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 2007  novembre 28 Mercoledì calendario

Non è proprio una forma di risparmio evoluta e nella stragrande maggioranza dei casi è previsto un "canone" annuo da pagare: ciò nonostante del deposito in banca non si può quasi fare a meno, anche perché è requisito fondamentale per ottenere altri servizi (la domiciliazione delle bollette ad esempio) e perché garantisce liquidità praticamente in tempo reale

Non è proprio una forma di risparmio evoluta e nella stragrande maggioranza dei casi è previsto un "canone" annuo da pagare: ciò nonostante del deposito in banca non si può quasi fare a meno, anche perché è requisito fondamentale per ottenere altri servizi (la domiciliazione delle bollette ad esempio) e perché garantisce liquidità praticamente in tempo reale. Anzi, i soldi che gli italiani tengono presso lo sportello di fiducia sono aumentati (di poco, il 3,6%), stando all’elaborazione effettuata dal Sole-24 Ore del Lunedì sulla base degli ultimi dati provinciali Abi e Banca d’Italia: complessivamente a fine 2006 i depositi hanno superato quota 727 miliardi di euro contro i quasi 703 rilevati al 31 dicembre 2005 (l’importo è costituito per la stragrande maggioranza dai risparmi delle famiglie). Suddividendo la cifra per i circa 59 milioni di italiani si ottiene un valore pro capite di oltre 12.300 euro (circa 11.950 nel 2005). Il gruzzoletto in banca è dunque aumentato di circa 350 euro. Ovviamente si tratta di una cifra virtuale: una buona parte di italiani il conto in banca non ce l’ha proprio e «il fatto di tenervi parcheggiata una cifra ridotta può indicare un basso reddito o, al contrario, un profilo evoluto – commenta Giuseppe Capuano, dirigente responsabile del Centro studi e ricerche dell’Istituto Tagliacarne – che preferisce destinare i propri investimenti a strumenti più redditizi anche se più rischiosi. Senza contare che i depositi in banca rappresentano una quota ridotta dei risparmi degli italiani e che al Sud molte famiglie preferiscono le Poste». Qualche indicazione ulteriore sulla "ricchezza" degli italiani in banca può venire dall’analisi territoriale dei dati pro capite. Si vede così che ad avere maggiormente incrementato i loro depositi sono i lodigiani (+16%) seguiti dagli abitanti di Campobasso e di Novara (vicini a un +15%). Sopra il 10% altre tre province (Ancona, Torino e Trieste). Gli incrementi variano molto sul territorio e c’è pure qualche provincia che segnala un arretramento: il calo più drastico lo evidenziano i bolognesi i cui conti correnti sono dimagriti del 6,6% (1.300 euro in meno da quasi 19.800). Conti più poveri pure per altre otto province (tra le quali un’altra di grandi dimensioni, Palermo). Ma nel complesso, esclusi i pochi "bilanci in rosso", è comunque innegabile che l’estratto conto 2006 sia cresciuto in tutte le province. Nella metà circa la variazione risulta superiore alla media nazionale. Nella parte alta della classifica si notano realtà del Nord come del Sud, con un divario notevole sia per livelli di Pil pro capite sia per l’importo in banca. «La maggiore tendenza a mettere i soldi in banca risulterebbe, dall’elaborazione, pressoché generalizzata – commenta Capuano –. Questo trend nei depositi che, lo ricordiamo, rappresentano soltanto una delle voci del risparmio delle famiglie, potrebbe essere conseguenza del momento di elevata incertezza e di difficoltà nei consumi. Sembrerebbe che gli italiani, che negli anni 50 e 60 erano ai primi posti nel mondo insieme al Giappone per propensione al risparmio, ora, dopo la parentesi degli anni 80 e 90, tornino a prestare maggiore attenzione al loro portafoglio e a una riorganizzazione della destinazione del loro reddito». Variazioni a parte, se si guardano invece gli importi, è innegabile che molto alto resta il divario fra le province, con la solita spaccatura Nord Sud: sia va dai milanesi e dai triestini (con 28mila e 26mila euro) agli abitanti di Vibo Valentia, Enna, Reggio Calabria o Crotone, dove il valore pro capite non arriva a 5mila euro.