Poletto e Martini, La Stampa 23/10/2014, 23 ottobre 2014
LA SEDICENNE DI CUNEO CHE AI RAGAZZINI PREFERIVA PADRI DI FAMIGLIA, PROFESSIONISTI EMERGENTI, ARTIGIANI: «SE STAI CON I TUOI COETANEI, RISCHI CHE QUELLI VADANO IN GIRO A SPUTTANARTI». CONFESSIONI DI UNA BABY-ESCORT
[Intervista] – [2 articoli] –
«Meglio andare con i grandi che con i ragazzini. Se ci stai con i tuoi coetanei, rischi che, quando tutto è finito, quelli vadano in giro a sputtanarti con i loro amici. E sai che bella vita fai dopo. Con i grandi no, questo rischio non c’è. E poi, alla fine, che c’era di male in ciò che facevo?»
Eccola qui la baby squillo che fa arrossire la Provincia Granda, come chiamano da queste parti il Cuneese. Eccola qui la diciottenne che per due anni ha fatto la «vita dei grandi», che guadagnava forse più di suo padre, grazie a quel giro di «amici» con cui si prostituiva. Sesso e soldi. E cocaina, a un certo punto, quando ormai la storia era diventata qualcosa di più che una trasgressione. Lei, adesso, racconta tutto, quasi tutto, ma l’unica cosa che chiede è l’anonimato assoluto. Non il nome, non un dettaglio che possa farla riconoscere.
Partiamo da qui, da questa casa in centro a Cuneo, camera bagno e cucina. Era questa l’alcova?
«Ma assolutamente no. Qui ci abito io, è casa mia. Ma siamo matti?».
E dove andavate?
«Da un amico. Che, adesso, è finito pure lui nel tritacarne di questa storia. È in un paese qui vicino. Me la prestava. Hanno detto che gli davo dei soldi, ma la questione è diversa. Pagavo le spese. E qualche volta sono andata anche a casa dalle persone che incontravo».
Il suo amico è il primo. Quanti sapevano che faceva nel suo tempo libero?
«Per carità, nessuno dei miei amici sapeva nulla. E nessuno deve sapere nulla. È stato un errore, lo ammetto. Io in questa città ci vivo e se qualcuno viene a sapere il mio nome, cosa faccio nella vita di tutti i giorni, sono finita».
Ma neanche i suoi genitori sapevano o almeno dubitavano?
«Loro meno di chiunque altro. Dubitare? Perché mai avrebbero dovuto».
E il suo fidanzato, quello con cui è in atteggiamenti innocenti e casti nelle foto su Facebook ?
«Neanche lui. E anche oggi non sa ancora tutto. Quando è esplosa questa storia ha intuito qualcosa, ma mi è sempre rimasto accanto senza fare troppe domande».
Però sapeva la sua amica, quella più grande di lei che l’ha agganciata quando era ancora minorenne. Era lei che la sfruttava?
«Non è vero che mi ha agganciata e che mi ha portata lei in quel giro lì. Ci siamo entrate insieme, e insieme abbiamo fatto tutto. Quello era il nostro segreto. E non parli di sfruttamento: guadagnavamo qualcosa insieme».
Più che segreto una doppia vita. Ma i clienti sapevano che lei era minorenne. Non è vero?
«Non tirate in ballo quella gente, per favore. Sono tutti delle bravissime persone. Hanno una bella famiglia, un lavoro onesto e importante e con me si comportavano bene. E poi loro che ci potevano fare? Io dicevo che ero maggiorenne. Se hanno commesso uno sbaglio è stato quello di non chiedermi la carta d’identità. Ma per il resto non posso che parlarne benissimo. Mi hanno sempre rispettata. Sempre».
Insomma, lei aveva 16 anni. Non capivano che era poco più di una bambina?
«Guardi che agli incontri non andavo mica vestita così, in tuta, eh. L’abbigliamento aiuta in certe circostanze. E loro non facevano domande».
Aiutavano anche le sue foto, decisamente esplicite, che pubblicava su Facebook. Perché le ha lasciate ancora lí?
«Perché mi sono dimenticata. È stato un errore, è vero, devo cancellarle. Da quelle si potrebbe risalire a me».
Quante storie fa adesso sulla su identità. Prima non ci ha mai pensato?
«Faccio storie perché adesso sono disperata. Non so se qualcuno mi riesce a capire. Io ho messo nei guai delle persone per bene».
Perché parla dei suoi clienti in modo così entusiastico? Nessuno le ha mai fatto del male?
«Io ho sempre scelto le persone con cui stare. Quelli che non mi piacevano li allontanavo».
E oggi ha pura di loro?
«Di loro assolutamente no. C’è soltanto una persona di cui ho paura davvero. Che potrebbe rovinarmi la vita. Ma non è un cliente».
Si riferisce all’uomo che le vendeva la cocaina? La consuma ancora?
«Chi è non lo dico. E per quanto riguarda la cocaina io non la adopero più. Con quella roba lì ho chiuso per sempre. Non sono andata in comunità per smettere. Ho fatto tutto con l’aiuto degli psicologi».
Ha iniziato per quello a prostituirsi?
«Ho iniziato perché mi andava e poi mi davano dei soldi. E io potevo permettermi delle cose che altrimenti mi sarei solo sognata».
Pentita?
Silenzio.
Lodovico Poletto
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Ottanta pagine che raccontano la Cuneo che non si vede. I protagonisti sono padri di famiglia, professionisti emergenti, l’artigiano, il bancario, l’ingegnere, lavoratori con villetta e casa al mare. Vanno dai trentacinque ai cinquantacinque anni e molti hanno un profilo Facebook, dove postano gli ultimi film e le novità letterarie. Foto di vacanze in località «in», dalla Turchia alle capitali europee. Musei e bei ristoranti. Sono i frequentatori della studentessa cuneese che, ancora sedicenne, ha iniziato a prostituirsi.
Un noir quelle ottanta pagine con «l’Ordinanza applicativa delle misure cautelari» scritto dai giudici per le indagini preliminari del Tribunale di Torino. Le conclusioni sono l’arresto di Giovanni Franco Sireus, classe 1965, di Savigliano ora in carcere; gli arresti domiciliari per F.M., M.B., F.D., E.B. e dell’obbligo di firma quotidiana in questura per M.G., G.F. e A.G..
Il racconto inizia in una scuola cuneese. Lei si confida con un’insegnante. Racconta di come si procura i soldi per usare hashish e coca. Le credono, l’aiutano, le fanno incontrare psicologi e personale attrezzato ad aiutare un’adolescente che in casa non si confida, che è terrorizzata all’idea che il fidanzato scopra la sua doppia vita arrivando ad attribuire nomi di donna ad ogni cliente di cui memorizza il cellulare. Racconta della festa per un compleanno tra studenti dove le fanno provare la «coca». Le confidenze con l’amica di tre anni più grande che già si prostituisce.
Ed eccoli i protagonisti. Quei benestanti cuneesi che le danno fino a 300 euro per ogni incontro. Ognuno anche tre, quattro volte al mese. Alcuni aggiungendo «regalini»: dosi di cocaina o spinelli. I contatti iniziali li procura M.B..Quasi un gioco. «Speriamo in champagne». Con difficoltà per la studentessa: «Non so che inventarmi con i miei per questa sera». Sede costante la casa di un amico a Centallo, paesino equidistante fra Fossano e Cuneo dove lei vive. Dialogo tra le due: «...costa caro il ragazzo. Venti euro all’ora, eh, porca puttana».
E i clienti? Un ingegnere le manda decine di sms. Sembra un innamorato. «Voglio vederti amore. Mi manchi». Corrisposto, sì, ma in cambio di denaro. Anche per 20 minuti insieme si paga. «Non ti chiedo poi molto....».
C’è il bancario, anche lui di Cuneo. Cerca ragazze giovanissime e arriva a inviare un messaggio alla studentessa in cui le chiede di trovarle una sedicenne. Incontri? Almeno 37 secondo i contatti telefonici. E l’artigiano, anche lui assiduo frequentatore. La contatta tramite Badoo. Una domanda, se non altro formale, la fa: «Quanti anni hai?». «Venti», dice lei. Coscienza appagata. C’è un camionista di Carrù che la vuole vedere spesso. Ma non sempre gli orari coincidono: «Oggi lavoro e domani sera non sono solo». Moglie? Figli? Inizialmente si incontrano in auto. Chiede che lei procuri la casa: «In macchina non ho voglia, in un letto ho visto che sei più brava».
C’è anche un libero professionista che vive nell’astigiano e che inizia a incontrarla quando lei ha 16 anni. Porta anche un amico a Centallo, che si apparta con M.B..
In un’occasione la porta in campagna, stende un telo sull’erba e finge uno stupro. La studentessa rassicura: «Finto stupro». Lui vuole un rapporto estremo. «... tanto non è più vergine». Arrivano a contrattare: 800 euro. «Cifra ragionevole», risponde lui. C’è F.G., il torinese che vuole due ragazzine insieme nella camera piena di specchi. Sono i clienti «individuati», quelli che finiranno a processo. Lo spaccato di una provincia piemontese benestante e pubblicamente moralista, ma nei peccati così simile al resto d’Italia.
Gianni Martini
Poletto e Martini, La Stampa 23/10/2014