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 2014  ottobre 23 Giovedì calendario

LA DONNA PIÙ POTENTE AL MONDO

«The most powerful woman in finance?», la donna più potente della finanza. Agli americani piace sintetizzare un concetto secondo lo schema della classifica. Difficile sapere se Abigail Pierrepont Johnson, «Abby» per tutti, 34esima donna più potente del mondo secondo «Forbes», nominata nuovo chief executive officer di Fidelity Investments, il secondo gestore americano di fondi dopo Vanguard, sia davvero oggi la donna più importante della finanza mondiale come si è chiesto «MarketWatch». Infatti le sta davanti certamente Janet Yellen, numero uno della Federal Reserve, e probabilmente anche Ana Botin, di un anno (53) più vecchia, appena nominata presidente del Santander, la più grande banca europea, alla morte del padre Emilio.
Quel che è certo è che la nomina non ha sorpreso nessuno. Abby assume la guida di Fidelity come rappresentante della terza generazione di una classica dinastia yankee del New England, che vide suo nonno Edward Crosby Johnson fondare il gruppo nel lontano 1946 a Boston e succedergli nel 1977 suo padre Edward Ned, che oggi lascia appunto alla figlia primogenita il ruolo di ceo (amministratore delegato) e mantiene la carica di presidente. Le dimensioni di Fidelity sono impressionanti: quasi 2 trilioni di dollari gestiti in fondi per un totale di ricchezza amministrata di 4,9 trilioni (circa 3,8trilioni di euro) a favore di 23 milioni di clienti.
È stato «Ned» a fare di Fidelity il gigante che è oggi, costruendo una serie di prodotti di risparmio gestito efficacemente e ad uso e consumo di ogni esigenza degli investitori, con una chiarezza di offerta che ha pochi eguali nel mondo. Il tutto accompagnato da una costante operazione di supporto alla rete distributiva e dalla stella fortunata di alcuni grandi gestori di casa fidelity, primo fra tutti Peter Lynch che ha guidato per anni le scelte investimento del mitico Magellan Fund con ottime performance. A 84 anni il papà di Abby rimane anche titolare, assieme alla famiglia, del 49% delle azioni: Abby ne ha il 24,5% con una patrimonio stimato in 12 miliardi di dollari; mentre le altre quote sono del fratello Edward e della sorella Elizabeth. La staffetta, accompagnata anche da un rimescolamento del board fa cui è uscito Bill Byrnes e dove sono entrati Gerry McGraw e Mike Wilens, giunge in un momento delicato per il gruppo di Boston. La crescita esponenziale del business degli etf, i famosi fondi «replicanti», ha iniziato a rosicchiare quote di mercato sempre più consistenti a Fidelity che infatti, quest’anno, ha registrato deflussi dai suoi prodotti per quasi 10 miliardi a fine settembre. I rivali sono anzitutto Vanguard, da sempre famoso per la gestione cosiddetta passiva, ma un nuovo attore giunto con forza sul mercato è BlackRock, primo gestore del mondo davanti a Ubs, tramite la divisione iShares. E forse non è un caso che la nomina di Abby sia stata preceduta di pochi giorni dall’annuncio che anche Fidelity si lancerà sulla torta degli etf attraverso tre replicanti obbligazionari, strategicamente commercializzati proprio mentre la più famosa casa di gestione sui bond, la californiana Pimco di proprietà del colosso assicurativo tedesco Allianz, è in crisi dopo l’uscita del gestore «guru» Bill Gros approdato alla rivale Janus Capital.
Il nuovo capo di Fidelity ha fatto tutto il classico «cursus honorum» nell’azienda di famiglia. Nel 1980 dopo il liceo al William Smith College è stata addetta al servizio telefonico di risposta ai clienti, poi ha iniziato nel 1988 come analista azionario del settore macchinari industriali, subito dopo la laurea ad Harvard e un breve stage alla Booz Allen Hamilton. Nello stesso anno ha sposato Christopher John McKown, presidente di Health Dialog. Papà Ned, soltanto nel 2001, l’ha messa alla guida della divisione asset management, ma la performance, nonostante l’attenzione maniacale di Abby per i dettagli, non fu esaltante. La ragazza però ha stoffa da vendere e così, nel 2007, è diventata numero due della controllata Fidelity Management & Research e poi, fino a due anni fa, ha tenuto il timone del business legato ai profili pensionistici sotto il marchio Fidelity Personal, Workplace and Institutional Services.
Nata con una cultura dell’understatement, due figli che cresce nella casa del nonno in stile coloniale nei sobborghi di Boston e attentissima alla privacy familiare, la Johnson sale oggi al vertice di un gruppo che ha valorizzato anche alcune donne in posti guida come Judy Marlinski presidente di Fidelity Japan e Francesca Martignoni, country manager Fidelity per l’Italia. «Le donne», ha scritto recentemente Abby, «sono generalmente poco soddisfatte nell’industria del risparmio. Le nostre ricerche mostrano che molte di loro hanno scarsa fiducia nella loro abilità di prendere decisioni. Ciò avviene soprattutto fra le giovani donne in un momento, tuttavia, nel quale proprio le donne stanno diventando sempre più influenti nella nostra economia, perché controllano maggiore ricchezza, spesso guadagnano più dei loro mariti e prendono la maggior pare delle decisioni familiari riguardanti la pensione».
Andrea Giacobino, ItaliaOggi 23/10/2014