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 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

RAI, 60 ANNI IN MOSTRA - I

telespettatori degli anni Sessanta ricorderanno gli strabilianti abiti neri indossati da Mina per reclamizzare nei Caroselli una famosa marca di pasta. Rivedendoli oggi, all’ingresso della mostra che celebra la Rai attraverso i sessant’anni della televisione e i novanta della radio, ci si accorge che quei costumi hanno delle strane somiglianze con quelli indossati da Giulietta Masina in «Giulietta degli spiriti». La pellicola, diretta da Fellini, è del 1965. Nello stesso anno il regista cominciò a lavorare a quello che Vincenzo Mollica ha definito «il film non realizzato più famoso della storia del cinema». Aveva in mente il titolo: «Il viaggio di G. Mastorna». Scrisse il copione. Scelse gli attori, tra i quali doveva comparire Mina. E proprio per Mina il costumista Piero Gherardi realizzò gli abiti. Poi Fellini e Gherardi litigarono, il progetto del film fu abbandonato e il costumista utilizzò le location, che lui stesso aveva individuato, per la pubblicità in televisione. È solo una delle infinite storie nascoste dietro gli oggetti esposti nella mostra che si inaugura questa mattina alla Gipsoteca del Vittoriano (piazza dell’Ara Coeli, 1), dove resterà aperta fino al 30 marzo. Il percorso inizia con la sezione curata da Fabiana Giacomotti e prosegue in otto tappe dedicate all’informazione e alla scienza, alla politica e alla cultura, alla società e allo spettacolo, all’economia e allo sport. «Ho pensato di far presentare le sezioni da altrettanti testimonial, da Sergio Zavoli a Piero Angela, che raccontano in video i programmi più salienti», spiega Alessandro Nicosia che cura l’esposizione insieme a Costanza Esclapon e Barbara Scaramucci. La radio è invece raccontata dai vecchi apparecchi, a cominciare dalla radio a galena e dalla radio balilla. Sulle pareti delle varie sale si alternano filmati d’epoca e dipinti commissionati nel corso dei decenni dalla Rai ad artisti come Carrà e Casorati, Campigli e Cagli, Nespolo e Scialoja, Vedova e Vespignani. La storia dell’azienda è presentata da Barbara Scaramucci, con documenti ripescati nelle Teche Rai, di cui è direttore. Ci sono i verbali del consiglio di amministrazione di quella che nel 1924 si chiamava Uri, diventata Eiar nel 1925, Rai nel 1944. Porta la data del 10 gennaio 1961 la lettera in cui Amintore Fanfani spiega all’allora direttore generale Ettore Bernabei la missione della Rai come servizio pubblico. Dimenticata invece la vicenda per cui Filiberto Guala perse nel 1956 il posto di amministratore. Andava in onda - all’epoca in diretta - il varietà «Giardino d’inverno», con ballerine innocentissime. Guala, che si ispirava alla corrente più attiva del mondo cattolico, era fortemente contrastato dal vecchio gruppo aziendale, che gli preparò uno sgambetto. Un sabato sera, dieci minuti prima che il varietà andasse in onda, si presenta in via Teulada un omino, mai visto da quelle parti, ma con tutte le carte in regola, il quale ordina che per volere superiore le ballerine devono ballare senza sottane. Contemporaneamente i vecchi mandarini convincono i loro amici in Vaticano a portare per quella sera un apparecchio nell’appartamento di Pio XII, che la televisione non la guardava mai. Il lunedì successivo esce sull’«Osservatore Romano» un attacco durissimo al governo, perché lo spettacolo, secondo il papa, aveva violato lo spirito del Concordato... Il sabato successivo si presenta un altro omino, che ordina alle ballerine di mettere mutandoni fino alle caviglie. Il lunedì dopo, tremenda cagnara della stampa laica secondo la quale Guala prendeva ordini dal Vaticano. A quel punto, come ricorda Ettore Bernabei, Guala, che era ingegnere e costruiva acquedotti, presentò le dimissioni e tornò a lavorare su laghi e fiumi.