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 2014  aprile 21 Lunedì calendario

IL VESTITO, IL COLTELLO, IL DESERTO. COSI’ HANNO FILMATO L’ESECUZIONE

Sullo sfondo scenografico di un ampio orizzonte, alla luce del sole mediorientale, un uomo incappucciato che parla un inglese calmo da londinese taglia la testa a un videomaker americano in un filmato diffuso da un social network (Diaspora) fondato da 4 studenti della New York University.
Una produzione indipendente, un cast internazionale per un mercato globale nell’epoca di YouTube: se si riesce a superare l’immagine di Jim Foley che stringe i denti prima di morire, se mai si può accantonare l’angoscia, forse si può anche immaginare la storia di quei quattro minuti e 40 secondi dal punto di vista di chi li ha filmati. Al-Furqan Media Foundation è la «casa di produzione» dello Stato Islamico di Abubakar al-Baghdadi. Al-Furqan viene dal Corano e significa «il canone», ciò che distingue la giusta via. Il canone del terrore è cambiato molto dagli anni in cui il predecessore di Al Baghdadi, Abu Musab al-Zarqawi, si vantava di aver ucciso con le proprie mani l’ostaggio Nick Berg. La maglia arancione che indossa Foley è una «citazione» dal video su Berg: il giovane aveva una tuta dello stesso colore, rimando all’archetipo dei prigionieri di Guantanamo. Il colore, e l’orrore, le sole somiglianze.
I video di Bin Laden arrivavano in cassetta alle tv arabe. Il filmato su Berg nel 2004 fu caricato a Londra su un sito Internet malaysiano, e «scoperto» giorni dopo il ritrovamento del cadavere a Bagdad. Semi-clandestino, in lingua araba, girato in una stanza angusta, senza «narrativa» articolata. Se la fine di Daniel Pearl (2002) conteneva le richieste all’America per iscritto, come «titoli di coda», quella di Berg è occupata dall’audio dei cinque miliziani incappucciati che con voce monotona leggono foglio dopo foglio i loro proclami. Berg parla all’inizio, fornendo le sue generalità. Alla fine, in una scena sgranata e concitata, viene sgozzato tra urla e spargimento di sangue. Al confronto, gli «sceneggiatori» di al-Furqan hanno realizzato un video molto più sofisticato e dunque ancora più esecrabile. Una storia «per adulti» in meno di 5 minuti: che parte da lontano, dal prologo con il discorso di Barack Obama che annuncia l’intervento in Iraq. Poi lo stacco con la suspense e il titolo su fondo nero «Risposta all’America», risposta che viene «recitata» con passione dalla stessa vittima: Jim Folley inginocchiato alla luce del sole si rivolge alla sua famiglia per parlare dei suoi «veri carnefici», quelli come suo fratello John, pilota d’aviazione: «John, sono morto il giorno in cui tu hai sganciato le bombe», «avrei voluto avere più tempo», «avrei voluto non essere americano». Il carnefice vestito di nero è quasi un comprimario. Parla abbastanza per far notare l’accento da East London, si rivolge a Obama come messaggero (non certo capo) di uno «Stato» che invita combattenti da tutto il mondo a recarsi entro i suoi confini con mogli e figli. Le scene di «azione» più cruente, con il coltello, sono tagliate in fase di montaggio. Non c’è concitazione, c’è una sorta di controllo, di macabro ordine «statuale» anche nel modo in cui la carrellata sul corpo martoriato di Jim lascia spazio all’ultima scena, con il secondo prigioniero ancora vivo e il dilemma sul futuro che si apre davanti a quell’orizzonte così ampio da contenere l’orrore: la visione dello spazio, di un territorio, rappresenta uno scarto cruciale rispetto alle efferatezze e alle prospettive offerte alla sua «audience» da uno Zarkawi costretto nel chiuso di uno scannatoio. La minaccia all’Occidente e la «tentazione» ai combattenti-turisti della Jihad con ridente famiglia al seguito. Le conquiste territoriali e l’ampiezza mediatica open source (il social network Diaspora usato da Al-Furqan Media Foundation è più difficile di altri da bloccare) sono legate insieme in un link narrativo che si propaga alla velocità di Twitter. È amaro pensare che la «bravura» tecnica dei terroristi possa rivaleggiare con quella delle loro vittime, uomini come Foley, videomaker coraggiosi.
Michele Farina