Elvira Serra, Corriere della Sera 6/11/2014, 6 novembre 2014
DAGLI USA AL GOVERNO FILIPPINO: BASTA SELFIE, NASCONDIAMOCI
Selfie o Unselfie, questo è il dilemma. Se sia più nobile arrivare alla Mecca e volgere lo sguardo alla pietra nera o testimoniar l’impresa con un autoscatto rapido. Mi fotografo, dunque (ci) sono. Veniva da chiederselo guardando i musulmani di ogni età con lo smartphone in mano e alle spalle il Masjid al-Haram, la più grande moschea del mondo, dove sabato oltre due milioni di fedeli hanno dato inizio al rituale islamico per eccellenza.
A porsi il dubbio di aver esagerato con le fotografie a se stessi è l’ Anti-Selfie Movement americano, che ha appena trovato nella fidanzata di Spiderman la sua testimonial: Kirsten Dunst è infatti la protagonista di un cortometraggio diretto da Mattew Frost che si intitola Aspirational . Qui l’attrice viene avvicinata da due fan che si fanno ripetuti autoscatti con lei, senza chiederle se le fa piacere; e quando lei domanda se hanno curiosità sul suo lavoro o sulla sua vita, le ragazze rispondono: «Ci puoi taggare?».
Selfie o Unselfie, difficile rispondere se poi un maniaco di Instagram come James Franco teorizza che pubblicare una propria foto privata è un modo per catturare l’attenzione, e l’attenzione è potere. Ma allora in quale categoria dobbiamo inquadrare quelli che si fanno l’autoscatto davanti a un incidente stradale, vicino a un cadavere, dietro un pazzo che con due machete minaccia gli sconosciuti (è successo a Jesi, un mese fa)?
«È la tendenza a rappresentarsi per esserci ed è inevitabile: è parallela al desiderio di stare dentro il video. Pensiamo a quanti vorrebbero entrare nella televisione. Gli autoscatti sono potenti marker della propria identità, danno segnali di chi sei e di cosa stai facendo a una platea potenzialmente sterminata», spiega Alberto Marinelli, docente di Teorie e tecniche dei nuovi media alla Sapienza di Roma. Lui non demonizza il selfie in sé e per sé: «Fa parte del nuovo modo di comunicare, ormai sui social network le foto stanno soppiantando la parola scritta. Il punto è usare le immagini in modo consapevole, perché la differenza con le foto di una volta è che prima ne controllavi l’intero ciclo di produzione: oggi quando le hai postate non sai dove arriveranno».
Samsung calcola che soltanto in Italia si scattano 28 milioni di selfie al giorno. Secondo il Pew Research Center, un archivio che raccoglie informazioni su atteggiamenti e tendenze negli Stati Uniti e nel mondo, più della metà dei giovani tra i 15 e i 35 anni ha condiviso un autoscatto. Per selfiecity.net il 4 per cento delle istantanee su Instagram sono selfie. Anche l’Italia ha cominciato a ribellarsi. Questa estate i milanesi Alessio Fava, Pasquale Frezza e Davide Ferazza si sono inventati il video #setiselfieticancello . Descriveva un incontro sulla falsariga degli alcolisti anonimi nel quale i pazienti erano invisibili, cancellati da chi si era stufato della loro ossessione per la luce giusta e la posa migliore.
Secondo Time la capitale finanziaria delle Filippine, Makati City, è la città al mondo dove si fa il maggior numero di selfie pro capite e per questo il governo vorrebbe addirittura proibirli (quando si dice senza vie di mezzo). Forse basterebbe seguire i suggerimenti del movimento Anti-Selfie americano: «Smettiamo di sovraesporci, recuperiamo un po’ di mistero, è tempo di nascondere la nostra faccia dallo spazio sociale. E se proprio non riusciamo a farne a meno, facciamolo con ironia».