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 2014  ottobre 22 Mercoledì calendario

OSCAR FARINETTI, IL MATTEI AL LARDO DI COLONNATA

Oscar Farinetti, patron di Eataly, visto tra gli ospiti di Myrta Merlino a L’aria che tira su La7, ti suggerisce d’istinto alcuni interrogativi a ripetizione. Li enuncio qui di seguito, così come mi giungono, in piena libertà. 1) Però, cazzo, lo vedi che fa fare essere amici di Matteo Renzi! 2) Però, lo vedi che soddisfazioni arrivano a occuparsi di «food» (cit.) di questi tempi, meglio del mattone! 3) Oh, ma Oscar, non sarà venuto mica a rispondere ai miei considerevoli dubbi sul guanciale in vendita presso il suo post-supermercato per ceti medi riflessivi? 4) Sto cercando di capire a chi cavolo assomiglia, ah, sì, ora che ci penso ricorda il figlio di Adriano Sofri, il marito di Daria Bignardi, lo stesso piglio simpatico, in più ha i baffi. 5) Ma sarà vero che nella sua impresa, come ho sentito dire a La Gabbia di Paragone, sempre su La7, i giovani lavoratori sono assunti da un appalto esterno? 6) Scusa, non sarà mica venuto a difendere l’amico Matteo senza se e senza ma? 6bis) Minchia!, sì, è proprio venuto a difenderlo. 7) Ma quando Farinetti incontra Renzi e Baricco di cosa parleranno mai: Hegel o i friarielli napoletani? 8) È una mia impressione, oppure all’obiezione mossagli dal nostro amico Antonello Caporale sulla modalità di comunicazione non proprio di sinistra sempre di Matteo Renzi, Oscar se ne sta uscendo con le stesse parole che avrebbe usato Berlusconi: ovvero che bisogna dare speranza alla “gente” e non parlare sempre delle cose brutte e negative?
No, dimmi se sbaglio. Farinetti avrà pure, come già il poeta Tonino Guerra, il «dovere dell’ottimismo» in quanto esercente, eroe della trasfigurazione del «package», nel senso che i prodotti di Eataly indossano la minigonna o il body del cibo radical-bidè, ma non sarà un approccio un po’ troppo spudorato? 9) Ecco però che si profila un filmato di repertorio con Della Valle che, su sfondo fotografico d’album di famiglia, anche lui come già Berlusconi al tempo della discesa in campo e proclami successivi, grande quadro di Schifano come ulteriore fondale, Diego vestito da moschettiere del calzaturiero, pronto a mettere in discussione il dogma renziano e renzista, e a questo punto Oscar sai che fa? Assume la faccia seria e tuttavia sorridente della forza dei nervi distesi, di chi sembra voler dire che lo gnocco di Eataly può arginare il mare.
Al dubbioso resta ora addosso la sensazione del disfattista, dell’untore, dell’incapace di comprendere che dovrebbe soltanto mettersi accettando, come dicevano i camerieri, il «lasciami lavorare, ragazzino».
L’ultima considerazione, la 10, riguarda l’uscita dallo studio, spiega Myrta Merlino che l’imprenditore ha un impegno e dunque deve andare via, e qui è l’ennesimo ricatto morale, rispetto agli altri ospiti, tra cui Giovanardi e Flick, che restano in studio, lui c’è subito modo di immaginarlo come un nuovo Enrico Mattei, un tempo il petrolio, adesso il lardo di Colonnata, ma il dubbio d’essere presi per sudditi resta lì al centrotavola del buffet della Leopolda.