghi, disobbedire all’Europa»? Altri tempi, certo. Ma in quei tempi Gennaro Migliore professava quelle idee. E quando è passato con Nichi Vendola, sotto le insegne di Sinitra e Libertà, non ha traslocato molto lontano da quelle posizioni. Oggi tutto è cambiato. «Lavoro per fare un ponte, perché sia riconosciuta la soggettività sociale e perché non si annullino i corpi intermedi», ha scritto su Twitter. «Oggi (ieri, ndr) mi iscrivo al Partito democratico», ha spiegato sul social network l’ex delfino di Fausto Bertinotti, «andrò al circolo territoriale di Trastevere, a Roma, dove c’è la festa del tesseramento. Come ha detto il segretario Renzi, il Pd si vuole allargare». Il suo nome era stato esplicitamente fatto da Renzi nel suo discorso sul Partito della nazione fra i possibili parlamentari da includere. «Con me», dice Migliore, «lo farà il mio gruppo, Led, impegnato in questa iniziativa e in un ragionamento che portiamo avanti nei mesi alle nostre spalle». Compagni avanti tutta, insomma. Ecco, qual è il punto di convergenza con Andrea Romano? Storico, giovane dalemiano negli anni Novanta, dopo un giro immenso che l’ha portato ad essere filorutelliano nei primi Duemila, poi braccio destro di Italia futura di Montezemolo e dal 2013 deputato (anche capogruppo, per una fase) della montiana Scelta Civica, ora iscritto al gruppo Misto in attesa di entrare nel Pd. Segno dei tempi, si dice. O, forse, frutto vero del Partito dell’occasione...
Enrico Paoli, Libero 23/10/2014